Smashing Pumpkins

Smashing Pumpkins

Il mondo è un vampiro

Hanno venduto milioni di copie, sintetizzando un approccio tipico degli anni 90, a metà strada tra hardcore e alt-pop. Con testi tormentati che parlano di "un mondo-vampiro". Ascesa, caduta e rinascita della creatura di Billy Corgan

di Claudio Fabretti e Claudio Lancia

Gli Smashing Pumpkins di Chicago sono uno dei gruppi di riferimento degli anni Novanta. A metà tra band alternativa e consumate rockstar, hanno saputo coniugare le istanze di una delle scene indie più creative degli Stati Uniti con la tradizione hard-rock, dando vita a un sound che combina punk e pop, psichedelia e grunge. I loro testi, angosciate testimonianze di una generazione sull'orlo di una crisi di nervi, sono entrati in sintonia con l'umore dell'epoca, riuscendo a catturare masse oceaniche di fan in tutto il mondo.

La band nasce nel 1988 a Chicago, dall'incontro tra Billy Corgan, James Iha e D'Arcy Wretzky, a cui si aggiunge presto il batterista jazz Jimmy Chamberlin. Ingaggiati dalla Caroline i Pumpkins incidono Gish presso gli Smart Studios di Madison, Wisconsin, con la supervisione di Butch Vig (il produttore di "Nevermind" dei Nirvana). E' un esordio folgorante, che conquista il pubblico dell'alternative rock. Sonorità aspre, figlie del proto-punk selvaggio degli Stooges e della grinta hardcore dei Jane's Addiction, si susseguono senza posa, tra le violente sventagliate di chitarra di Iha e i ritmi ossessivi imposti da Chamberlin e D'Arcy.
Corgan intona melodie tormentate, cui si accompagnano riff feroci ("Siva", "Bury Me"), ma anche tenere trame psichedeliche ("Crush", "Suffer") e lunghe ballate acide ("Rhinoceros", "Window Paine" e "Crush"). Durante il tour di supporto del disco, che li vede aprire i concerti di Red Hot Chili Peppers e Pearl Jam, vengono a galla le prime tensioni tra i membri della band, anche a causa della tormentata storia sentimentale tra Iha e D'Arcy, e dei problemi di droga e alcol del batterista.

Nel 1993 Corgan e soci, di nuovo insieme a Butch Vig, registrano in Georgia Siamese Dream, un lavoro più maturo e complesso, che vale alla band consensi pressoché unanimi da parte della critica e nuove folle di fan. Le sonorità degli Smashing sono ora una perfetta combinazione di melodia e rumore, violenza hardcore e trance psichedelica.
I modelli sono l'heavy metal, il punk, il grunge, ma anche la new wave di Jesus and Mary Chain. Nascono così brani come "Cherub Rock", con Corgan a declamare una melodia dimessa sullo sfondo di uno sfrigolio di chitarre, i tre minuti in agrodolce di "Today", le indimenticabili ballad "Disarm" e "Mayonaise" e una "Silverfuck" in costante bilico tra i Led Zeppelin più onirici e le più apocalittiche progressioni hardcore.

Nel 1994 i Pumpkins sono il gruppo di punta del Lollapalooza, ma non hanno ancora toccato la vetta. Un anno dopo il popolo del rock li consacrerà rockstar grazie al monumentale doppio Mellon Collie And The Infinite Sadness, prodotto da due maghi degli studios: Alan Moulder e Flood. Il disco è un saggio estremo dell'abilità della band nel passare dall'"infinita tristezza" a scariche di adrenalina purissima, da contemplazioni trasognate a virulente invettive. Il tutto arrangiato in modo piuttosto magniloquente, tanto da far ricordare qualcosa delle sinfonie dei Genesis e del glam-rock di Bowie.
Il brano trascinante è "Bullet With Butterfly Wings", destinato a diventare uno degli inni dell'intero decennio col suo ritornello da knock-out: "The world is a vampire, sent to drain/ Secret destroyers, hold you up to the flames/ And what do I get, for my pain/ Betrayed desires, and a piece of the game". Piccoli quadretti d'autore, come "Take Me Down" (di James Iha), "1979", "Zero" e "Tonight Tonight", riciclano in chiave "acida" e hardcore suggestive melodie pop; mentre le filastrocche di "We Only Come Out At Night", con accompagnamento di pianola e clavicembalo, e di "Cupid De Locke", con una soffice arpa, riecheggiano atmosfere psichedeliche non lontane da quelle di Syd Barrett e dei primi Pink Floyd. Il disco si chiude in un'atmosfera trasognata, con la struggente ballad "By Starlight". Nonostante l'indubbia prolissità e la caduta di stile di alcune tracce, il disco si rivela un'azzeccata fusione di stili, un compendio del rock targato anni 90, capace di regalare alla band di Corgan un ampio successo mondiale.

