Destruction Unit

Destruction Unit

Unità di distruzione non autorizzata

Dal garage del dopo bomba alla psichedelia deviata suonata all'alba della fine del mondo. Dopo la morte di Jay Reatard e gli ultimi sviluppi della loro musica abbiamo deciso di ripercorrere la misconosciuta parabola dei Destruction Unit

di Antonio Ciarletta

Da non credersi, letteralmente. Eppure è così. Quando la dipartita improvvisa e dolorosa di Jay Reatard sembrava aver affossato per sempre i Destruction Unit e gli altri progetti che vedevano coinvolto il talentuoso musicista di Memphis, ecco verificarsi una palingenesi inaspettata, tanto nei tempi quanto nei modi che nel risultato finale.

Ascoltando gli ultimi due album griffati da Ryan "Elvis" Wong si prova, infatti, una profonda sensazione di straniamento, come prendere coscienza di un corpo alieno dalle fattezze metalliche che alligna nelle proprie viscere. Malgrado siano passati praticamente inosservati persino presso il pubblico di nicchia, Eclipse e l'ultimo Sonoran, oltre a prefigurare una svolta, sono l'ennesima dimostrazione dell'ecletticità dei musicisti degli anni Zero. Saper andare oltre le proprie attitudini vocazionali, evidentemente sollecitati da un sistema mediale che mette a disposizione di tutti qualsivoglia frame culturale, è diventata quasi una parola d'ordine per qualunque musicista che si rispetti. Ma andiamo con ordine. Nati tra Memphis e Phoenix all'inizio dello scorso decennio i Destruction Unit s'identificano inizialmente nella persona di Ryan "Elvis" Wong, al secolo Ryan Rousseau, alla batteria, alla voce e alle tastiere, a cui si aggiungeranno Jimmy Lee Lindsey Jr./Jay Reatard, che si occuperà di chitarre basso e voce, e Alicja Trout, chitarra, voce e tastiere. Attorno a questi tre personaggi finirà per ruotare l'intera scena garage rock di Memphis e in parte di Phoenix, popolata da formazioni come Lost Sounds, Bad Times, Final Solutions, Black Sunday, Tokyo Electron, Sexual Slurs, MouseRocket e svariate altre.

Bene, queste formazioni avevano in comune una concezione deviante del garage rock, come a dire: "irraggiamo di radiazioni nucleari un corpo già devastato da metastasi tumorali e vediamo che succede". Be', non è poi così difficile intuire come sarebbe andata a finire. Imperniata sull'implementazione di elementi rumoristici e di ronzii di synth - praticamente ogni garage rockers di Memphis riponeva spiegazzato nel proprio portafogli un santino logoro di Tomata Du Plenty e uno appena appena più integro dei Suicide - questa concezione è stata per molti versi anticipatrice del weird garage/shitgaze, tanto che Lost Sounds e Destruction Unit sono conosciuti e riveriti da molti "shitgazers" e garagisti sballati di ultima generazione.

Ma chi era Ryan "Elvis" Wong? Uno come tanti in fondo, un ragazzo cresciuto tra Memphis e l'Arizona (provate a indovinare a cosa si deve quel sopranome) che tra una session di skateboarding a rotta di collo e l'ascolto dei propri gruppi preferiti, appena adolescente mette su le sue prime formazioni garage per cercare d'imitare i propri idoli. Di lì in avanti è un'escalation di partecipazioni frenetiche e di progetti. Supporta Shawn Foree nei Digital Leather, dove suona la batteria dando sfogo alla sua passione per il synth-punk. I Digital Leather sono una formazione interessante, fautrice di una musica dark più che devastata, dalle ritmiche robotiche a dalle melodie inumane, tanto che Goner Records, etichetta su cui andranno a pubblicare uno dei loro album migliori (Sorcerer), li aggettiverà come dark synth-pop, in sostanza una sorta di Philip K. Dick in note (acide). Non finisce qui anzi, Rosseau è ai più conosciuto per essere stato il batterista dei Reatards, mentre i fan più sfegatati del garage punk ne avranno probabilmente seguito le gesta nei Wongs e negli oscuri Tokyo Electron.

Di ultimo conio è il progetto Earthmen and Strangers, con Luis Padilla (chitarra), Joe Mathis (basso), Lenny DeLeon (batteria). "Questi ragazzi mi hanno fatto conoscere i Black Flag e i Circle Jerks", dichiarerà Rosseau in un'intervista, fatto sta che gli Earthmen and Strangers suonano un garage pop sbarazzino dal leggero retrogusto shoegazE.

