Dieci Piccoli Italiani

Dieci Piccoli Italiani - N. 45

di AA.VV.

babauBABAU - Papalagi EP (2015, Artetetra)
avant-rock

I giovanissimi maceratesi Luigi Monteanni e Matteo Pennesi formano il duo Babau per le estese meditazioni ambientali dell’Ep “Papalagi”. Gli 8 minuti di canto esoterico (solo strumentale, chitarra e tastiere) in “Palo Majombe” sollevano spiriti e magie nere, con una base cha-cha che incalza una chitarra dal feeling prossimo all”End Of The Game” di Peter Green-iana memoria. I 7 minuti di “Faus” invece si fondano su una libera invocazione-mantra e una danza tribale meno inaudita. Nei 9 minuti di “Ila No Kuaili” un intorpidito battito equatoriale Jon Hassell trasporta delle tastiere che si sciolgono in lenta, perenne ipnosi, voci in trance in lontananza, e ancora una chitarra sciamanica in perfetto stile Peter Green, che procede solenne verso l’astrazione. Un’autentica rarità della musica italiana: mai sentita tanta ascesi etnica e cosmica, tanta evocazione che evade dal semplice descrittivismo, e una purezza così disincantata. In realtà è il secondo parto (il primo è il normale lo-fi di “Tapes From The Bedroom”). Co-prodotto con Navalo Suoni (Michele Saran 7/10)


thenoobTHE NOOBS – Disrhythmic (2015, Umbria Noise)
nu-soul

Il collettivo perugino formato da Manuela Pucciarini (voce), Anna Lince (cori), Miriam Fornari (cori), Alessio Capobianco (chitarra), Luca Cipiciani (tastiere), Pietro Paris (basso) e Andrea Di Cintio (batteria) esordisce con “Disrhythmic” all'insegna di un nu-soul elegante e ricco di sfumature. Echeggiano sonorità lounge (“Everything Can Shine” e “The Song I Play” rimandano agli Air prima maniera), jazz (“Buying Love”), pop (il primo singolo estratto “What Are You Thinking?”). In scaletta compare anche una versione r'n'b del classico “All Along The Watchtower”, sospinta da un groove azzeccato e dagli intrecci vocali delle voci femminili. La formazione umbra dà così vita a un debutto intenso e – soprattutto – credibile. Promossi (Fabio Guastalla 7/10)


olivieriSIMONE OLIVIERI – Apotheke (2015, New Sonic Records)
songwriting, pop acustico

Il suo stile me lo hanno presentato come “i Verdena senza chitarre elettriche”, e dall’ascolto ripetuto della seconda fatica discografica di Simone Olivieri devo dire che la definizione non è poi così distante dalla realtà. “Apotheke” è un disco acustico, suonato a spina staccata, che esprime un cantautorato “diverso”, obliquo, in grado di assemblare suoni che paiono catapultati da un sogno, da una realtà parallela (“Controra” è un fulgido esempio in tal senso). Sia che i brani siano concepiti al pianoforte (“Incespico”, “Appesa”), sia che siano il frutto di arpeggi chitarristici (“Resina”, “In cauda venenum”), è la dolcezza a farla sempre da padrona. Non si esce quasi mai fuori dalle righe, e una vena così soft e malinconica rappresenta il miglior punto di forza, ma al contempo anche il più grosso limite racchiuso in queste nove composizioni, tanto fragili quanto bisognose di un ascolto tutt’altro che distratto. Così quando capita che i toni si alzino un pochino (come nella seconda parte della strumentale “Tempesta”) si respira un’aria diversa che scuote piacevolmente il torpore. “Apotheke” è un disco decisamente riuscito, che lancia Simone Olivieri fra i migliori cantautori emergenti a livello nazionale (Claudio Lancia 6,5/10)


fabriziofrigoFABRIZIO FRIGO & THE FREEZERS – Donsusai (2015, La Noia)
synth-pop

Il quintetto fiorentino debutta sulla lunga distanza con un synth-pop robusto e martellante nel quale non mancano le chitarre a conferire ulteriore consistenza al risultato. Tutto è improntato a dare forza ai brani: le melodie sono di quelle fatte apposta per essere accompagnate da una ritmica incalzante, che infatti parte al primo secondo del disco e si calma solo all’ultimo brano, inoltre sia il timbro vocale che il suono sono votati anch’essi all’aggressività, intesa in ambito pop beninteso. I testi sono volti a sdrammatizzare i problemi della vita, mettendo in scena narrazioni votate alla disperazione che però sanno più che altro di tentativi di esorcizzare le situazioni difficili. Il disco non fa miracoli ma è sicuramente piacevole, non tanto per le melodie che si somigliano tutte un po’ troppo, ma piuttosto grazie a suoni che nella loro semplicità di base evitano di ripetersi tra un brano e l’altro e a testi che riescono nell’intento sopra descritto. Dieci brani per trentasette minuti di sano svago moderno e metropolitano (Stefano Bartolotta 6.5/10)