Cinque singoli vennero estratti da "Mellon Collie", andando a formare altrettanti Ep contenenti ulteriore materiale inedito, a testimonianza della grandissima quantità di canzoni composte durante le session di quell'album monstre. Tutti gli Ep saranno contenuti in un elegante box set a forma di trousse a tiratura limitata, The Aeroplane Flies High.
Al culmine della popolarità, però, qualcosa sembra essersi definitivamente incrinato negli Smashing Pumpkins. Prima di un concerto al Madison Square Garden il tastierista di supporto, Jonathan Melvoin, viene trovato morto per overdose da eroina; il batterista Chamberlin, che era insieme a lui, si salva per miracolo ma viene subito estromesso dagli show successivi. Viene così ingaggiato il batterista dei Filter, Matt Walker, ma ai Pumpkins serve ora un periodo di riposo. Fino a quando Billy Corgan annuncia che "è giunto il momento di rinunciare al rock" e che "non vuole più suonare musica che fa piangere lui e gli altri per la noia".

Il successivo Adore, pubblicato nel 1998, segna una svolta fulminante nel sound della band, che vira verso sonorità crepuscolari ed elettroniche (quasi assenti le chitarre), vicine a certa new wave anni Ottanta (Cure, Depeche Mode, New Order, Pet Shop Boys). E' un esperimento brillante, oltre che coraggioso, per una band che ha fatto dell'energia hard-rock e degli inni da stadio la chiave del proprio successo: non tutti, però, riusciranno a comprenderlo, com'è destino dei dischi che osano.
A dimostrare come si tratti del loro disco più sottovalutato, basterebbero la melodia acida e struggente di "Daphne Descends", le digressioni elettriche di "Appels + Oranjes", "Crestfallen" e "Ava Adore", o il suggestivo bolero di "Tear". La band paga così la presunzione del suo leader e l'eccesso di considerazione ottenuto con i dischi precedenti. 

Machina, The Machines of God (1999), nonostante il rientro di Chamberlin, è il de profundis della band. Un disco banale e senza mordente, che riproduce copie sbiadite dei successi del passato. E' un nuovo flop, questa volta pienamente giustificabile. Dopo l'uscita del disco, D'Arcy abbandona il gruppo e dovrà affrontare nuovi problemi di droga, fra i quali un arresto per detenzione di sostanze stupefacenti.
In un'intervista rilasciata qualche anno più tardi, D'Arcy si dichiarerà non più in grado di sostenere la carriera di musicista. Dopo aver vissuto per un periodo ad Austin, in Texas, si trasferirà in una fattoria nel Michigan, e i suoi rapporti con Billy Coprgan resterano sempre tesi, fino ad essere l'unica esclusa dalla reunion originale, che avverrà nel 2018. Il suo posto come bassista degli Smashing Pumpkins viene preso, a partire dal tour di Machina dall'ex Hole Melissa Auf Der Maur.

Alla fine del 2000, Corgan getta nello sconforto i fan annunciando la fine della band, siglata da un tour d'addio e dalla pubblicazione, solo su internet e a titolo gratuito, di Machina II - The Friends And The Enemies Of Modern Music, disco di inediti tratto dalle sessioni di Machina. Corgan accuserà James Iha di essere il vero responsabile dello scioglimento, salvo ritrattare diversi anni più tardi.
James Iha nel 1998 aveva già avviato la propria carriera solista con Let It Come Down, al quale seguiranno Look To The Sky nel 2007 e diverse partecipazioni in colonne sonore. Nel 2003 diviene membro stabile degli A Perfect Circle e, parallelamente, fonda la band Vanessa And The O's con la quale pubblicherà un album. Rientrerà negli Smashing Pumpkins nel 2018.

