Crows

Beware Believers

2022 (Bad Vibrations Recordings)
post-punk, garage-rock

Effondendo i suoi riff minacciosi tra paesaggi sonori di severo stampo post-punk, il quartetto londinese porta a un livello successivo quanto di buono era già stato espresso nell’ottimo esordio intitolato “Silver Tongues” (2019).
“Beware Believers” è l’ennesimo frutto del periodo pandemico, nel quale la band capitanata dal frontman James Cox ha patito il blocco delle attività live proprio quando l’abbrivio degli eccellenti riscontri scaturiti dal disco d’esordio sembrava proiettarla nell’olimpo dell’affollato mondo post-punk.
L’imprimatur ottenuto da Joe Talbot degli Idles, che dopo averne pubblicato il debutto li scritturò anche come gruppo spalla per le esibizioni dal vivo, ha stimolato i Crows a sfruttare la fase di blocco per raffinare il nuovo materiale che avrebbe poi composto questo eccellente sophomore.

L’approfondimento di tematiche come la Brexit, le disgregazioni sociali e l’autoriflessione è effettuato con furia acuta e dolorosa, affondando i propri artigli nel trascinare l’ascoltatore nel catramoso buco nero da loro stessi concepito.
I riferimenti sono presto detti: Idles, Joy Division, Protomartyr e affini, ma anche Interpol, soprattutto per quel metodo stentoreo con il quale la voce di Cox comunica il proprio dissenso, come documentato nell’opener “Closer Still”, ossessionante, come se provenisse da stanze vuote di un seminterrato caliginoso.
L’energia distruttiva si amplifica in brani come “Only Time”, il singolo “Slowly Separate” e “Garden Of England”, aspri e d’oggettivo impatto, puntellati dalla poderosa chitarra di Steve Goddard e dal basso prorompente di Jith Amarasinghe.
Anche le tracce più morbide (“Moderation”) traggono vantaggio da questo regno dove echeggia un livello di disperazione così penetrante da trasformarsi in esperienza quasi extracorporea.

La teatralità barbarica con la quale è agghindata la title track è ipnotizzante, fiondata sia su questioni socio-politiche che sulle profondità del malessere inconscio. Il livello di tensione raggiunge il proprio climax in "The Servant", capeggiata dalla fragorosa batteria di Sam Lister, e in "Room 156", dov’è narrata la storia del serial-killer americano HH Holmes, con ricalcitranti richiami che si insinuano lungo la schiena.
Ma sono soprattutto episodi dal fascino agghiacciante come “Healing” e “Wild Eyes & Loathsome” i momenti chiave che rimbombano nelle viscere con odio e atroce grido di disperazione, prima che “Sad Lad” chiuda nel migliore dei modi le ostilità, con un aplomb meditativo che fonde, in modo sontuoso, lineamenti gothic con l’onnipresente garage-rock.

I Crows camminano sulla lama di un rasoio posto su un baratro di gravoso pessimismo, bilanciando dolore e vulnerabilità in egual misura, sforzandosi di non lasciare che questi ingredienti determinino il definitivo tracollo. 
L’enfasi, il nichilismo e l'introspezione, che avevano già contraddistinto “Silver Tongues”, assumono in “Beware Believers” una durezza imponente, che sfoggia il lato più oscuro e nobile del post-punk, all’interno del quale la formazione inglese dimostra di sapersi muovere con estrema versatilità e sorprendente padronanza.

07/04/2022

Tracklist

  1. Closer Still
  2. Garden Of England
  3. Only Time
  4. Slowly Separate
  5. Moderation
  6. Healing
  7. Room 156
  8. Meanwhile
  9. Wild Eyed And Loathsome
  10. The Servant
  11. Sad Lad






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