Un secondo album decisamente più a fuoco per la band dream-pop Lo Moon. "A Modern Life" è un piacevole insieme di luoghi comuni della musica anni 80 e 90 che, grazie a una scrittura mai banale e a una lussuosa resa sonora, supera brillantemente la soglia della sufficienza.
Nulla di rivoluzionario o particolarmente originale, per la band di Matt Lowell, Crisanta Baker, Sterling Laws e Samuel Stewart, quest'ultimo figlio di Dave Stewart degli Eurythmics e di Siobhan Fahey delle Bananarama: il loro è un album che si ritaglia un dignitoso spazio tra i Coldplay e i primi Radiohead, con un velato richiamo a quei Talk Talk che tenevano le fila del più promettente, eppur rigido, esordio "Lo Moon".
"A Modern Life" è un disco che risulta gradevole soprattutto quanto concentra l'attenzione più sulle atmosfere di contorno che sull'evoluzione armonica delle canzoni. In questa prospettiva, l'epico ed emozionale dream-pop di "Dream Never Dies", l'ambiziosa scenografia prog-pop di "Raincoats" e il raccolto tenore melodico/acustico di "Stop" rappresentano al meglio la formazione californiana.
Ci sono tentativi di scrittura e arrangiamento più ardimentosi, come l'intreccio di groove elettronici e romanticismo tardo eighties della title track, o il tenebroso incipit di "Digging Up The Dead": ulteriori armi a disposizione di una band che punta al successo internazionale senza alcun pudore o escamotage concettuale.
Lode dunque ai Lo Moon per una coerenza stilistica e un'onestà che di questi tempi è quantomeno confortante. Certo, non faremo follie per una band che ambiva alle grazie di Mark Hollis e soci, e che alla fine ha deciso di inseguire le più carezzevoli intuizioni degli a-ha (l'incisiva "Eyes On The Prize" e la superflua "Deficit Of Wonder"), ma ne riconosciamo la pur solida statura di raffinata pop band.
15/03/2022