Billy Idol

Billy Idol

Il punk edonista

L'inarrestabile ascesa e la rovinosa caduta di un equilibrista rock. Dal punk dei tardi anni Settanta coi Generation X agli sfavillanti anni Ottanta che lo consacreranno come il "bello e dannato" della scena musicale mondiale, mescolando rock ed elettronica a un'immagine che ha fatto scuola e a una vita di eccessi. Fino all'imprevedibile ritorno di fiamma...

di Stefano Fiori, Enrico Remigio

Billy Idol, pregevole artista o simpatico cialtrone? Vero e proprio sex-symbol, ma anche ex-tossicodipendente, pericolosamente appassionato di donne, moto e velocità... Nessun altro come lui, per buona parte degli anni 80, ha saputo incarnare quella figura, ormai estinta nell'odierno panorama musicale, del divo rocker, sregolato e autodistruttivo, ma capace allo stesso tempo di far colpo su un pubblico ampio e variegato, forte di un indiscutibile fiuto per la melodia killer e di una voce e un'abilità interpretativa ben lontane dall'approssimazione del punk, genere con cui comunque terrà a battesimo la sua carriera.

L'ascesa
(dagli esordi punk al debutto solista)

Nasce a Stanmore, sobborgo di Londra, nel 1955 come William Michael Albert Broad, trascorrendo un'infanzia felice in una famiglia unita, ma mostrando da subito i segni di un carattere dirompente e ribelle: viene espulso dagli scout per le sue effusioni con una coetanea e decide già ai tempi della scuola quale sarebbe stato il suo futuro nome d'arte, Billy Idol appunto. Quando infatti una sua insegnante scrisse a margine di un suo compito in classe "Billy is idle" ("Billy è un fannullone") egli si ripromise di trasformarlo e diventare "idol" (idolo) e cominciò già da allora a farsi chiamare così. Dotato di un'intelligenza brillante proverà anche a frequentare l'Università, per poi lasciarla a cause delle continue distrazioni in una Londra che stava per mutare totalmente. E' già l'alba del 1975.
In questo periodo infatti comincerà ad appassionarsi alla nascente musica punk, frequentando la scena underground londinese, vestendosi al Malcolm McLaren sex shop e seguendo fedelmente i Sex Pistols nelle loro prime apparizioni. Capirà però subito di voler far parte in prima persona della "rivoluzione" in atto: formerà quindi, insieme al suo amico Steve Upstone, i Rockettes, gruppo che si esibiva perlopiù in cover di altre band. Finita questa esperienza, più che altro goliardica, Billy inizierà a fare sul serio insieme al bassista Tony James (precedentemente nei London SS assieme a Terry Chimes e Mick Jones dei futuri Clash), al batterista Mark Laff e al chitarrista Bob Andrews, i membri del suo nuovo gruppo, i Generation X. Con questa line-up (divenuta definitiva a seguito di svariate sostituzioni) il gruppo riuscì a ottenere il suo primo contratto discografico con la Chrysalis Records che gli permise di pubblicare tre album.

Se il primo lavoro, Generation X del 1978, può essere considerato un buon prodotto di punk convenzionale, nonostante quello proposto dal gruppo fosse leggermente più depurato rispetto a quello dei "cugini" Sex Pistols, non disdegnando quindi, seppur nella sua grinta, una certa orecchiabilità di fondo (come testimoniano la hit-single "Ready Steady Go" e la corposa ballad "Kiss Me Deadly"), già nel secondo Valley Of Dolls, dell'anno successivo, lo stile si raffinerà ulteriormente. A produrre l'album verrà chiamato un musicista ben lontano dalla scena punk, un "dinosauro" come Ian Hunter dei Mott The Hoople, che introdurrà elementi rockabilly e persino folk nella loro musica ("The Prime Of Kenny Silvers) ma soprattutto una buona dose di glam-rock come testimoniano pezzi quali "Gimme some Truth" e "King Rocker", quasi una figlia illegittima della "Sufraggette City" di Bowie (del quale spesso proporranno "Andy Wharol" dal vivo). "King Rocker" raggiungerà la top 20 in Uk e porterà il gruppo ad esibirsi a Top Of The Pops, generando lo sdegno degli appassionati punk per una trovata pubblicitaria così commerciale (nonostante poi l'album riceverà solo una tiepida accoglienza).
E' da questo lavoro che iniziano a intravedersi le basi della futura produzione solista di Idol, e a manifestarsi l'attitudine del biondo frontman a voler emerger rispetto agli altri membri. Gli attriti all'interno del gruppo sono quindi dietro l'angolo e proprio durante le registrazioni del terzo album, Sweet Revenge, Mark Laff e Bob Andrews, insoddisfatti per la direzione musicale che il gruppo stava per imboccare, abbandoneranno improvvisamente la band.