Nel 2001 esce Greatest Hits, raccolta che celebra la storia della formazione di Chicago, disponibile per un periodo limitato anche in un'edizione che allega un secondo Cd, Judas O, ricco di b-sides e rarità assortite, il seguito ideale del fortunato Pisces Iscariot, altra raccolta risalente al 1994 e contenente gli outtakes dei primi due album.
Nel 2002 la Virgin continua a monetizzare il catalogo immettendo sul mercato Earphoria, colonna sonora di un Vhs risalente al 1994 che documanta l'attività live della band nei suoi primi anni. Il Vhs venne ripubblicato in formato Dvd in contemporanea con l'album.  

Corgan tenta di rilanciarsi con la sigla Zwan, ma, nonostante una line up di lusso, Mary Star Of The Sea non riesce a ricreare la magia del passato.

Nel 2005, allora, sfodera la carta dell'avventura solista con The Future Embrace. Si affida a un synth-pop con qualche spinta rock, immergendosi in territori shoegaze. L'apertura, affidata ad "All Things Change", è il manifesto della poetica del nuovo corso: un Corgan disteso, romantico e speranzoso che recita in loop un sentito "we can change the world". Si tratta di uno dei pezzi migliori, con melodia dolce e piacevole, ma è in realtà tutto il quartetto di testa a essere a fuoco: la pulsazione rock di "Mina Loy" è sicuramente meno immediata, ma senz'altro efficace, mentre "The Cameraeye" vanta un giro cupo e assassino, anche se non riesce a sviluppare appieno le proprie potenzialità e paranoie. Meglio di tutte fa la cover di "To Love Somebody" dei Bee Gees: atmosfera onirica e struggente che sfrutta il muro di distorsioni di sfondo, arrangiamento all'altezza e tastiere che fanno capolino.
Il disco, però, pian piano si spegne: "Dia" ha dalla sua un buon inciso e una progressione di violini, ma non riesce a emergere. Saranno solo altri due i brani salvabili: "Now", dolce e gotica, in atmosfera sacrale e incantata, e "Pretty, Pretty Star", che travalica non solo la linea che divide il dolce dal melenso, ma anche quella che divide il melenso dal comico. Tra le peggiori vanno invece a collocarsi il veloce poppettino di "Walking Shade", talmente innocuo da infastidire, e "Sorrows", un lamento insostenibile. Nel complesso, un disco che non punge e tende alla monotonia, nel quale l'autore dimostra di avere ancora qualcosa da, ma nel trascriverlo in canzoni trova grandi difficoltà.
Corgan solista non troverà maggiore ispirazione e fortuna neppure con Ogilala, pubblicato nel 2017 e improntato su ballate acustiche da artista di mezz'età, stilisticamente a cavallo fra John Lennon e i Coldplay.

Nel 2007, il buon Billy tenta il tutto per tutto ricostituendo gli Smashing Pumpkins per dare vita a Zeitgeist. Dell'organico originario, in realtà, restano in due, con Jimmy Chamberlain al fianco dello stesso leader. Le nuove canzoni, però, non sanguinano più, o al meglio sanguinano plastica fusa. La produzione, levigata all’inverosimile, non riesce a dissimulare un vuoto di creatività sconcertante, nè tantomeno funziona il giochino dell’ironico birignao (auto)citazionista, che qui scade in una bieca, caricaturale, imitazione.
"Starz" riaccende per un attimo le speranze, azzeccando una melodia decente, fors'anche "Bleeding The Orchid" con i suoi riff granitici, ma il resto neanche ci prova, risultando paccottiglia ben confezionata a uso e consumo della Mtv generation. In assenza di una scrittura ispirata, mancano persino quelle deformità kitsch-zuccherose che rendevano gli Zwan un divertente fenomeno da baraccone. Zeitgeist è invece di una bruttezza piatta, senza alcun fascino additivo che ne giustifichi in qualche modo l'esistenza.

