Hanging Stars

Hollow Heart

2022 (Loose)
west coast, jangle-pop

Con “Hollow Heart” la band londinese degli Hanging Stars giunge al quarto album, un capitolo importante per una formazione accolta agli esordi da buone recensioni e poi accantonata dalla critica, non solo inglese.
L’attuale line-up è composta da Richard Olson, Patrick Ralla, Samuel Ferman, Paulie Cobra e Joe Harvey-Whyte, subentrato nella band al posto di Phil Anderson ora nei Portable Radio.
Per la realizzazione di “Hollow Heart” il gruppo si è affidato alle sapienti mani di Sean Read, registrando il tutto negli studi dell’ex-Orange Juice, Edwyn Collins, scelta che ha permesso ai cinque musicisti di operare in piena libertà e quiete.
Dieci canzoni profumate di West Coast e morbida psichedelia, sostenute da un brio jangle-pop a metà strada tra i Byrds e i Teenage Funclub, una perfetta sceneggiatura vintage o retrò, per fortuna fresca e vitale più di quanto si possa immaginare.

Suona strano leggere sulla stampa inglese aggettivi come arioso e vibrante, nonché paragoni con i primi Pink Floyd e David Crosby per trovarsi poi al cospetto di recensioni che rasentano la sufficienza. Evidentemente la musica degli Hanging Stars sfugge alla contemporanea ubriacatura post-punk, che sta generando una band rivelazione al giorno e che ricorda gli entusiasmi fuori controllo per tutto quello che veniva  targato come indie-rock o post-rock.
Preso atto che citare Cure, Fall e Joy Division, piuttosto che Byrds, Rain Parade e Glenn Campbell, garantisce maggior plauso, sono convinto che “Hollow Heart” meriti molta più attenzione di quella finora concessa alla band londinese.
Le dieci tracce rasentano la perfezione. Nonostante l’evidente citazionismo, l’etereo e spirituale fascino delle languide note di pedal steel, del piano e delle armonie vocali di “Weep & Whisper”, l’eleganza country-western di “Red Autumn Leaf” e il pregevole intreccio stile Paisley Underground di “You’re So Free”, una canzone che parla di no-vax, certificano l’abilità del gruppo di gestire il lato più soft e introspettivo senza cedere al superfluo romanticismo.

Punti di forza restano ovviamente le pagine più energiche. Gli Hanging Stars creano un ponte tra i Big Star e Lloyd Cole nella magnifica “Radio On”, rinverdiscono il jangle-pop dei Byrds restando ancorati alla tradizione sixties e mettendo in gioco un riff memorabile in “I Don’t Want To Feel So Bad Anymore”.
Sono solo canzoni o forse canzonette, ma l’arte del dettaglio e della giusta intuizione degli arrangiamenti tengono sempre alta la tensione. I cinque minuti dell’iniziale “Ava” sono puro deliquio per gli amanti dei primi Pink Floyd, dei Beach Boys e dei Fleetwood Mac, “Ballad Of Whatever May Be” ricorda quanto florida fosse la stagione folk anni 70 inglese, mentre il frizzante groove on the road di “Black Light Night” getta un ponte tra il country-rock anni 70 e le moderne visioni dei War On Drugs.
Un pizzico di melanconia e ruvidezza chitarristica (“Hollow Eyes, Hollow Heart”) e il pregevole cameo di Edwyn Collins come voce narrante della vellutata ballata folk-pop “Rainbows In Windows” aggiungono altre piacevoli digressioni sul tema, per un disco che predilige la grazia artigianale e la versatilità della scrittura alle ambizioni dell’alternative country.

Disco forse fuori tempo o addirittura anacronistico, “Hollow Heart” è uno degli atti d’amore più riusciti di una band inglese nei confronti della vecchia America. Per gli Hanging Stars questo quarto capitolo discografico è una vera sfida, affidata alla sola bontà delle canzoni e alle grazie chitarristiche sparse in tutto l’album. Nessuna rivoluzione o stravolgimento epocale, solo tanto calore e tanta classe al servizio di una eccellente old-time-music.

27/03/2022

Tracklist

  1. Ava
  2. Black Light Night
  3. Weep & Whisper
  4. Radio On
  5. Ballad Of Whatever May Be
  6. Hollow Eyes, Hollow Heart
  7. You’re So Free
  8. Rainbows In Windows
  9. I Don’t Want To Feel So Bad Anymore
  10. Red Autumn Leaf




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