Sostituendoli con l'ex-Clash Terry Chimes e con una serie di diversi chitarristi, tra cui Steve Jones dei Pistols, Idol e James decideranno di rifare tutto da capo, abbreviando il nome della band in Gen X e scegliendo come produttore Keith Forsey, collaboratore di Giorgio Moroder e già autore per Donna Summer, che da lì a pochi anni avrebbe assaporato un successo da oscar con la colonna sonora del film "Flashdance".
Intitolato come uno dei loro primi pezzi (non presente in track-list però), Kiss Me Deadly, il loro ultimo lavoro del 1981, è un album che ormai unisce ai riff hard-rock un battito decisamente ballabile e un sound totalmente sgrezzato, in cui il basso di James la fa da padrone; una commistione tra due generi che i Blondie, oltreoceano, stavano già operando con successo e il plauso della critica.
E' in quest'ultimo lavoro che troviamo il seme del futuro successo solista di Billy Idol, sia nell'attitudine sonora che in un brano come "Dancing With Myself", trascinante e scavezzacollo canzoncina pop-rock, che racchiude in sé tutta la suddetta trasformazione stilistica e che a breve si sarebbe trasformata in uno dei suoi primi cavalli di battaglia solisti. L'album, però, non riuscirà a convincere il pubblico e a raggiungere le classifiche inglesi e così James e Idol decideranno di porre fine ai Generation X per dedicarsi a nuovi progetti: i Sigue Sigue Sputnik per James e una sfavillante carriera solista (seppur caratterizzata da una ripidissima parabola) per Idol.

idol_3Terminata definitivamente la stagione del punk, sulle sue macerie già si stavano già affermando nuovi gusti musicali e un profondo rinnovamento stilistico stava pervadendo sia gli States che l'Inghilterra stessa. E' in questo momento che Idol inizierà una lunga relazione con l'attrice e cantante Perri Lister (famosa la sua apparizione nel video "The Chaffeur" dei Duran Duran di qualche anno dopo), e con lei deciderà di trasferirsi a New York per dare una svolta alla sua carriera. Sbarcato negli Usa, si legherà quindi al manager Bill Aucoin, autentico talent scout che poteva vantarsi di aver lanciato i Kiss e, sotto la sua supervisione, Idol comprenderà velocemente, con grande lungimiranza, di doversi in parte reinventare musicalmente, senza però rinnegare la sua esperienza passata, ma anzi innestando sapientemente nuovi stilemi su basi ben consolidate.
Rinnovata la collaborazione con Forsey, verrà rilasciata, sempre nel 1981 e per la Chrisalis, la sua prima "fatica" solista: un Ep di quattro brani dal titolo Don't Stop, contenente tre pezzi risalenti alle ultime session coi Generation X, remixati o nuovamente incisi, e un'azzeccata cover dell'hit di Tommy James & The Shondells del 1960, "Mony Mony", un divertito e irresistibile rockabilly che Idol e Forsey rivestiranno di synth e umori gospel, rendendolo di fatto un brano che di rock conserva solo l'attitudine ma non certo la  strumentazione. Seppur scarno e in effetti privo di inediti, il disco si farà notare soprattutto per la rinnovata "Dancing With Myself", resa ancora più accattivante per l'occasione.
I due brani di punta incuriosiranno il pubblico americano e l'Ep farà il suo ingresso in classifica, seppur tra le posizioni più basse, ponendo comunque il nome di Billy Idol tra quelli da tenere d'occhio. Contemporaneamente, Idol farà un altro incontro decisivo per la sua carriera, quello con Steve Stevens, estroso chitarrista rock che lo aiuterà nella costruzione del suo personalissimo sound e nell'imminente scalata al successo.

Pubblicato a ridosso dell'estate del 1982, il suo primo LP, Billy Idol, lo allontanerà definitivamente, com'era prevedibile, dall'irruenza punk e lo consacrerà come esponente di punta di un rock'n'roll leggero, radiofonico e spesso imbastardito da contaminazioni elettroniche. "Come On, Come On" e "Dead On Arrival" sono quasi la versione incattivita del Billy Joel di "House Of Glass" mentre "Nobody's Business" fa sfoggio di synth altisonanti come new wave imperante comanda. "Love Calling" arriva persino a inglobare percussività tribali e sono delle rilassanti atmosfere quasi caraibiche quelle che pervadono i due momenti più pacati che chiudono l'album, "Shooting Star" e soprattutto "It's So Cruel", scanzonata ballata che non sarebbe dispiaciuta a Carly Simon.
Il brano di punta del disco, "Hot In The City", riparte esattamente da dove "Mony Mony" aveva lasciato, accentuandone i sapori honky-tonk, integrando con maggior perizia gli inserti elettronici, con i cori femminili sempre in primo piano; il suo contagioso ritornello gli garantirà un buon airplay radiofonico e un discreto successo nelle classifiche a stelle e strisce, rendendo di fatto Idol uno dei pochi artisti inglesi a esser più apprezzati negli Stati Uniti che nel Regno Unito.
Stessa sorte toccherà al secondo estratto "White Wedding", con la sua sezione ritmica cupa ma insinuante, la voce carezzevole di Idol che si increspa nel ritornello e un gran lavoro di Stevens alla chitarra. Diventerà uno dei suoi brani più famosi e il suo delirante, gotico videoclip, in cui Idol si cuciva addosso quella figura di "angelo ribelle" che entrò nell'immaginario collettivo, lo renderà uno dei primi artisti a cogliere le potenzialità di tale mezzo, in concomitanza con la nascita di Mtv, per raggiungere le nuove generazioni. I suoi capelli ossigenati, l'abbigliamento trasgressivo, l'atteggiamento spavaldo, il pugno chiuso e il suo caratteristico ghigno diventeranno i suoi marchi di fabbrica e contribuiranno a farlo assurgere a vera icona per il pubblico giovanile. Il successo continuerà a crescere di mese in mese e l'album verrà ristampato con l'aggiunta della già edita "Dancing With Myself", che però vivrà di nuova linfa grazie al lancio di un videoclip ricco di effetti speciali e zombi, anticipando praticamentedi quasi due anni "Thriller" di Michael Jackson.

