Sea Power

Everything Was Forever

2022 (Golden Chariot)
alt-rock, post-punk

Tempi duri per sentirsi orgogliosi dell'appartenenza alla propria nazione, di là dalla Manica. Proprio nelle settimane in cui la geopolitica si scopre dopo un lungo periodo di quiete sull'orlo di una crisi di nervi dai contorni potenzialmente planetari, i Sea Power dei fratelli Wilkinson tornano a farsi sentire con la novità sostanziale dell'aggettivo "British" che scompare dal nome del gruppo in segno di protesta e di sdegno nei confronti di una Brexit che nella madrepatria ha generato fratture più profonde di quelle che riusciamo a captare dai lidi nostrani.

Ma cambio - o meglio: abbreviazione - del nome a parte, non è che i Sea Power abbiano dimenticato di quale sostanza è fatta la loro musica. Maestri di un'arte che hanno preso in prestito e tuttavia rimodellato a loro piacimento, diventando fin dagli esordi facilmente riconoscibili, i sei di Brighton navigano ancora nelle acque non propriamente placide di un alt-rock che ha il pregio e financo il coraggio di smarcarsi, da sempre, da certe logiche propriamente "brit" (appunto).

"Everything Was Forever" prosegue e in qualche modo amplia il percorso sonoro degli inglesi, muovendosi in diverse direzioni non sempre così vicine tra loro. Da un lato c'è il revival post-punk, un filone per certi versi ormai prevedibile ma ciononostante anche più affidabile. La doppietta formata da "Transmitter" e "Two Fingers" (dedicata al padre dei fratelli Wilkinson, scomparso di recente), speziata di new wave, è di grande impatto e di sicuro valore. Anche "Green Goddess", lanciato come singolo apripista, dimostra come i Sea Power sappiano il fatto loro quando c'è da mettere in piedi grandi cavalcate rock, mentre "Doppelganger" si piazza un paio di gradini sotto a livello di risultato.

Per contro, però, la band inglese sembra avere un po' perso per strada in questo settimo lavoro in studio uno dei suoi tratti caratterizzanti, quell'afflato epico che da sempre i Nostri potevano fieramente appuntarsi sul petto. Un aspetto che si nota ancora meglio, forse, ascoltando l'altro lato della medaglia, quel campionario di canzoni che all'irruenza prediligono un approccio più soft e apparentemente ponderato. L'avvio sommesso affidato a "Scaring At The Sky" trova eco nella piccola sinfonia al rallentatore di "Fear Eats The Soul", ma a entrambe sembra mancare quel guizzo in più che dai Sea Power è più che lecito attendersi, e che un tempo certamente non mancava (l'accompagnamento sonoro di "Man Of Aran", autentico capolavoro, è lì a testimoniarlo). Un guizzo che probabilmente gli inglesi tentano di compiere in "Lakeland Echo" e "We Only Want To Make You Happy", le cui aperture orchestrali richiamano territori da sempre congeniali ai Besnard Lakes.

A metà strada tra le due soluzioni sopracitate si piazzano il midtempo "Fire Escape In The Sea" e una "Folly" che si dota di sonorità sintetiche, riallacciando il discorso mai chiuso con certi anni Ottanta. Sono i brani più "pop" di un disco non sempre a fuoco, contraddistinto da picchi di scrittura e da capitoli meno riusciti, ma che in definitiva ribadisce lo spessore artistico del combo di Brighton, forse meno celebrato rispetto ad altre formazioni coeve, ma non per questo meno rilevante. Anzi.

24/02/2022

Tracklist

  1. Scaring At The Sky
  2. Transmitter
  3. Two Fingers
  4. Fire Escape In The Sea
  5. Doppelganger
  6. Fear Eats The Soul
  7. Folly
  8. Green Goddess
  9. Lakeland Echo
  10. We Only Want To Make You Happy




British Sea Power sul web