Classifiche degli artisti

2019: i dischi preferiti di Cristiano Godano

Accolgo con piacere l'invito di Ondarock a proporre la mia playlist del 2019, come già feci nel 2018.
Quest'anno non sono stato un buon ascoltatore dal punto di vista qualitativo, lo sono stato abbastanza da quello quantitativo. Una cinquantina di dischi credo di averli ascoltati (per intero intendo), ma so di essermene persi di rilevanti (These New Puritans, Dream Syndicate, Lana Del Rey, Vinicio Capossela, Thom Yorke, il cui concerto è stato elegantemente superiore e magnifico, sono i primi che mi vengono in mente). Impossibile ascoltare "tutto": non troveresti una playlist uguale a un'altra rovistando in tutto il pianeta. L'offerta è mostruosa... Ma tant'è.
Qua sotto ci sono quelli che ho avuto voglia di ascoltare più volte, ergo che mi sono piaciuti. Molto, moltissimo, o abbastanza. Vorrei che ce ne fossero di più di italiani, ma purtroppo mi sono imbattuto solo in quattro quest'anno (indicherò l'unico che ho per davvero gradito): se uno vuol stare dietro alle cose internazionali, com'è naturale nella mia indole, poi si perde le decine di cose che si producono da noi, e ogni anno ho un certo rammarico per questa mia forzata disattenzione del tutto non voluta.
Ecco la mia "diciottina", in ordine sparso.
 
Raphael Saadiq - Jimmy Lee
Lui è un produttore di neosoul-r'n'b. E fa queste cose anche con le sue musiche. Nutro in genere qualche diffidenza nei confronti di questo credo (del neosoul intendo), ma questo disco è bellissimo. Forse perché non mi sa di fighetto. Qui c'è sostanza, per me proveniente da un sapore antico, un modo di fare, tra il canto e la composizione, che mi ricorda certe tradizioni. Insomma: in genere questo tipo di cose non è la mia cup of tea, ma questo disco, ripeto, è bellissimo. Jimmy Lee è suo fratello, morto per overdose.

Croatian Amor - Isa
E' un musicista-produttore-dj danese: si chiama Loke Rahkeb. E' un disco di musica elettronica, pop cupo e scuro, stralunato, turbato, destrutturato (battute a volte fuori tempo, ovviamente in modo del tutto voluto). Qua e là inserti vocali provenienti dal nulla e pronti a andarsene come sono arrivati. Voci femminili a volte recitate a volte esili e eteree, ma sempre poco rassicuranti. Non so a quanti potrebbe piacere: a me intriga molto.

Swans - Leaving Meaning
Sono un gruppo che ho amato tantissimo (e per me la quaterna "The Burning World", "White Light From The Mouth Of Infinity", "Love Of Life" e "The Great Annihilator" - periodo della svolta folk dopo le magnifiche claustrofobie ossessive precedenti - è stata emozione pura), poi di questi tempi li ho percepiti stanchi e un po' fossilizzati su formule che nulla sapevano più aggiungere. Niente di grave, ma purtroppo mi annoiavano. Questo doppio invece mi sembra molto, molto meglio, e qua e là ha momenti esaltanti e ispirati. Sarà che ci sento di nuovo quel tipo di folk a cui sono molto sensibile.

Bruce Springsteen - Western Stars
Non l'ho mai amato. Rispettato molto (ci mancherebbe) senza però stravedere. Eppure trovo questo disco davvero bello, con gran suoni e arrangiamenti orchestrali accattivanti. Si dice sia la sua svolta pop: da non fan posso pensare di poter comprendere i motivi. E un mio caro amico springsteeniano mi dice che gli springsteeniani doc come lui, diversamente da lui, sono molto indispettiti (eufemismo): per esperienza diretta la cosa non mi sorprende per nulla, anche se c'è sempre una parte di me, quella più istintiva, che non cessa di stupirsi in negativo di questi cliché della psicologia umana. Alcune canzoni sono emozionanti, su tutte "Western Stars" (strepitosa) e "There Goes My Miracle", che mi ricorda, quantomeno nel suo timbro vocale, un gruppo che apprezzo molto, ovvero gli Elbow.
 