Lo stardom
(i trionfi degli anni 80)

Le condizioni per rendere Idol una tra le superstar più luminose del decennio in corso sono quindi ormai ben delineate e il biondo rocker non si lascerà certo sfuggire l'occasione, dando alle stampe un album perfetto per raggiungere tale scopo. Pubblicato a fine '83, Rebel Yell si rivelerà infatti una raccolta di pezzi cesellati minuziosamente (da lui e Stevens) con l'intento di prendere d'assalto le classifiche, cedendo quindi, in parte, alle lusinghe del pop, ma senza snaturare completamente il substrato rock della sua musica in modo da non far fuggire indignati i fan della prima ora. Sarà anche un album decisamente più variegato rispetto al debutto e che per non scontentare nessuno rifuggirà  una direzione netta; tuttavia la qualità degli arrangiamenti (in cui l'aspetto elettronico verrà esaltato maggiormente che in passato) e le sue memorabili melodie saranno più che sufficienti per distogliere l'attenzione dall'eccessiva eterogeneità di fondo.
La title track, pubblicata come primo singolo due mesi dopo l'uscita ufficiale dell'album, ripete la  formula  di "White Wedding" arricchendola però di tastiere a rincorrersi e un grintoso refrain da stadio. Non farà sfracelli in classifica, ma aiuterà l'album a mantenere delle buone vendite che però subiranno un netto incremento con la pubblicazione del secondo estratto, "Eyes Without A Face", un'ammaliante ballata, placida nella prima parte, con tanto di eterei cori (in francese) cantati da Perri Lister a mo' di eco, che viene però strapazzata sul finale da un inaspettato break rockeggiante con tanto di memorabile assolo di Stevens. Un singolo sicuramente meno esplosivo rispetto ai precedenti, ma che permetterà a Idol di raggiungere per la prima volta la top ten americana dei singoli, e che diventerà il brano simbolo della sua carriera. Riscuoteranno molto successo anche i successivi estratti: il battito felino di "Flesh For Fantasy", che, tra eleganti arpeggi, chitarrine funky e riverberi synth, sfocia in un liberatorio ritornello e porterà Idol in tutte le discoteche, rivaleggiando coi singoli di Tina Turner, appena tornata in auge grazie a sonorità simili, e la più melodiosa "Catch My Fall" in cui sarà invece un tipico sax anni 80 a dividersi la scena con l'ammansito rocker.
Il lato più selvatico di Idol si affaccerà nuovamente in brani come "Crank Call" e "Daytime Drama" (che non disdegna però uno stravagante inserto di tastiera) mentre in "Blue Highway" verranno evocati la libertà e gli ampi spazi tipici del più melodico rock da Fm americana. Il brano "(Do Not) Stand In The Shadow", col suo giovanilistico piglio sbarazzino, è invece il degno successore di "Dancing With Myself", che, inspiegabilmente, non verrà pubblicato su singolo, mentre a sigillare il disco ci penserà una rarefatta e sospesa ballad, "The Dead Next Door", praticamente il dream-pop secondo Billy Idol.

Anche stavolta il successo di pubblico e di critica (con tanto di candidatura ai Grammy Awards) sarà molto più marcato negli Stati Uniti che non in madre patria, dove persino "Eyes Without A Face" riscuoterà un riscontro tutt'altro che stellare. Ma l'insolita situazione sarebbe cambiate a breve, a metà '85, con la pubblicazione per il mercato europeo di una raccolta di remix intitolata Vital Idol, e di un doppio singolo contenente sia "Rebel Yell" che "White Wedding": raggiungeranno entrambi la top-ten britannica, destando nuovo interesse intorno all'album e catapultando definitivamente Idol nell'olimpo delle popstar, garantendogli fama e ricchezza ma anche troppe tentazioni nell'eccedere con droghe e alcol che non sarà in grado di tenere a freno e che rallenteranno i lavori per il successivo album.