Nel 2008 gli Smashing Pumpkins tornano con un Ep di quattro tracce, American Gothic, che riserva qualche sorpresa positiva. Niente di nuovo all'orizzonte, se non un fare acustico più pronunciato, tuttavia a segnare la differenza è stavolta la scrittura. In soldoni, qui ci trovate i soliti saliscendi melodici e progressioni armoniche scontate, però Corgan si ricorda d'essere (stato?) un buon songwriter e sforna almeno tre pezzi di discreta caratura.
"Rose March", psichedelica e paracula, scorre via che è un piacere nel solco delle varie "Disarm" e "Cupid De Locke". "Pox" esibisce i muscoli con una progressione ritmica robusta, senza tuttavia disattendere l'impronta acustica del contesto. Dalla struttura chiaramente cantautorale dei primi due pezzi si evince come l'apporto della band sia minimo. In effetti l'Ep pare il disco da cantautore adulto che Corgan ha (forse) sempre sognato di fare. E lo conferma la malinconica sciccheria shoegaze di "Sunkissed", costruita su voce, chitarra acustica e poco altro, a marcare il vertice dell'album. "Again, Again, Again (The Crux)" è invece una canzonetta da ospizio per reduci del grunge. Nel complesso, però, American Gothic non è la solita minestra riscaldata.

Nel 2009 parte il progetto Teargarden by Kaleidoscope, una follia composta da quarantaquattro canzoni in download gratuito, e nel 2011 Billy Corgan riporta gli Smashing Pumpkins in tour. La EMI nel frattempo lancia sul mercato ristampe deluxe supervisionate da Corgan stesso, ampliate e rimasterizzate in digitale, degli album Gish e Siamese Dream.

Nel 2012 arriva Oceania, album che - rispetto al precedente Zeitgeist - riporta con più forza nel mood di vent'anni prima. I primi minuti quasi riescono a darci l'illusione di aver ritrovato la monstre-band dei bei tempi: l'attacco al fulmicotone dell'accoppiata iniziale "Quasar"-"Panopticon" è da infarto, ma ci si chiede che senso abbia riproporre quel caos così ben organizzato e gettarlo in pasto a nuove generazioni che, con tutta probabilità, sono alla ricerca di modalità ben diverse da quelle del grunge di Seattle. La line-up non ha più niente in comune con quella degli anni d'oro, eccezion fatta per il padre padrone: confermato il chitarrista Jeff Schroeder, le new entry sono Mike Byrne dietro i tamburi e Nicole Fiorentino al basso. Cambiano i protagonisti ma non mutano l'approccio sonoro e la visione d'insieme. Non male le prime ballad del lavoro: "The Celestials" e "Violet Rays" rappresentano il versante più melodico del gruppo, quello storicamente rappresentato dalle irraggiungibili "Disarm" e "Mayonaise", ma quando arriviamo alle successive "My Love Is Winter" e "One Diamond, One Heart" ne abbiamo già le tasche piene: meglio mischiare le carte con un po' di elettronica ("Pinwheels"), anche se poi le chitarre quando entrano sono così plasticose da sembrare finte.
Con il passare delle tracce, Oceania si adagia su ritmi troppo rassicuranti, perdendosi peraltro in qualche lungaggine di troppo, anche se il polpettone light-prog di turno (la title track, che si approssima ai dieci minuti) risulta più sopportabile che in altri casi. Alla fine siamo di fronte a un prodotto non certo disprezzabile: gli stessi riempitivi ("Pale Horse", "Wildflower") vengono assemblati con grande mestiere, anche se poi alcuni buoni spunti rock ("Glissandra", "Inkless") avrebbero meritato un destino migliore, invece di ricevere quelle trasfusioni di zucchero che le rendono buone giusto come canzoni di loud rock buone per i teenager (qualora esistessero, nel 2012, adolescenti disposti a sciropparsi un nuovo disco degli Smashing!). Paradossalmente Corgan dimostrò più coraggio quando osò sorprendere il mondo con l'algido approccio di "Adore", che dal vivo in elettrico era comunque funzionale. Oceania si posiziona a metà strada fra il rock deciso e il dream-pop, come nella grande tradizione della band di Chicago, ma nonostante alcune canzoni sinceramente riuscite non è che un ologramma di quella meravigliosa formazione in grado di concepire i gioielli del passato.

Dopo il trascurabile Monuments To An Elegy, publicato nel 2014 e passato pressoché inosservato, arriva finalmente l'inattesa notizia: James Iha tornerà ad esibirsi con gli Smashing Pumpkins. Riscocca la scintilla e la band si mette presto al lavoro su nuove canzoni con una line up che comprende, accanto a Corgan e Iha, Jimmy Chamberlin e Jeff Schroeder.

