L’ex-leader e voce dei Duke Spirit gioca la carta più ambiziosa della propria carriera solista, con un album che mette a fuoco suggestioni art-pop ardimentose e alquanto pregevoli.
Per il terzo disco, “Internal Working Model”, Liela Moss ha coinvolto nomi di rilievo della musica inglese, da Jehnny Beth dei Savages a Gary Numan, intessendo un puzzle sonoro fortemente empatico e dai toni decisamente più synth-pop.
Non è solo il contenuto musicale a stimolare l’attenzione, ma anche il potente fronte lirico, ricco di denunce sociali e di feroci invettive contro la sopraffazione culturale e fisica del capitalismo, un’urgenza tematica che si traduce in un’inquietudine palpabile negli episodi più graffianti: su tutti l’aspro slow-rock di “The Wall From The Floor”.
Questo mix di suggestioni sonore e narrative ne mette a dura prova la personale versatilità vocale. Liela Moss si cimenta con le trame trip-hop di “Empathy Files” e il fragore industrial della travolgente e incandescente “Come And Find Me” con sufficiente padronanza, e onora la presenza di Gary Numan tessendo un algido e seducente refrain per l’iconica “Vanishing Shadows”.
Abile nel mettere a frutto le tante collaborazioni passate - tra gli altri Unkle, Nick Cave e Giorgio Moroder – l’autrice e cantante inglese scava nella miglior tradizione pop-rock, citando i Massive Attack (“Come And Find Me”) e Lana Del Rey nel duetto con Jehnny Beth (“Ache In The Middle”).
A questo slancio creativo, sia lirico che musicale, non corrisponde però un’opera di egual forza e originalità. Alcune tracce restano preda della prevedibilità (“New Day”) e i testi non rinunciano a banali cliché (“Welcome To It”, “Love As Hard As You Can”). Ciò nonostante “Internal Working Model” è un disco ben congegnato, a tratti leggermente autoindulgente ma non privo di un certo fascino.
26/01/2023