idol_4E così l'attesa per una nuova prova discografica crescerà spasmodica: il pubblico freme per sentire nuove canzoni e l'impressione è quella che qualunque cosa Idol sarà in grado di tirar fuori dal cilindro sarà comunque un successo assicurato. E infatti andrà proprio così, il singolo che verrà scelto per il suo ritorno sulle scene, seppur catchy, sarà quanto di più lontano dai singoli estratti dall'ultimo lavoro: atmosfera torrida e sudaticcia, ambientazione da western futurista con pianoforte da saloon, crooning da star consumata e contraltare di cori gospel femminili. "To Be A Lover", stravolta cover di un pezzo stax anni 60 di William Bell, conquisterà le top ten, soprattutto quelle americane, e farà da ottimo traino per quello che si rivelerà essere il suo album più ambizioso, Whiplash Smile.
Meno variegato e più compatto di Rebel Yell, ma soprattutto meno piacione, Whiplash Smile è un album in cui si avverte costantemente un senso di grandeur, un voler continuamente sottolineare che a cantare è l'ultima vera rockstar, nell'accezione più divistica del termine, e non soltanto uno degli ultimi beniamini delle classifiche pop. E quindi il sound si fa decisamente più aggressivo e monolitico, "Worlds Forgotten Boy" e, soprattutto, "Soul Standing By" sono due propulsive cavalcate techno-pop squarciate dalle ruggenti schitarrate di Stevens e anche la più classicheggiante "Man For All Seasons" non è certo da meno quanto a potenza.
Persino quando Idol cerca di riafferrare lo spirito melodico più scanzonato dei primissimi singoli e le tentazioni danzerecce dell'album precedente, nel secondo e meno fortunato estratto "Don't Need A Gun", non riesce a far a meno di tingerlo di tensioni metropolitane e di condirlo con una vaga disperazione di fondo. E' quindi un Idol più maturo e, in un certo senso, austero quello che si ascolta tra i solchi di un album che anche nei momenti più riflessivi rifugge l'immediatezza radiofonica, come si evince dall'oscura e tormentata chiusura di "One Night, One Chance" o dalla palpitante "Beyond Belief", sostenuta da un maestoso incedere pianistico. Tuttavia non rinuncerà completamente a qualche sprazzo di luminosità nell'estiva malinconia di "All Summer Single", puntellata dalla slide guitar, e nell'iridescente "Sweet Sixteen", ballata dal sapore country che narra le romantiche gesta della scultore Edward Leedskalnin, che costruì lo stravagante Coral Castle, in Florida, per riconquistare la sua amata che, appena sedicenne, lo mollò il giorno prima delle nozze.
Sarà quest'ultimo singolo che, pur fermandosi nelle zone basse delle top twenty, diventerà col tempo il vero classico estratto da Whiplash Smile, disco che pur potendo contare su alti piazzamenti nelle chart, vendite milionarie (e per la prima volta equamente distribuite da subito su ambo le sponde dell'Atlantico), una candidatura ai Grammy Awards e un buon riscontro da parte della critica, a fine corsa lascerà il pubblico con un po' d'amaro in bocca per non esser riuscito a bissare, soprattutto in termini di impatto mediatico, l'era di Rebel Yell. In realtà l'unico aspetto negativo del nuovo lavoro saranno gli attriti sorti in studio di registrazione tra Idol e Stevens e che si risolveranno con l'addio di quest'ultimo a fine tour, deciso a intraprendere una carriera solista (parteciperà alla colonna sonora di "Top Gun", suonerà nel brano di Michael Jackson "Dirty Diana" e fonderà il gruppo Atomic Playboys); un abbandono che avrà non poche ripercussioni sulle future proposte musicali di Idol, delle quali andrà persa gran parte della tipica energia a cui aveva abituato il suo pubblico.

Tuttavia il periodo d'oro di Billy Idol è ancora ben lontano dal tramontare e per capitalizzare ulteriormente il suo successo verrà ripubblicata, stavolta anche su suolo statunitense, la raccolta di remix Vital Idol, arricchita da una nuova versione di "To Be A Lover" e accompagnata dalla pubblicazione su singolo di una anfetaminica versione live di "Mony Mony": inaspettatamente diventerà il suo 45 giri di maggior successo, il pezzo volerà al primo posto della classifica americana e nella top twenty britannica, e il suo videoclip (anche'esso live) sarà uno dei più passati da Mtv durante il 1987.
L'anno successivo sarà la volta di un'altra retrospettiva solo per il mercato europeo, Idol Songs: 11 Of The Best, checonterrà tutti gli undici singoli sinora pubblicati e per promuoverla verrà ripubblicato il singolo "Hot In The City" per il quale Idol girerà un nuovissimo videoclip. Ballerini in tenuta e atteggiamenti sadomaso, voyeurismo, bandiera degli Stati Confederati D'America in bella vista e la sua compagna storica Perri Lister issata su una croce da un culturista: il clip scatenerà un putiferio, tra accuse di razzismo, blasfemia e contenuti sessuali troppo espliciti e Mtv si rifiuterà di passarlo. Poco male, il tanto parlarne riporterà in classifica un pezzo vecchio di sei anni e la raccolta si rivelerà un successo, raggiungendo anche la seconda posizione della classifica britannica.

Idol, però, ormai sempre più stordito dal successo e dagli eccessi, nel 1989 lascia Perri Lister, nonostante il figlio nato qualche mese prima, e si trasferisce in Thailandia per un breve periodo, dove avrà relazioni con innumerevoli donne e si abbandonerà ancor di più alle droghe, riuscendo persino a farsi allontanare dalle autorità di Bangkok per i danni causati in numerosi alberghi e per il suo comportamento terribilmente molesto. Accadrà di peggio nel 1990, a pochi mesi dall'uscita del nuovo album, quando rimarrà vittima di uno spaventoso incidente motociclistico, in cui rischierà addirittura di perdere una gamba, lasciando in apprensione i fan di mezzo mondo. A causa dell'incidente andranno in fumo diverse opportunità lavorative, soprattutto cinematografiche, tra cui un'importante parte nel film di Oliver Stone "The Doors" (in cui farà comunque una breve apparizione) e la parte del cyborg T-1000 nel film di James Cameron "Terminator 2: Il Giorno Del Giudizio".