Nick Cave & The Bad Seeds - Ghosteen
Lo amo da più di trent'anni. Mai avuto alcun problema coi suoi dischi: anche il bistrattato "Nocturama" mi piacque subito. Il penultimo ("Skeleton Tree"), che somiglia molto a "Ghosteen", lo metterei quasi quasi fra i suoi migliori di sempre. Eppure per ora non mi sono innamorato perdutamente di questo, che guarda caso è un disco di consacrazione definitiva. Un disco che lo ha reso mito vivente, nel senso più puro e meno abusato del termine. Guardare le votazioni su Metacritic.com per credere... (nessun musicista ancora in vita mi pare sia mai stato trattato in questo modo). Che io ancora non sia caduto in amore annichilente non implica che non entri nei miei preferiti del 2019: ogni sua cosa, per me, in genere è enorme. Probabilmente devo ancora sentirlo, e a un certo punto inizierò a emozionarmi. In ogni caso: fuori dal personale, bastano tre volte per rendersi conto dell'impareggiabile densità artistica di questo disco. (E nel mentre in queste ore l'ho riascoltato - sarà l'ottava? - e mi ha pervaso una malinconia profonda: sta arrivando...) 
 
White Lies - Five
Ammetto che non li avevo mai cagati (non per pregiudizio, ma perché c'è così tanta roba da ascoltare...). Poi ci abbiamo suonato insieme al Cinzella in Puglia, e il concerto non l'ho nemmeno gradito tanto. Ma mi è rimasto il desiderio di ascoltarli su disco. L'ho fatto con questo "Five" e mi sono divertito, e a tratti mi sono ritrovato anche coinvolto in modo molto serio: momenti rari di rock "corposo" (come in "Fire And Wings", bellissima) che si imponevano alla mia attenzione, laddove la faccenda meramente pop (che è la qualifica principale del disco, volto alla ricerca del ritornello efficace e wave anni Ottanta) è il focus essenziale. La voce di Harry Mac Veigh, derivativa, mi piace molto. Il sound è figo e molte sono le canzoni per me davvero ok: si fanno cantare alla grande.

Chelsea Wolfe - Birth Of Violence
Lei mi piace quasi sempre. Mi piace l'atmosfera aliena in cui ci si trova immersi. Al primo ascolto di questo "Birth Of Violence" sono rimasto un po'... come dire? Indifferente. Al secondo ho pensato che era una delle cose più cupe e dark che si potessero concepire, e questo di colpo me lo ha fatto riconsiderare con simpatia. Al terzo mi è piaciuto. C'è molto folk (trasfigurato dal senso estetico del suo torbido immaginario), scuro e minimale. Swans, Dead Can Dance e Portishead fanno capolino ogni tanto. Ma lei vive di vita propria, oscura e sacerdotessa.

Big Thief - U.F.O.F.
Americani, anche loro fanno folk. Questo è facilmente inquadrabile nella categoria dell'indie-folk (o alt-folk): dunque non sono qui presenti le pesantezze (nel senso migliore del termine) di Swans e Chelsea Wolfe, bensì le leggerezze (non sbarazzine) di tutto un mondo di riferimento che è connesso col modo americano di essere indie: un'attitudine estetica ereditata, mi verrebbe da dire, dal low-fi, con una ostentazione più o meno marcata di un certo tipo di scazzo (e Neil Young che aleggia in sottofondo, padrino di così tante band nel mondo, e nelle varie epoche...). E' un ottimo disco, con qualche piccolo rilassamento a livello compositivo. La canzone eponima è bellissima. Ho visto dei loro live su YouTube: da vedere sono fighissimi e stralunati in un modo assai credibile.

