Hatchie

Giving The World Away

2022 (Secretly Canadian)
dream-gaze, baggy, alt-dance

Took some time for me to find the rhythm
It's hard to see but believe in me it's within
E chi lo ha detto che si debba sempre correre? Chi ha stabilito che non sia necessario prendersi i propri tempi, percorrere un buon tratto di strada per rodare la propria arte, apprezzarne i limiti e le fattezze? Pare quasi che le abbia rivolte prima a se stessa, le parole che aprono il testo di “The Rhythm”, Harriette Pilbeam, prima di chiunque altro. Che se le sia ripetute, le abbia coccolate, al punto da farle diventare il punto cardine di “Giving The World Away”, secondo album con cui l'autrice australiana surclassa in scioltezza quanto offerto finora e presenta un'idea di dream-pop debitamente rinnovata. Sempre attenta alla limpidezza delle sue melodie, ma con un tiro nel sound che ne espande i confini verso territori ballabili, Hatchie ha curato un disco che trasforma la sua formula sognante in un prisma in costante mutamento, un ombrello di sensazioni controllate con grande polso. Da essere soltanto intuito, il ritmo cercato dalla musicista è adesso una realtà concreta.

In virtù del nuovo dinamismo, dello slancio che una simile vitalità sonora comporta, la stessa scrittura si adatta al cambio d'abito, esibisce una versatilità tale da spingersi ben oltre un più classico selciato dream-pop, per abbracciare una dimensione che a tratti si fa convintamente dance. Troppa carne al fuoco? Nemmeno per sogno: anche grazie a una precisione estetica che la copertina esemplifica nei suoi tratti più urbani e solitari, la penna di Pilbeam maneggia con abilità il ricco menù offerto, considera euforia e incertezza con la stessa premura, poggiando saldamente sul tappeto delle proprie riflessioni. Ne derivano canzoni sì legate di nuovo a un prepotente immaginario anni Novanta, capaci però di tenerne conto senza rimanerne soggiogate: la ricchissima produzione (Dan Nigro, Jorge Elbrecht, James Barone) esalta come un guanto ogni singola scelta, accentua volta volta gli aspetti su cui merita spingere. È così che trae forza la fiera delle illusioni di “This Enchanted”, scariche di feedback sopra le più pulite tastiere baleariche in circolazione, ma anche il gioco di contrasti che anima la title track, ostinati di basso a irrobustire gli spersi moniti che Hatchie interpreta con piglio ambivalente.

Tra la temperie di “Lights On”, tripudio di chitarre jangle ed effervescenze sintetiche, e gli spettri in fuga dagli impegni di “Til We Run Out Of Air” (in cui si agita un'anima splendidamente Cranberries) l'autrice si muove flessuosa, si prende una pausa per l'accoglienza senza riserve di “Take My Hand” ma è pronta a scatenare i demoni del dubbio negli scatti trés Japanese Breakfast di “Quicksand”. Che siano le bordate in scia noise di “The Rhythm” oppure l'albeggiare incupito di “Sunday Song”, Hatchie non si sottrae alle insidie interiori, piuttosto le incanala in un quadro espressivo che non ne banalizzi mai gli intenti, dimostrandosi all'altezza di un immaginario ben più composito.
Se la recente sortita verso il grebo dei Pop Will Eat Itself e dei Carter The Unstoppable Sex Machine di “Nosedive” sta a indicare qualcosa, è anzi che la curiosità non è venuta meno. C'è ancora tanto da esplorare, il ritmo si riaggiusterà un'altra volta.

05/12/2022

Tracklist

  1. Lights On
  2. This Enchanted
  3. Twin
  4. Take My Hand
  5. The Rhythm
  6. Quicksand
  7. Thinking Of
  8. Giving The World Away
  9. The Key
  10. Don't Leave Me In The Rain
  11. Sunday Song
  12. Til We Run Out Of Air




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