plunkextendPLUNK EXTEND – Prisma (2014, QB Music)
pop-rock

I milanesi Plunk Extend (Lorenzo Cetrangolo voce, Andrea Tedesco chitarra e percussioni, Daniele Cetrangolo chitarra acustica e basso, Alessio Montagna basso e chitarra acustica, Mattia Pontremoli batteria e percussioni) esordiscono in ambito discografico con “Prisma”, cinque canzoni dedicate ad altrettanti colori – nell'ordine “Blu”, “Nero, “Bianco”, “Rosso”, “Verde” - nelle quali pop e canzone d'autore si macchiano di sottile psichedelia e diramazioni art-rock. Mediante uno stile “gentile” e testi che tratteggiano vivide storie personali, il quintetto dà vita a una serie di quadretti che vanno a comporre una tela dai toni accesi, laddove ogni brano risulta complementare all'altro. Un buon inizio, nell'attesa di ulteriori passi in avanti (Fabio Guastalla 6,5/10)


lalineadelpaneLA LINEA DEL PANE - Utopia di un’autopsia (2015, QB Music)
songwriter

Il moniker Linea Del Pane, di cui sono titolari i milanesi Marco Citroni (basso) e il cantautore Teo Manzo (voce e chitarra) prende vita nel 2011 e arriva a un primo risultato con il singolo “Bisogno di una notte di mezza estate”, anche colonna sonora per la graphic novel “Diego Armando Maradona” (2012) di Paolo Castaldi. Il primo disco lungo s’intitola “Utopia di un’autopsia”. A partire dalla lunga “Apologia della fine” il ciclo di canzoni attinge dalle hit del britpop ma anche dalle ballate dei bardi esistenziali Neil Young-iani e dal cantautorato italiano: “Urlo di Ismaele”, “Tempo da non perdere” e “Ambrosia” con violino (due delle migliori), il cantico Roberto Vecchioni-iano di “Specchio”, una “Occhi di vetro” reminiscente della “Sally” di Vasco Rossi. Tra cantautorato allargato e band minima, prende il meglio dei due per farne un apologo calmo, maestoso e quasi teatrale (realmente suddiviso in preludio, due atti ed epilogo). La chitarra spazia dallo scampanellio a una bruma spumeggiante; niente di trascendentale, ma evita con eleganza che le criptiche liriche, a volte verbose, prendano il sopravvento. A parte la variabile, altalenante (e melodrammatica) “Nekropolis” e il gran finale distorto di “Solstizio d’inverno”, c’è una sola controindicazione: le canzoni si somigliano troppo l’una con l’altra. Singolo: “Tempo da non perdere” (Michele Saran 6/10)


divanoDIVANO - Rimedi Per Ulcere In Bocca, Piaghe Nelle Gambe, Rogna, Magrezza, Stitichezza E Malinconia (2015, Cabezon Record)
pop, songwriting

Chiuso il progetto Jocelyn Pulsar se ne apre un altro, dal nome pigro e dal titolo d’esordio lunghissimo. Per questa nuova esperienza Francesco Pizzinelli non abbandona il taglio cantautorale, ma lo mette leggermente da parte in favore del lavoro di gruppo e di arrangiamenti più strutturati. Nonostante questo le melodie rimangono sempre semplici, così come il registro utilizzato per i testi, che ricalcano uno stile da cantastorie. Questi ultimi vengono inseriti in un’atmosfera intima per parlare di un po’ di tutto in modo confidenziale: di se stessi (“Fotogenico”), dei propri sentimenti (“Canzone di quando va tutto bene”), ma anche di storie non personali (la meritevole “Don Paolo”), per concludere col simpatico giudizio sulla scena indipendente narrato attraverso il parallelismo con le qualità della nonna di “Il pezzo è bello se lo canta mia nonna”. Il cambio di nome appare più come un bisogno di cambiamento d’identificazione che un vero distacco sostanziale, ma forse anche per questo Divano è un piacevole viaggio attraverso frasi d’amore, pensieri personali e osservazioni sul mondo di provincia circostante (Alessandro Fiorito 6/10)