Bruce Hornsby - Absolute Zero
Qui siamo nei territori del pop-rock raffinatissimo, suonato da musicisti enormi. Non un disco per chi sia graniticamente aggrappato alle comfort zone dei suoi generi di riferimento che non comprendano... il pop-rock raffinatissimo. Musicista eclettico, che passa dal jazz al folk, dal gospel al blues, in questo "Absolute Zero" evoca gli anni Ottanta e certe cose alla Peter Gabriel, oltre a virare spesso in chiave avantgarde il suo pop, che, volendolo classificare in altro modo ancora, penso possa farsi rientrare nelle fila del cosiddetto genere "americana". Io non seguo molto queste cose, come è possibile intuire, ma questo disco l'ho ascoltato parecchio e con diletto. E... dimenticavo: il singolo "Cast-Off" ospita Justin Vernon (Bon Iver). E' una canzone bellissima, e, come da lui dichiarato, "sull'accoglienza e la gratitudine": di questi tempi cupi è già di per sé un valore aggiunto.

Massimo Volume - Il nuotatore
Che dire? Sono i Massimo Volume, e qui sono particolarmente ispirati. Basso, chitarra e batteria, e la solita atmosfera sacrale che solo loro riescono a riprodurre. Grandi.

Specials - Encore
Il concetto di spensieratezza in musica mi è piuttosto alieno, e la musica ska non mi ha mai catturato, se non per qualche ballo nei dancefloor da giovincello, ogni tanto. Eppure questo disco mi contagia proprio per la sua dimensione spensierata (ma ci sono canzoni che trattano temi tutt'altro che spensierati): è suonato benissimo (i musicisti sono super) e alcuni pezzi, oltre che ben suonati, sono anche bellissimi. Per me un disco da ascoltare e riascoltare, anche con attenzione.

Weyes Blood - Titanic Rising
Cantautrice californiana di nome Natalie Mering. Melodie sfacciatamente sontuose e "fuori epoca", ma porte con leggerezza e, credo, qualche ironia (nonostante il disco sia intriso di riflessioni amare su cosucce tipo i devastanti problemi climatici), e un altrettanto sfacciato uso del synth che se ne fotte del concetto del cool e quasi lo deride (a meno che non sia ormai cool l'utilizzo di suoni non cool, e per contro non sia più cool utilizzare suoni cool). Al primo ascolto potrebbe spiazzare molti non avvezzi alle melodie così aperte, con conseguente istintivo rifiuto: in realtà poi ti si appiccica addosso. Spesso mi ricorda John Grant, il cui "Queen Of Denmark" mi piacque un sacco.
 
Baroness - Gold & Grey
Fanno metal. Non so dirne la corrente precisa, ma direi quasi di impianto classico (forse ho scritto una cazzata... I puristi non ne abbiano a male). Purtroppo la voce non mi piace, ma musicalmente ci sono momenti avventurosi quasi "progressive" (credo di poter dire) davvero di altissimo livello. In quelli ci si esalta per davvero. Diciassette brani: eccessivo e lungo, poteva essere tagliato qua e là. Evidentemente consideravano tutto irrinunciabile. Difficoltà che da musicista comprendo bene.
 
Rustin Man - Drift Code
Vi piacevano i Talk Talk? Lui, che di nome fa Paul Webb, ne fu il bassista fino a "Spirit Of Eden". Questo da quel che ne so è il suo secondo disco in anni di intervallato silenzio. Intenso, malinconico, scuro, solitario, profondo, riflessivo, delicato, autunnale, passa dal folk al jazz (giusto un sapore, niente di cui spaventarsi se non si è avvezzi al genere) con canzoni la cui forza principale è negli arrangiamenti. Due sono i nomi che vengono più in mente ascoltandolo: Robert Wyatt e, soprattutto, David Bowie. Un ascolto che riempie di rilassata emozione. 
 
