Gabriel Kahane

Magnificent Bird

2022 (Nonesuch)
chamber-pop, songwriter

Ci sono avvenimenti e circostanze che non sempre possiamo affrontare o tentare di racchiudere in un distillato di parole e luoghi comuni. Gli ultimi anni sono stati in tal senso illuminanti: abbiamo tutti sofferto un ridimensionamento emotivo che, insieme a un senso di impotenza, ha spinto molti all'isolamento fisico e intellettuale, lasciandoci in preda al dubbio e alla rabbia, con due uniche scelte possibili: esternare il nostro livore con post e tweet o restare in silenzio.
Gabriel Kahane ha scelto l'allontanamento dai social network, fino alla completa rinuncia a internet e qualsiasi forma di condivisione digitale, al fine di voler raccontare quelle piccole storie quotidiane che per l'autore rappresentano una possibile chiave di lettura dei nostri tempi.
"Magnificent Bird" è il quinto album del compositore americano, il secondo per la Nonesuch. Ancora una volta Kahane sceglie un filo comune sul quale far scorrere le sue articolate composizioni. In passato il musicista aveva raccontato le sensazioni raccolte durante due settimane passate attraverso l'America in treno e senza smartphone, per l'album "Book Of Traveller". In "The Ambassador" aveva invece narrato la città di Los Angeles attraverso luoghi e personaggi, mentre nel suo esordio discografico si era divertito a scrivere canzoni su annunci personali pubblicati su Graigslist.

Per il nuovo album "Magnificent Bird" l'autore ripristina al centro della narrazione riflessioni più intime e personali, le stesse che animavano "Where Are The Arms". Non è comunque facile definire e catalogare la musica di Gabriel Kahane, spesso inserito nel calderone del chamber-pop o assimilato all'estrosa liturgia cantautorale di Sufjan Stevens o Rufus Wainwright. In verità Kahane del primo non possiede la piacevole e geniale approssimazione, e non nutre le ambizioni da popstar del secondo. "Magnificent Bird" rimette in discussione quei confini tra il moderno cantautorato filo-indie e le colte intuizioni della neoclassica - Gabriel ha infatti frequentato il conservatorio di New England e la Brown University, coltivando le proprie attitudini per il teatro e per la commedia musicale, ispirato anche dalla figura del padre Jeffrey Kahane, noto direttore d'orchestra e pianista classico.

Piano, voce ed elementi orchestrali reggono il gioco dei dieci photo-frame musicali, potenziali sketch teatrali di vita quotidiana e di riflessioni introspettive; richiede perciò pazienza entrare in empatia con le colte e finemente elaborate composizioni di Kahane. Bastano però i tre minuti e sedici secondi di "We Are The Saints" per cogliere l'intensità lirica e armonica del disco, tanto diretta e schietta nelle parole, altrettanto inespugnabile nel suo districarsi tra malinconia e tormento. Un approccio che per molti versi ricorda la musica di Oren Lavie e Owen Pallett.
Il musicista si diletta con quella complessità che si può rintracciare trasversalmente sia nelle architetture prog dei Gentle Giant che nelle potenti e ambiziose strutture art-pop e cantautorali di Fiona Apple. In questa fiera del fantastico e dell'immaginazione, Kahane condensa tanta sapienza in brani che raramente superano i tre minuti, tra ballate condotte da linee di piano devote agli ultimi frutti di Nick Drake ("The Hazelnut Tree"), divagazioni folk-jazz degne del miglior Elvis Costello ("To Be American") e prosperosi chamber-pop che si dilettano con sonorità stranianti di flauti, violini e percussioni (la title track).
È significativa la scelta dell'autore di sacrificare la metà delle composizioni nate durante il lungo mese di messa punto del progetto, per tal motivo nessuna delle dieci tracce ha la nomea di potenziale riempitivo.

Una splendida copertina disegnata da John Gall e il ricco cast di ospiti del progetto - Sam Amidon, Andrew Bird, Caroline Shaw, Elizabeth Ziman e Ted Poor tra gli altri - suggellano un album ricco di intuizioni e colpi di genio.
È ricca di lirismo e poesia la neoclassicheggiante e struggente "Die Traumdeutung", al pari è esuberante ed eccentrico "Hot Pink Raingear", un brano degno di Van Dyke Parks, ed è difficile restare insensibili alle originali sonorità di synth e drum machine di "Linda & Stuart", ai contrappunti barocchi di "The Basement Engineer" o alle ancor più classicheggianti nuance quasi operistiche di "Chemex".
Forse le canzoni di Kahane non sono adatte per essere canticchiate sotto la doccia o per essere ascoltate nel mezzo di un piacevole barbecue, e non sono neanche funzionali a un raduno rock, ma la storia della musica è sempre stata costellata di personaggi più raffinati, nobili, comunque abili nel dialogare con i moderni linguaggi sonori.

Bastano in verità i tre minuti e ventidue secondi del singolo "Sit Shiva" per capire che Gabriel Kahane ha tutte le caratteristiche per poter entrare nell'affollato mondo del cantautorato folk-pop contemporaneo. La visione d'insieme del musicista è però ben più ambiziosa. Un disco come "Magnificent Bird" non sarà forse oggetto di diatribe e discussioni sui social o sulla stampa che conta, ma offrirà più di uno spunto d'interesse a chi vorrà approcciarne l'essenza.

03/05/2022

Tracklist

  1. We Are The Saints
  2. Hot Pink Raingear
  3. The Hazelnut Tree
  4. To Be American
  5. Chemex
  6. Linda & Stuart
  7. Magnificent Bird
  8. The Basement Engineer
  9. Die Traumdeutung
  10. Sit Shiva




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