Nonostante ciò, il nuovo album, intitolato Charmed life, uscirà senza ulteriori ritardi nel corso dello stesso anno, anticipato con enorme successo (numero due tra i singoli più venduti in Usa) dall'irresistibile singolo "Cradle Of Love", in cui Idol ritrova la scanzonata verve rockabilly degli esordi, epurandola però da qualsiasi tentazione elettronica. Sarà David Fincher, ai tempi il più richiesto e costoso video-maker, a girarne il memorabile e premiatissimo videoclip in cui Idol verrà ripreso solo dalla vita in su in quanto ancora incapace di rimanere in piedi. Purtroppo, però, si tratterà dell'unico momento dell'album, assieme alla luccicante "Love Unchained" (quasi una nuova "Blue Highway"), a conservare quello spirito genuino che era stato sino a quel momento uno degli ingredienti principali della sua musica. Altrove, infatti, Idol farà di tutto per dimostrare di esser diventato un rocker più maturo e classico negli intenti, e di aver messo da parte certe soluzioni elettro-pop d'alta classifica. E così brani rock come il solenne incipit di "The Loveless", "Pumping On Steel" o la chiusura affidata a "The Right Way" e "License To Thrill" scorrono via sobri e canonici ma anche poco incisivi, un po' anonimi, e a farsi notare è soprattutto la mancanza dell'estro chitarristico di Stevens e dell'energia che era capace di infondere ai pezzi di Idol. Si avverte anche una certa stanchezza compositiva dell'artista, "Prodigal Blues" è infatti una ballad piuttosto opaca e bolsa che non si apre mai (e verrà realizzata come terzo e ultimo singolo estratto tra l'indifferenza generale), in "Mark Of Cain" e "Trouble With The Sweet Stuff" (piacevoli ma forse tirate troppo per le lunghe) si gioca la carta di un blues sexy e rallentato, venato di funky per coprire le magagne melodiche, mentre in "Endless Sleep" Idol gigioneggia su un pezzo old-style facendo il verso a Elvis. Con una proposta simile a risaltare è, comprensibilmente, un'efficace e muscolosa cover di "L.A. Woman" dei Doors, che infatti verrà scelta come secondo singolo e per la quale Fincher realizzerà un rovente videoclip.
Forte dell'attenzione riservata a "Cradle Of Love" e dell'indiretta pubblicità scaturita dal grave incidente di pochi mesi prima, Charmed Life otterrà comunque un buon successo, riuscendo quasi a eguagliare le vendite di Whiplash Smile,ma la sua permanenza più breve nelle classifiche e l'insuccesso dei successivi singoli lasciavano già intendere che tale riscontro fosse più che altro frutto della gloria passata che ancora non abbandonava Idol e non della qualità intrinseca del lavoro.

La caduta (dagli anni del grunge ad oggi)

Con l'arrivo degli anni 90, però, la frattura con il decennio precedente sarà netta: gli anni del grunge, che segneranno la fine della spensieratezza un po' effimera dei "rampanti" anni 80, faranno invecchiare di colpo e scomparire gran parte delle star precedenti e, soprattutto, muteranno il concetto stesso di rockstar trasgressiva e appariscente che Billy Idol incarnava alla perfezione. Il ricambio sarà totale, insomma, e in quest'epoca di mutamenti sociali, economici e politici, anche la musica ne risentirà e così Billy Idol si ritroverà nuovamente in condizione di doversi reinventare per poter restare in vetta ancora una volta. Sceglierà di ripartire musicalmente quasi da zero, allontanandosi il più possibile dal confronto coi nuovi eroi del rock alternativo e indossando l'insolita, e forse non del tutto calzante, veste del pioniere.
È il 1993 quando inizia a spargersi la voce che nella sua ultima fatica di imminente pubblicazione Billy Idol rinnegherà le sue radici rock per dedicarsi all'elettronica e alla musica dance. Appassionatosi durante gli anni della riabilitazione al mondo del computer, Idol decide infatti di realizzare un concept album, registrato in parte con un Macintosh nella sua casa, ispirato ai racconti fantascientifici degli scrittori del filone cyberpunk, come William Gibson, e alla nascente cyber-culture.

Un paio di mesi prima dell'uscita ufficiale dell'album, un incosciente Idol inizia a far circolare (solo su sui media statunitensi) una cover dei "Heroin" dei Velvet Underground in versione dance: è irriconoscibile il pezzo e, soprattutto, è irriconoscibile lui; i fan gridano al tradimento e la critica musicale al sacrilegio. Quando un mese dopo verrà rilasciato il primo singolo ufficiale, la tuonante "Shock To The System" (accompagnato tra l'altro da un videoclip futurista e violentissimo, ispirato ai recenti disordini di Los Angeles) il danno è ormai fatto, e nonostante si tratti di uno dei suoi singoli meglio concepiti, più in linea con quanto realizzato in passato, e con un efficacissimo riff trattato sinteticamente, il pubblico gli negherà i soliti alti piazzamenti in classifica a cui ormai Idol era abituato a ogni suo ritorno sulle scene.
Tira aria di flop, insomma, ma forse nemmeno l'impavido Idol era preparato a un fallimento di tali proporzioni: quando Cyberpunk vedrà la luce durante l'estate, le vendite saranno talmente scarse che l'album scomparirà dalle classifiche di vendita nel giro di un paio di settimane (e nei suoi fedelissimi States non riuscirà ad agguantare nemmeno la top 40). La critica musicale, unanime, lo bollerà come uno dei peggiori album mai realizzati (nomea che si porta dietro ancora oggi, nonostante non siano pochi coloro che lo reputano ormai un lavoro sofisticato e a suo modo sperimentale) e persino la comunità cyber a cui l'album era stato dedicato, pubblicizzandolo massicciamente sull'allora nascente internet con una pioneristica mossa di marketing, prenderà le distanze dal progetto, bollandolo come una vile operazione volta alla commercializzazione della cultura cyber.
Una disfatta su tutti i fronti, insomma, e Idol di suo non farà molto per cambiare la situazione, pubblicando come secondo singolo un'ipnotica ballata dai toni electro-soft come "Adam In Chains", molto più vicina ai contemporanei Duran Duran di "Come Undone" che ai lenti del suo passato (così come lo sono anche "Love Labours On" e "Shangrila", quest'ultima persino condita da spezie orientali) e cambiando persino look in vista del nuovo tour: abbigliamento sportivo e dreadlocks biondi. Agli occhi del pubblico, il vecchio Billy Idol non esiste praticamente più e questa sua nuova incarnazione non piace assolutamente.