Il risultato viene pubblicato a novembre 2018 nell'attesissimo Shiny And Oh So Bright, Vol. 1 / LP: No Past. No Future. No Sun. Non fosse stato per gli scazzi con D’Arcy Wretzky, forse esclusa da Billy Corgan per i suoi persistenti problemi legati alla mai del tutto superata tossicodipendenza, la reunion della formazione originale degli Smashing Pumpkins sarebbe stata completa. Originariamente concepito come un’operazione da due Ep composti da quattro tracce ciascuno, alla fine il disco del ritorno si è tramutato in un full length che funge da primo capitolo della serie “Shiny And Oh So Bright”, del quale un secondo atto, a detta di Corgan, sarebbe già pronto per il 2019. Le note più significative e positive di questo sospirato come back risiedono nei due brani che hanno anticipato il lavoro. Anzi tutto “Silvery Sometimes (Ghosts)”, il singolone perfetto per le radio, quello che più di ogni altro giustifica l’ascolto dell'album, l’attualizzazione della lunga tradizione di catchy alt-rock inaugurata da “Today” e “1979”. La più cattiva “Solara” tenta invece di rinverdire i fasti del lato più elettricamente brutale degli Smashing Pumpkins, oggi levigato dal trascorrere del tempo e dai chili di troppo accumulati da zio Billy. Riascoltare quelle due chitarre ritornare ad intrecciarsi come tanti anni fa è senz’altro l’aspetto più emozionante dell’intero primo volume di “Shiny And Oh So Bright”, il progetto più breve - appena 31 minuti - mai realizzato dal logorroico Corgan.
Diversi brani restano però a metà del guado, riusciti solo in parte, carini e ben scritti senza mai riuscire davvero a far gridare al miracolo: fra questi spicca l’efficace “Seek You And Shall Destroy”, in grado di riaprire nostalgici spiragli sugli anni 90. Poi, certo, se siete sempre stati innamorati della voce di Corgan e della sua innata capacità melodica, troverete del fascino anche fra le armonie di “Travels” e “With Sympathy”, e se vi piacciono i chitarroni, scoprirete che tutto sommato “Marchin’ On” non è poi così male. Produce l’esperto in “rianimazioni” Rick Rubin. Gli archi sono disseminati un po’ ovunque a rinforzare l’intatto gusto per la grandeur. L’atmosfera è tendenzialmente solare, come ben evidenziato dal titolo scelto per questa raccolta di canzoni che, fra (pochi, in verità) frangenti davvero riusciti e (troppi) altri non esattamente memorabili (vedi la trascurabile “Alienation”, ma anche l’inutilmente pomposa “Knights Of Malta”) si impone comunque come la migliore prodotta da Billy Corgan assieme agli Smashing dai tempi di “Machina”. Che sia merito del rientro di James Iha è pressoché una certezza: con lui nella band viene anche più naturale chiamarli Smashing Pumpkins. Dopo tanti giri a vuoto, bentornati.

