Maurizio Blatto

Sto ascoltando dei dischi

Autore: Maurizio Blatto
Titolo: Sto ascoltando dei dischi
Editore: ADD Editore
Pagine: 320
Prezzo: 13 euro

blatto_cover_02Maurizio Blatto continua a scrivere di musica e, quindi, a farci emozionare e sganasciare dalle risate. Con “Sto ascoltando dei dischi”, la storica firma della rivista "Rumore" taglia il traguardo del suo terzo libro, dopo “L'ultimo disco dei Mohicani” (spassosissima retrospettiva di casi umani afferenti all’universo dei collezionisti di dischi) e “Mytunes” (in cui sviscerava la propria vita attraverso la lente di 77 canzoni), e riesce ancora una volta a coinvolgerci in un rincorrersi di vita vissuta e canzoni, perché in sostanza Blatto non fa altro che continuare a espandere l’idea della rubrica che da anni cura sulle pagine di “Rumore”, chiamata proprio come il suo secondo libro, uno spazio in cui, mensilmente, annoda sprazzi di vita a questa o quella canzone del cuore. Perché, come egli stesso scrive, “nelle canzoni c’è tutto, c’è un mondo proprio lì dentro”.

In queste nuove pagine, sempre caratterizzate da un'irresistibile vena comica, Blatto prova però a curarsi dalla sua ossessione per la musica (ma quanto convintamente?), ossessione che gli fa credere di vivere tra i solchi di un vinile, dentro le immaginifiche visioni che solo la musica riesce a donarci. Dal lettino dello psicologo a un confronto nientepopodimeno che con la Morte, passando per gli uffici della polizia, i meandri del suo quartiere torinese, le stanze del suo negozio di dischi (il "Backdoor" di Torino) o quelle di un pronto soccorso, seguiamo Blatto rincorrere i propri ricordi lungo il filo di quel ritornello, di quella melodia o di quel riff (perché “le cose terminano, rimangono le canzoni”), incrociando gli amati Smiths, i Jesus Lizard, l’Electric Light Orchestra, i Durutti Column, gli Undertones, Laura Nyro, Rod Stewart, i Chills, e via di questo passo, sempre facendo metaforicamente a pugni con quanti cercano, in un modo o nell’altro, di farlo ragionare. Ma Blatto resiste, perché a una realtà sempre più caotica e ostile, preferisce quell’"inganno di immaginarsi compresi da ciò che ascoltiamo".