Eppure il contenuto di Cyberpunk non è tutto da buttare e complessivamente si tratta di un album più interessante e melodicamente a fuoco di Charmed Life; certo l'ascolto è appesantito e frammentato dai numerosi intermezzi recitati che spiegano la natura concept dell'album e quando i brani tendono verso le sonorità più dance (per giunta già datate al momento della pubblicazione), come in "Concrete Kingdom" o nella dozzinale "Mother Down", il risultato suona al limite del trash e addirittura amatoriale. E' invece interessante l'utilizzo di sulfuree e dense basi elettroniche, quasi in stile Pet Shop Boys, in pezzi come "Wasteland", "Tomorrow People" e "Neuromancer", che aggiornano di dieci anni la commistione tra rock ed elettronica di alcuni suoi singoli del passato, con la differenza che stavolta sono le chitarre elettriche a essere di supporto ai beat e non viceversa, nonostante poi pezzi come "Power Junkie" e "Then The Night Comes" non rinuncino a quella abrasività di cui Idol fece un suo marchio di fabbrica.
La sconfitta professionale metterà però a dura prova il cantante che, qualche mese dopo, proverà a risollevare le sue sorti commerciali partecipando alla colonna sonora del film "Speed", con l'omonima canzone, decisamente più classica nel sound rispetto ai brani di Cyberpunk, ma che non otterrà migliori risultati. Cadrà quindi in una profonda depressione, che lo porterà ad assumere droghe e acidi in quantità massicce, sfiorando persino la morte nel 1994 per overdose di GHB, potente droga sintetica.

Fortunatamente Idol riuscirà a lasciarsi alle spalle la triste esperienza, impegnandosi a disintossicarsi e dedicandosi completamente alla famiglia. Questo temporaneo ritiro dalle scene durerà fino al 1998, quando riapparirà, nei panni di sé stesso, nella commedia "Prima O Poi Me Lo Sposo (The Wedding Singer)" con Adam Sandler. Sempre nello stesso anno permetterà il download gratuito, sul sito mp3.com, di un nuovo pezzo, "Find A Way", una grintosa ballata a tinte acustiche che però farà parlare di sé, e poco, solo per la trovata di distribuzione e che non riuscirà a raggiungere l'airplay radiofonico.
I negozi di dischi e il grande pubblico dovranno invece attendere fino al 2001 quando verrà pubblicata la raccolta Greatest Hits. Oltre a contenere tutti i suoi classici, la tracklist proporrà una cover di "Don't You Forget About Me" dei Simple Minds: una scelta meno stramba di quella che potrebbe sembrare a prima vista, il brano fu infatti composto da Keith Forsey proprio per Idol, che però all'epoca si rifiutò di interpretare, lasciandolo quindi alla band di Jim Kerr che ne fece il suo più grande successo nel 1985. La raccoltà otterrà un buon riscontro commerciale e, sempre nel 2001, Billy tornerà ulteriormente alla ribalta grazie al programma/documentario "Behind The Scene" dell'emittente VH1, per registrare il quale darà vita, assieme a un ritrovato Steve Stevens, a un mini tour in cui i suoi classici venivano riproposti con nuovi arrangiamenti semi-acustici. Il tutto verrà immortalato anche in un disco live di grande successo, VH1 Storytellers, in cui sarà recuperata una manciata di canzoni dei Generation X e spiccheranno delle belle versioni di "Rebel Yell" e "To Be A Lover".

idol_5Bisognerà invece aspettare il 2005 per poter finalmente ascoltare un nuovo album di inediti, intitolato Devil's Playground, e l'intenzione sarà palese sin dalle prime note: riportare in vita il lato più rock di Billy Idol, volendo di fatto far tabula rasa del progetto Cyberpunk (o meglio, facendo finta che quelle sonorità non fossero state mai sfiorate) ma anche prendendo le distanze dalle aperture più pop dei suoi maggiori successi. Negli Usa è in corso una sorta di revival punk, seppur totalmente edulcorato e incentrato più sull'immagine che sulla sostanza, e Idol vuole evidentemente proporsi come un sopravvissuto, un padrino duro e puro per i punk di nuova generazione e il brano di apertura, "Super Overdrive" non lascia adito ai dubbi.
Il livello generale della nuova fatica sarà però decisamente al di sotto delle aspettative, nonostante la strombazzata reunion con Stevens e Forsey, e se il primo singolo, "Scream" (con un potente e tagliente riff sulla falsariga di "Shock To The System") e, in parte, "Rat Race" e"Romeo's Waiting" funzionano e ripropongono il Billy Idol che tutti ricordavano, altrove sembra di ascoltare il disco di qualcun altro. Non soltanto perché pezzi come "Worlds Comin' Down" o il rock'n'roll semi-natalizio di "Yelling At The Christmas Tree" ricordano i tardi Green Day e "Evil Eye" un pezzo di una qualsiasi band nu-metal americana: anche la sua voce è cambiata, nonostante le increspature siano rimaste intatte, la sexy e cupa profondità con cui era solito interpretare le strofe dei suoi brani è quasi scomparsa per lasciar spazio a un'interpretazione più sottile e, a tratti, stanca. Renderà un po' meglio quando si rifugerà in territori più country come in "Cherie" (venata di elettricità sixties), "Lady Do Or Die" o nella cover di "Plastic Jesus" di Ed Rush ma non quando, sempre in veste più dimessa, si darà a una ballatona come "Sherri" , con in mente i Bon Jovi più folkloristici.
Devil's Playground
non riuscirà certo a rinverdire i fasti del passato, ma otterrà un discreto, e in fondo insperato, successo che gli permetterà di intraprendere un nuovo tour mondiale.