perPER - Wandering EP (2015, Hopetone)
post-rock

Il trio sardo dei PER (acronimo di Piccolo Ensemble Reloaded), formato da Elia Casu, chitarra, Matteo Muntoni, basso, e Stefano Vacca, batteria (ma tutti e tre armati anche di dispositivi analogici), viene da esperienze para-cinematografiche: dapprima un disco (“OSTinLOOP”; Splasch, 2010) dedicato alle musiche di Morricone, quindi un progetto di sonorizzazione di classici del muto. L’Ep “Wandering” è il loro primo parto originale che beneficia proprio di questa passione. “Ancien Cinq” si svolge in due tempi separati da un ipnotico collage di campionamenti, uno sincopato e acido e un altro basato su un rapido e selvaggio crescendo. Lo stesso per “Calakmul’s Treasure”: dapprima è un dub ambientale che evoca spazi lontani, indi l’esplorazione s’interrompe bruscamente per far spazio a una jam funk con tanto di fanfare (il corrispettivo terrestre del primo tempo), che sfuma in un tintinnio di glockenspiel. Due perline nascoste del rock strumentale italiano. Invece in “13” e “Circles”, le restanti tracce, intervengono due soffici voci a cappella - Laura Mura e Michele Sarti - che rendono tutto più piano e gentile, con chitarra e tastiere in semplice contrappunto (“Circles” persino rimuove l’elettronica). La sezione fiati, notare la loro acuta parsimonia, si ode per un minuto e rotti come fosse un miraggio: Francesco Sangiovanni (sax contralto), Dario Zara (tromba), Mauro Piras (trombone) (Michele Saran 6/10)



threelakesphillreynoldsTHREELAKES – PHILL REYNOLDS - Split (2015, diNotte)
americana


“Due dei migliori esponenti della musica folk d’autore in Italia” così si presenta questa coalizione tra Luca Righi e Silva Cantele, in arte Threelakes e Phill Reynolds rispettivamente. Un’intestazione riportata senza sarcasmo: probabilmente è proprio così. Sicuramente i più “fedeli”: ma forse è anche altrettanto vero che in Italia siamo abbastanza provinciali per farci bastare un’eco, un surrogato. È così soprattutto per i pezzi di Threelakes, che mostrano ancora una fortissima “comprensione” nel ruolo, con interpretazioni sopra le righe non supportate da una scrittura di qualche rilievo. Paradossalmente più convincente l’Americana più viscerale di Cantele, decisamente più spontaneo e credibile nella proposta e con tre pezzi piuttosto canonici, che spaziano da Bright Eyes alla suggestiva acustica Vernon-iana di “Man?”. Manca comunque ancora qualcosa per ambire a quello status “internazionale” sbandierato: c’è la forma, ma non la sostanza (Lorenzo Righetto 6/10)


secretsightSECRET SIGHT - Day.Night.Life (2015, Red Cat)
alt-rock

Giovane band di Ancona nata dalle ceneri dei ColdWave, Secret Sight debutta con il breve “Day.Night.Life”. Ogni singolo aspetto del loro sound è studiato per ricalcare con la massima esattezza possibile Interpol e Editors (due band che hanno fatto del ricalco la loro ragione di vita). “Conquest”, ma ancor di più “Earth Overflows” e “Life”: a chiudere gli occhi non si nota alcuna differenza con i corrispettivi inglesi. Mancano anche ritornelli decenti (confuso quello di “Under This Truth”, meno peggio quello di “Need”). Uno spreco di talento, energie e tempo che mozza il fiato, non ultimo a causa dell’ingegnere Paolo Rossi che già aveva plasmato in questo senso i Soviet Soviet. Nemmeno il fatto che duri poco è poi così positivo: anche la sua mezz’ora è troppa per un ascolto così volgarmente oleografico (Michele Saran 4/10)

Discografia

BABAU - Papalagi EP (2015, Artetetra)
THE NOOBS – Disrhythmic (2015, Umbria Noise)
SIMONE OLIVIERI – Apotheke (2015, New Sonic Records)
FABRIZIO FRIGO & THE FREEZERS – Donsusai (2015, La Noia)
PLUNK EXTEND – Prisma (2014, QB Music)
LA LINEA DEL PANE - Utopia di un’autopsia (2015, QB Music)
DIVANO - Rimedi Per Ulcere In Bocca, Piaghe Nelle Gambe, Rogna, Magrezza, Stitichezza E Malinconia (2015, Cabezon Record)
PER - Wandering EP (2015, Hopetone)
THREELAKES – PHILL REYNOLDS - Split (2015, diNotte)
SECRET SIGHT - Day.Night.Life (2015, