A tre anni di distanza dall'esordio, il musicista americano tenta di capitalizzare il successo ottenuto in madrepatria e in Inghilterra, con l'album "Practice What I Preach", progetto ristampato nel 2021 in una versione deluxe con quattro brani in più per il mercato europeo.
Copertina e titolo dell'album ripropongono il fortunato binomio, una preghiera e un bicchiere di whiskey, nonché l'ostentata natura da outlaw-singer di Jacob Bryant.
Purtroppo le premesse sono istantaneamente smentite da un set di canzoni tanto ordinario quanto prevedibile. Bryant applica il manuale del buon country-pop-singer alzando il volume delle chitarre e forzando l'enfasi posticcia degli arrangiamenti, mettendo in sequenza una tal serie di banalità liriche e armoniche da determinare una certa nostalgia per la musica Fm anni 80.
"Bar Stool Preacher" è il classico disco suonato e cantato come Dio comanda ("Can't Say No To You"), pulito e carino quanto basta per convincere i fan del country-rock di bocca buona ("Things That Hurt"), velatamente ribelle da strappare qualche sorriso, ma anche molta rabbia ("Amen").
Jacob Bryant è costantemente indeciso tra il fascino della tradizione, il brio honky-tonk di "Well Whiskey (Discount Cigarettes)" e lo shuffle di "Ain't Gonna Happen Today", e la contaminazione rock e soul ("The Bottom" e "Baptized By The River"), senza mai centrare l'obiettivo. "Bar Stool Preacher" è una grossa delusione per chi aveva intravisto qualche buona intuizione nell'album di tre anni fa, un disco da archiviare in fretta senza se e senza ma.
10/04/2022