DIIV - Deceiver
Loro sono americani e fanno quel tipo di rock che nelle elite degli ascoltatori "avanti" è piuttosto in disgrazia. Noto però che nonostante tutto si è riuscito a guadagnare l'attenzione di molti di essi: evidentemente la qualità è superiore al pregiudizio. A me piace molto, e tutti coloro che hanno amato i My Bloody Valentine (e lo shoegaze in genere) e gli Smashing Pumpkins (e più in generale il grunge più lirico) dovrebbero scoprire questo "Deceiver" se non l'hanno ancora fatto. Disco ovviamente malinconico e depresso, con voci e cori tendenti all'etereo, soluzioni armonico-melodiche fresche nonostante il già tutto sentito (in verità questo è un tipo di "problema" che non mi tocca: non sono un cercatore di novità a tutti i costi), e un bpm medio che "tira indietro", cosa che in genere a me piace tantissimo (se no non avremmo fatto, tanto per dire, un disco come "S-Low"...)
 
Girl Band - The Talkies
E' un disco disturbante, e per certi versi in certi ambiti questo pare essere un motivo di apprezzamento. Non sono sicuro che un prodotto artistico disturbante sia per ciò stesso di valore, ma qui la parte musicale è per me assai attraente: ci sento i primissimi Sonic Youth (ma anche tanto altro... i Fall, ad esempio) in molte parti del chitarrista del gruppo, e capite bene che io mi trovi immediatamente a casa. Il disturbo però arriva con la voce: il cantante mi mette in difficoltà, lo ammetto, perché il suo urlo straziato e monocorde dopo un po' mi stufa e mi allontana. Ma è proprio questo elemento disturbante che pare essere il quid in più, anche perché leggo che egli racconta e mette in scena con crudo realismo la sua depressione e il suo malessere psichico, condito degli attacchi di panico: nessun pregiudizio in tutto ciò, anzi, ma ripeto, lo fa con un urlo monocorde che dopo un po' strazia, stufa e allontana. Musicalmente è però notevolissimo, e anche ispiratore.

Billie Elish - When We All Fall Asleep, Where Do We Go?
E' una ragazzina super cool (mi pare under 18, o appena compiuti), e le sue musiche sanno qua e là intrigare molto, moderne, fai-da-te (le fa con suo fratello infatti, e stra-vende in tutto il mondo: prodigiosa). Nei video è magnifica e ci sa davvero fare (mi piacerebbe vederla dal vivo). E la cosa bella è che non ha bisogno di far finta che nel mondo vada tutto bene (malreggo il "presobenismo" che fa finta che è tutto ok, o che ostenta un benessere che il novanta per cento del pianeta non ha, ridendo e ballando, ballando e ridendo, e coinvolgendo gli imbelli): no, lei canta i suoi disagi con linguaggio che non si maschera dietro perbenismi di convenienza, e dice quel che c'è da dire, senza pacche sulle spalle, senza mitigazioni. Per ciò stesso adorabile.

Thurston Moore: Spirit Counsel
Tra ieri e oggi ho ascoltato i primi due dischi di tre di questo monumentale lavoro (il primo pezzo dura più di un'ora, e occupa tutto il primo disco). In una recensione ho letto che annoia... Purtroppo chi si lascia annoiare da queste cesellature certosine di blocchi di suoni incastrati con magie rare, e ancor peggio non coglie la fulgida bellezza dei cambi repentini di atmosfere (e tutti suonati, senza trucchi di editing o chissà cos'altro), semplicemente non è attrezzato per mettersi in sintonia con questa arte paziente e fascinosa. Non ci sono canzoni qua: ci sono esperimenti sonori, sulla scia degli insegnamenti della musica dei vari Terry Riley, La Monte Young, Philip Glass, Steve Reich che sempre hanno fatto capolino anche nei Sonic Youth e che qui vengono portati all'esasperazione. Non credo di poter consigliare l'acquisto a nessuno che non sappia a cosa va incontro: serve un orecchio paziente, attento e disponibile a farsi trascinare in tanti diversi vortici, magnetici, magmatici, labirintici.

(Foto di Filippo Leonardi)