A ridosso delle festività del 2007, Idol pubblicherà anche una spiazzante e strampalata raccolta di brani natalizi, intitolata Happy Holidays: l'idea di fondo non sarebbe neanche male, ovvero quella di applicare l'attitudine rockabilly alle tipiche canzoni natalizie, rendendole più giocose e meno zuccherose, come in passato aveva fatto anche Chuck Berry, e quando l'esperimento funziona, come in "Jingle Bells Rock", "Run Rudolph Run" o "Frosty The Snowman", allora Idol sembra persino più a suo agio che con l'hard-rock dell'album di due anni prima. Quando però si cimenta con super-classici come "Silent Night", "White Christmas" o "Auld Lyne Sing", non rimane altro che un'interpretazione rigorosa e un bel po' di noia.
Più un divertissement un po' ruffiano che un vero e proprio album, Happy Holidays poco toglie e ben poco aggiunge alla carriera di Idol, ma getta nuovamente dubbi sulla sua ispirazione e capacità di creare qualcosa di nuovo che non sfiguri con la sua produzione anni 80.
È infatti del 2008 l'ennesima e inutile raccolta dei suoi singoli, The Very Best Of Billy Idol: Idolize Yourself, che, con il pretesto di contenere i due inediti "John Wayne" (una pesante ballatona rock) e "New Future Weapon" (che riesce solamente a sfiorare, quasi miracolosamente, l'energia di Whiplash Smile) riporta Idol in tour in giro per il mondo.

Sicuramente, negli ultimi venti anni, Billy Idol non ha saputo mantenere gli standard di qualità cui aveva abituato il pubblico negli anni 80, evidenziando una marcata sterilità ispirativa e la tendenza ad auto-glorificarsi con troppe raccolte buone per far cassa e per mantenerlo a galla. Eppure, forte di un canzoniere memorabile che ancora oggi mantiene intatto il suo appeal radiofonico, alla fine è riuscito davvero (curiosamente e forse anche approssimativamente, visto di chi si sta parlando) a ritagliarsi quel ruolo, presso i più giovani appassionati di rock, di rispettabile alfiere mediatico del rock'n'roll anni 80. Un decennio da loro considerato, spesso ciecamente, troppo futile e di plastica, in cui le grandi rockstar degli anni 70 cercavano spudoratamente di rivaleggiare con le star della dance-music ad armi pari, e i nuovi gruppi rock si perdevano in soluzioni trash e troppa lacca per capelli. Più tenebroso e "cattivo" di David Lee Roth ma meno tamarro e patinato di Axl Rose (che pur gli sottrarrà la palma di rocker più amato sul finire del decennio) Billy Idol è stato davvero un grande equilibrista del pop, e se il suo stile di vita sregolato non l'avesse condizionato nel far scelte (ed esperienze) azzardate e poco lucide, forse la sua carriera sarebbe riuscita a evitare una caduta così repentina e clamorosa.

L'ottobre 2014, in particolare, sembrava aver scritto definitivamente l'epitaffio sulla tomba di William Michael Albert Broad, al secolo Billy Idol. Nel giro di pochissimi giorni, infatti, erano usciti in sequenza prima il controverso Kings And Queens Of The Underground, frutto di uno strano connubio con Trevor Horn, quindi un'autobiografia bestseller dal titolo emblematico “Dancing With Myself”, che chiudeva idealmente il cerchio su quello straordinario balletto cyberpunk che era stata la sua vicenda artistica.
Sette anni dopo, invece, il platinato rocker torna a sorpresa con The Roadside Ep (2021), diciassettesimo urlo del ribelle di Stanmore e il suo secondo Ep in assoluto, dopo quel Don't Stop che nel 1981 ne aveva marcato il fulminante esordio da solista subito dopo l'addio ai Generation X.
Quattro tracce oggi come allora per un flashback convincente, grezzo e primitivo: stavolta in regia però c'è Butch Walker, già al lavoro con Weezer e Green Day, al suo fianco invece, manco a dirlo, il fido scudiero Steve Stevens, compagno di mille battaglie dentro e fuori dal palco. Il singolo di lancio “Bitter Taste” lo hanno scritto entrambi insieme a Tommy English e Joe Janiak, e racconta l'incidente in moto del 6 febbraio 1990 che per poco non gli costava una gamba. Un momento che lo avrebbe segnato per sempre, per questo il testo è tra i più riflessivi e maturi del suo repertorio. Nelle strofe e nell'attacco del bridge domina un'acustica sensuale a tinte noir che ricorda tanto il Chris Isaak di “Wicked Game”, ma anche Johnny Cash e i Depeche Mode più fatalisti di “Broken”, prima di un refrain orecchiabilissimo.
Il “Roadside Ep” è distribuito dall'etichetta Dark Horse Records, attualmente gestita da Dhani Harrison, figlio dell'ex-Beatle George che l'aveva fondata nel 1974. La prima traccia in scaletta contiene invece una dedica speciale a una delle bellezze più seducenti della storia del cinema: si intitola “Rita Hayworth” ed è un altro inno gagliardo con ritornello da stadio e lo stesso incedere sfrenato di stampo iggypoppiano di “U Don't Have To Kiss Me Like That”, entrambe arricchite da tastierine elettro-psicotiche à-la “Real Wild Child”. Infine, la sofisticata power-ballad “Baby Put Your Clothes Back On”, che mette il sigillo su un ritorno davvero ben confezionato.