Rosseau si sposta da Yuma a Memphis nel 1997. Lo fa insieme ai genitori, dice, perché a Yuma non aveva un lavoro ed era sempre ubriaco. Prima di trasferirsi riceve il numero di Jay Reatard da Jack Yarber degli Oblivians, ma decide di non chiamarlo. Arrivato a Memphis attacca un annuncio alla Shangri La Records in cui scrive di ricercare musicisti per mettere su una band tipo Pagans. Caso vuole che lo chiamino due tipi, uno dei quali è proprio Jay Reatard. Nascono i Reatards, che Rosseau ricorda ancora con grande affetto tanto da affermare a più riprese di come siano stati per lui una grande esperienza formativa. Formativa per l'appunto, perché quando ognuno dei membri della band iniziò ad ascoltare altra musica rispetto al garage rock drogato di cui erano soliti nutrirsi, ecco sorgere l'esigenza di mettere su altre situazioni.

Detto fatto, i Destruction Unit nascono ufficialmente nel 2000. Jay Reatard è impegnato nei Lost Sounds, così Rosseau chiede l'aiuto del fratello, che nel primo sette pollici (My Desease) suona le tastiere. Quindi, in solitaria scrive i pezzi per il primo lp, sentiti i quali Jay e Alicja Trout decidono di prendere parte al nuovo progetto, andando a costituire il nucleo originario della band. Con Jay Reatard in formazione i Destruction Unit sono stati, al pari di Hunches e Hospitals, il combo garage rock più feroce e incompromissorio degli anni Zero. La loro musica era un assalto all'arma bianca egualmente fondato su parti vocali sguaiate ma non licantropiche (la componente blues era del tutto assente) ritmi spiritati e su colate di feedback in cartavetro a loro volta ispessiti da allucinanti percosse di synth. Adrenalina allo stato puro, di più, carta abrasiva sfregata sul culo di un neonato. Rosseau odiava scrivere i testi, che venivano buttati lì alla meno peggio, mentre amava concentrarsi sull'aspetto sonoro e sulla qualità delle registrazioni. Il suono aggressivo dei primi due lp era - afferma lo stesso Rosseau - veicolo per sfogare la sua rabbia nei confronti delle cose stupide del mondo. Bene, a parte l'intento un po' retorico, Self Destruction Of A Man - pubblicato nel 2004 su Empty - suona come una mazzata dietro la schiena sferrata con un tubo innocenti. I Destrution Unit sono bravi nel sviluppare un suono che, seppure nella sua furia iconoclasta, fa della sua forza l'essere punto di equilibrio tra il garage sound più classico, l'hardcore e il synth-punk. Ne vengono fuori canzoni tiratissime, violente, sguaiate, per quanto dotate di una nemmeno troppo velata compostezza melodica. Un esempio per tutte è "Let's Lie", un proiettile di gomma sparato a velocità supersonica oltre le soglie dell'udibile. Per chi voglia puntarsi la pistola alla tempia l'album fornisce munizioni a profusione: "Race/Time", "So Shattered" e soprattutto "Cancer" seguono il canovaccio della massima aggressività e al contempo della buona quadratura melodica.

 

Tutto molto interessante e scorrevole, finché si arriva in chiusura ai quasi sei minuti della title track, un pezzo così morboso e diverso dal resto da rimanere letteralmente basiti. Ebbene sì, perché "Self Destruction Of A Man" è un'elegia alla Nine Inch Nails (alla "Hurt" per intenderci) deturpata da tempeste rumoristiche e decapitazioni armoniche alla Throbbing Gristle: praticamente un incesto. Praticamente un capolavoro di devianza. Anche se una qualche avvisaglia di anomalia in corso si era già avuta con la altrettanto degenere "I'm A Mutant", tre minuti di urla sconnesse affogate in un magma di frequenze disturbate. Da sbattere la testa contro il muro fino a farsela sanguinare. Per quanto buono nel complesso, il successivo Death To The Old Flesh è una replica meno ispirata di Self Destruction Of A Man. Quindi solite sguaiatezze dal taglio anthemico ("Meet The Sadist", "I Dare You"), suggestioni sintetiche alla Screamers ("Day Of You Death") e incurabili patologie da contaminazione radioattiva ("A Unit", "On The Screens"). È da notare come in questi ultimi pezzi i Destruction Unit somiglino ad alcune formazioni di casa Hungry Eye Records - soprattutto ai compianti Weegs - che negli stessi anni mettevano a soqquadro le balere dark della provincia americana più derelitta.

