Codeine

Dessau

2022 (Numero Group)
slowcore

Ritorno al futuro. O al passato, a seconda di dove si decida di porsi in prospettiva. “Dessau” segna il ritorno dei Codeine, ma arriva dritto dal 1992, in senso concreto e non solo figurato; le canzoni che compongono l’album sono state infatti scritte e registrate dalla band newyorkese poco tempo dopo l’uscita di “Frigid Stars”, disco manifesto e prototipo dello slowcore, che segnerà una tappa fondamentale per il circuito alternativo che dagli Slint in poi avrebbe iniziato sempre più a plasmarsi nelle destrutturazioni del post-rock.
Tra la fine del 91 e l’inizio del’92, i Codeine iniziano a lavorare su “The White Birch”, secondo e ultimo atto ufficiale sulla lunga distanza della loro breve ma significativa esistenza. Purtroppo le prime registrazioni si rivelano un disastro, con Immerwahr e soci che rimbalzano da uno studio registrazione all’altro, foraggiati tiepidamente dalla Sub Pop. Dopo un paio di tentativi a vuoto, la cosa assume sembianze più nitide e definite nelle sessioni svolte al Dessau Studio di Manhattan. Tuttavia, pur trovandosi finalmente un vero e proprio disco tra le mani, Immerwahr si dichiara insoddisfatto e tutto viene nuovamente cestinato. Alcune tracce verranno re-incise per l’ennesima volta e finiranno nell’Ep “Barely Real”, altre (sempre in ulteriori retake) su “The White Birch”, altre ancora saranno dimenticate.

 

Eppure, quanto partorito al Dessau aveva un suo senso, una sua bellezza, una sua relazione logica d’insieme. Così, a trent’anni di distanza, l’etichetta Numero Group recupera e riconfeziona a nuovo il materiale prodotto nello studio di New York, portandolo alla luce. Se “The White Birch” ha rappresentato il vero apice espressivo dei Codeine, irrorando di maggior sostanza e musicalità le forme minimaliste di “Frigid Stars”, “Dessau” suona come l’anello di congiunzione di un certo percorso di maturazione. Rispetto alle versioni delle tracce successivamente prodotte per “Barely Real” e “The White Birch”, quelle di “Dessau” sono più acerbe, subdolamente irrequiete e leggermente accelerate, per quanto si possa accostare il concetto di velocità ai padri di un genere denominato slowcore (non a caso, sembra che il principale motivo ad aver convinto Immewahr a lasciare nel cassetto il materiale del Dessau sia stato proprio il desiderio di diminuire ulteriormente i tempi di esecuzione).
La lentezza, quindi, come ossessione morbosa, che come tale si fa nevrosi. E, paradossalmente, il tocco vagamente più eccitato e grezzo di “Dessau” fa risaltare meglio questa dicotomia. L’edizione della Numero Group ha soprattutto il pregio di riportare all’attenzione odierna la seminale formazione newyorkese, la cui eredità è stata in parte adombrata dalla pressoché concomitante pubblicazione di “Frigid Stars” con “Spiderland ”.

“Dessau” ci propone concezioni più sfocate e travagliate di brani riproposti poi in “The White Birch” (quindi già noti ai fan del gruppo), tra cui “Sea” e “Tom” - in cui emergono la più evoluta abilità di seduzione armonica rispetto all’esordio - e la dichiaratamente slintiana “Wird”, che tra le tante peripezie in sala di registrazione era stata incisa anche in una rendition per pianoforte arrangiata da David Grubbs (già membro di Squirrel Bait, Bastro e Gastr Del Sol) e confluita con il titolo “W.” in “Barely Real”. Proprio dal più misconosciuto Ep ripesca i primi lavori effettivamente portati a termine sulle composizioni maggiormente affini all’indie-rock più elettrico, “Realize” e una splendida e suggestiva “Jr”, che qui lascia più che mai immaginare un incontro tra Dinosaur Jr. e Pavement.

Non mancano due canzoni davvero perse nel dimenticatoio (se non comparse in formato demo su qualche B-side) come “I Wonder” e “Something New”, che sfoggiano l’anima di un folk rigorosamente turbato e abissale come l’avrebbero poi interpretato Sparklehorse e Jason Molina.
Nell’ascoltare “Dessau” si scorgono bellezza, esasperazione ma soprattutto una mistica coerenza. Anche se successivamente sparse nelle - mirabili - produzioni seguenti, le otto tracce che compongono l’album sembrano fatte per contrappesarsi così come concepite e forgiate al Dessau Studio, e assumono una nuova luce, pur sempre filtrata nella fumosità di bradicardie catartiche.
Certo, non si può ignorare che tutto questo nel 2022 assuma un significato completamente diverso, oggi che il cammino del post-rock (e suoi derivati) ha già percorso più di trent’anni di storia. Non c’è ormai nessuna novità nelle rarefazioni soft/loud, nelle divagazioni decomposte di enormi interludi strumentali, nelle ansie in downtempo. Ma questo è e resterà un album del 1992, che da lì ci consegna l’ispirazione e la classe di qualcosa che all’epoca stava appena nascendo, con tutto il carico emozionale che una nascita comporta. O magari lì ci trasporta. Poco cambia. Ad ogni modo, è il momento giusto per ricordarci dei Codeine e della loro lenta, lentissima estasi.

12/09/2022

Tracklist

  1. Sea
  2. Jr
  3. Tom
  4. I Wonder
  5. Realize
  6. Something New
  7. Wird
  8. Smoking Room

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