L'attesa è terminata, peccato solo per il formato mini: aspettando un nuovo full-length, però, godiamoci intanto questo “Roadside Ep” e “Bitter Taste”. “Hello, goodbye/ There's a million way to die/ should have left me way back on the roadside”: ci sono milioni di modi per morire, Billy Idol per il momento ha scelto l'unico per rinascere e dodici mesi dopo si ripresenta a sorpresa con un altro Ep, The Cage. La dimensione ridotta ora sembra calzargli davvero a pennello, sia perchè induce a divorare le nuove tracce in poco meno di un quarto d'ora, sia perchè l'astinenza non completamente appagata porta a chiederne sempre di più. Le differenze con il Roadside Ep sono tante ma il risultato è praticamente identico, cioè un successo annunciato. Se “Bitter Taste” era la catarsi di un uomo che guardava con tenerezza alle spacconate del passato, “The Cage Ep” invece ha un sapore tutt'altro che amaro e riporta anzi in scena l'adorabile faccia da schiaffi cui ci aveva abituato.

Il rocker non è certo uno nato per stare in gabbia e la camicia di forza che indossa nel video della title track “The Cage” trattiene a stento la rabbia repressa. Musicalmente parlando la miccia si accende in strofe pop radio-friendly prima di deflagrare in un ritornello a voltaggio hard con potenziale da Top Ten, del resto non è una novità che l'innata attitudine trans-genere lo porti a svariare dalle linee scarne del punk alla drammaticità rock da grande schermo. Il secondo singolo “Running From The Ghost”, come si può facilmente intuire, promette di scacciare i demoni personali che lo perseguitano senza dargli tregua: donne, alcool e tossicodipendenza. “Con certe cose sto cercando di smettere” ha giurato in un' intervista, ” non sono pulito al 100% ma la strada è quella giusta”. Ci sarà da credergli? Forse, intanto gustiamoci un'altra scarica di adrenalina in salsa power con intro di piano, cornamuse metal e tentazioni simil-goth. “Rebel Like You” (sgasate di Harley in sottofondo e riff stonesiani a-là “Start Me Up” o “Love Is Strong”) si arruffiana una nuova fetta di pubblico gigioneggiando sul marchio sempre attuale del ribelle col dito medio alzato un po' tamarro un po' cartoon, mentre il pezzo di chiusura “Miss Nobody” è un insolito nu-funk con voci femminili aggiuntive e groove sintetici. Nel complesso meno chic del “Roadside Ep” ma con un forte gusto contemporaneo.



Contributi di Giuseppe D'Amato ("The Roadside Ep" e "The Cage Ep")

Billy Idol

Discografia

Don't Stop Ep (Chrysalis Records, 1981)

6,5

Billy Idol (Chrysalis Records, 1982)

6,5


Rebel Yell (Chrysalis Records, 1983)

7,5

Vital Idol (remix/antologia, Chrysalis Records, UK-1985/USA-1987)

6

Whiplash Smile (Chrysalis Records, 1986)

7

Idol Songs: 11 Of The Best (antologia, Chrysalis Records, 1988)

7,5

Charmed Life (Chrysalis Records, 1990)

5

Cyberpunk (Chrysalis Records, 1993)

5,5

Greatest Hits (antologia, Capitol Records, 2001)

VH1 Storytellers (live, Capitol Records, 2002)

6,5

Devil's Playground (Sanctuary Records, 2005)

5

Happy Holidays (Bodog Music, 2007)

4

The Very Best Of Billy Idol: Idolize Yourself (antologia, Capitol Records, 2008)

Kings And Queens Of The Underground (Bfi Records, 2014)
The Roadside Ep (Dark Horse Recors, 2021)

7,5

The Cage Ep (Dark Horse Records, 2022)

6,5

Pietra miliare
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Billy Idol sul web

Sito ufficiale
Testi
  
  VIDEO
  
White Wedding Pt 1(videoclip da Billy Idol, 1982)
Dancing With Myself(videoclip da Billy Idol, re-release, 1983)
Rebel Yell(videoclip da Rebel Yell, 1983)
Eyes Without A Face(videoclip da Rebel Yell, 1983)
Flesh For Fantasy(videoclip da Rebel Yell, 1983)
Catch My Fall(videoclip da Rebel Yell, 1983)
To Be A Lover(videoclip da Whiplash Smile, 1986)
Don't Need A Gun(videoclip da Whiplash Smile, 1986)
Sweet Sixteen(videoclip da Whiplash Smile, 1986)
Mony Mony (Live)(videoclip da Vital Idol, 1987)
Hot In The City(videoclip da Idol Songs: 11 Of The Best, 1988)
Cradle Of Love(videoclip da Charmed Life, 1990)
L.A. Woman(videoclip da Charmed Life, 1990)
Shock To The System(videoclip da Cyberpunk, 1993)
Scream(videoclip da Devil's Playground, 2005)