Al contrario di tante rockstar, stelline e deviati duri e puri che chiamano a se la morte, la mattina del tredici gennaio 2010 è la morte a recarsi da Jay Reatard. Arriva senza alcun preavviso e se lo porta via nel sonno. Cause? Dopo una prima ipotesi che congetturava addirittura di omicidio, l'autopsia rivela come il decesso fosse da attribuirsi a un mix letale di alcol e droga. Stop, fine della storia, almeno per Jay. Non per Ryan Rousseau evidentemente, che di accantonare l'esperienza Destruction Unit non aveva alcuna voglia. Di cambiarne i connotati questo sì, per la sorpresa dei fan e di chi fino ad allora aveva seguito le vicende discografiche della band. Nella formazione attuale Ryan Rosseau è accompagnato da Rusty Rosseau al basso, da Nick Napp alle chitarre e da Justin Keefer alla batteria. Psichedelia è la nuova parola d'ordine, una psichedelica pesante al limite dell'heavy sound, tanto che sul myspace ufficiale della band l'unica influenza a essere citata è quella del kraut-rock. Diciamolo, quest'ultima incarnazione dei Destruction Unit suona meno eccitante di quella originaria, tuttavia i ragazzi operano con un certo mestiere. Il risultato è una musica gradevole nella sua livrea di smarrimento psichedelico, e per questo degna di attenzione. Eclipse del 2010 e Sonoran non sfigurerebbero, ad esempio, nel catalogo di una Tee Pee e non sfuggono nemmeno troppo celate somiglianze con i Plastic Crimewave Sound. Malgrado una netta sterzata verso i territori della psichedelica più persa, i due album sono tuttavia abbastanza diversi, ed è difficile capire se Sonoran sia stato o meno l'approdo naturale della svolta effettuata con Eclipse, o se magari Rosseau non avesse in mente qualche altra diavoleria lisergica.

Dismesse le bordate di synth in favore di un'elettronica analogica subliminalmente psichedelica Eclipse si presenta come un lavoro pienamente inserito nel solco della tradizione che dai Silver Apples conduce agli Spacemen 3. L'iniziale "Time Traveler" è in questo senso una prova più che un indizio, suffragata poi dalle abluzioni spacey di "Princess" e "Yuman Dance". In generale il disco scorre recando seco atmosfere ossessive, anche nei momenti apparentemente più diluiti ("Depression"). Certo, manca un centro, mancano momenti clamorosi, eppure ogni canzone riesce a estrinsecare un'aura di fascino malsano. Il discorso cambia con l'ultimo Sonoran, i cui pezzi tengono fede alla virata psichedelica dell'album precedente ma ne estremizzano la pesantezza, avvolti come sono in un'asfissiante atmosfera quasi doom. Gli undici minuti di magmatica e oscura trance hard psichedelica in versione Guru Guru di "Desert Snow" rappresentano il baricentro del discorso. Il resto dei pezzi gioca la sua partita su un minimalismo caciarone un po' Plastic Crimewave Sound un po' Monoshock. Sentito sull'album, Rosseau afferma che Sonoran è il suono da ascoltare camminando nel deserto omonimo mentre la luna piena splende nel cielo. Sarà, fatto sta che a parte qualche momento pastorale dal retrogusto misticheggiante ("Ceveman", "Listen"), il resto pulsa a frequenze abbastanza elevate - la propulsione motorik beat di "Moonson", la chiusura in nevrosi Hawkwind di "Death Tunnel", come a voler dimostrare che i Destruction Unit non hanno nulla da invidiare ai Comets On Fire né ai Residual Echoes. E' questa dunque la strada maestra definitivamente imboccata da Rosseau? Chissà. Detto ciò, lunga vita all'Unità di Distruzione qualunque cosa faccia.

Destruction Unit

Discografia

Lp
Self Destruction Of A Man (Empty Records, 2004)
Death To The Old Flesh (Empty Records, 2006)

Eclipse(FDH Records, 2010)

Sonoran (Volar Records, 2011)

Ep

Let's Lie (Disordered Records, 2008)

Pietra miliare
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