Due anni più tardi, a fine novembre 2020, è la volta di Cyr, con il quale Corgan torna a esplorare quei sentieri sintetici già percorsi in occasione di “Adore”, ma senza mai riuscire a eguagliarne gli slanci emotivi, il pathos e la grandeur. La presenza delle chitarre di James Iha e Jeff Schroeder passa in secondo piano, e a volte persino la batteria di Jimmy Chamberlin viene sacrificata per lasciare il centro della scena ai synth e ai software manovrati dallo stesso Corgan, che ha non soltanto scritto, ma anche interamente prodotto l’album. L’estetica e lo schieramento di forze in campo, stabiliti dall’onnipotente Corgan, rende Cyr un prodotto tanto compatto da rendere difficile distinguere una canzone dall’altra. È evidente la mancanza di elementi fortemente caratterizzanti, se non un’idea generale di mettere in sequenza degli up-tempo in grado di emulare certo synth-pop figlio degli anni Ottanta. Alla ruvida rabbia di un tempo vengono così sostituite ritmiche da dancefloor alternativo che ridefiniscono completamente i sogni dell'ex ragazzo dell'Illinois.
Buone idee emergono dall’energia “pop” di “The Colour Of Love” e “Cyr” (la title track), dalle vaghe impronte alt-rock di “Wittch” (la prediletta dai fan della prima ora) e “Anno Satana”, dai (qui doveva osare di più) poco convinti affondi darkwave di “Black Forest, Black Hills”. Poi sono i rimpianti ad avere la meglio: la dolcezza di “Dulcet In E” non è neanche lontana parente di una (cito a caso) “Disarm”; l’anemico easy listening delle inconsistenti “Haunted” o “Schaudenfreud” diviene persino imbarazzante in occasione dell’improbabile “Tyger, Tyger”. Metà del disco era già noto, visto che dieci tracce sono state diffuse, a coppie di due, nelle settimane precedenti la pubblicazione. Corgan cerca qualche piccolo escamotage a effetto, come i simpatici giochini di parole utilizzati nella generazione dei titoli (“Starrcraft”, Adrennalynne”) o i ricorrenti cori femminili affidati all’australiana Katie Cole e all’americana Sierra Swan, due cantanti con già all’attivo collaborazioni importanti e dischi in proprio. Il giro di giostra si chiude con “Minerva” che in zona Cesarini cerca di risollevare il blasone del vecchio Billy. Troppo tardi, e troppo poco, per poter assegnare a Cyr un posto di rilievo all’interno dell’imponente discografia degli Smashing Pumpkins.

Nel 2023 non va meglio con Atum, l’ennesimo frutto della bulimia creativa di cui è affetto Billy Corgan, situazione clinica che lo porta a pubblicare senza filtri qualsiasi cosa gli passi per la testa: 33 tracce suddivise in tre dischi, un'opera in tre atti, che procede con difficoltà, impedendo ad alcune tracce apprezzabili (le vibrazioni grunge di “In Lieu Of Failure”, il romantico abbandono di “Space Age”, ma nulla che potrebbe mai finire su un ipotetico greatest hits degli Smashing) di lasciarsi ammirare. Una sbrodolata che supera per pretenziosità qualsiasi album finora diffuso dal gruppo di Chicago.
Fra numerosi momenti anemici (“Embracer”, ma direi la pressoché totalità del primo atto), raccapriccianti soluzioni di batteria (“With Ado I Do” grida vendetta), hard-rock spuntato (“Empires”), wave dozzinale (“To The Grays”), synth-pop ancor più dozzinale (“Night Waves”, “Neophyte”, “Pacer”) e inutili chitarroni anni Ottanta (“Beyond The Vale”), è un vero peccato che la storia di Billy Corgan continui a procedere in maniera tanto insulsa. Come già accaduto in altre occasioni, anche in questo caso sarebbe bastato sintetizzare il lavoro in una decina di tracce per realizzare un disco quanto meno decente.

Contributi di Ciro Frattini ("The Future Embrace") e Antonio Ciarletta ("Zeitgeist", "American Gothic")

Smashing Pumpkins

Discografia

SMASHING PUMPKINS
Gish (Virgin, 1991)

7

Siamese Dream (Virgin, 1993)

8

Pisces Iscariot (b-sides compilation, Virgin, 1994)

6

Mellon Collie And The Infinite Sadness (Virgin, 1995)

9

The Aeroplane Flies High (box set, Virgin, 1996)

7

Adore (Virgin, 1998)

8

Machina/The Machines of God (Virgin, 2000)

5

Machina II/The Friends And Enemies Of Modern Music (autoprodotto, 2001)

5

Greatest Hits (compilation, Virgin, 2001)

7

Earphoria (live, Virgin, 2002)

6,5

Zeitgeist (Reprise/Warner, 2007)

4,5

American Gothic (Reprise/Warner, 2008)

6,5

Oceania (Martha's Music, 2012)

5,5

Monuments To An Elegy (Martha's Music, 2014)

3

Shiny And Oh So Bright, Vol. 1 \ LP: No Past. No Future. No Sun(Napalm, 2018)6,5
Cyr (Sumerian, 2020)5,5
Atum (Martha's Music, 2023)4

ZWAN
Mary Star Of The Sea (Warner, 2003)

4


BILLY CORGAN
The Future Embrace (Warner, 2005)

5

Ogilala (Martha's Music, 2017)

4

JAMES IHA
Let It Come Down (1998)
Look To The Sky (2008)
Pietra miliare
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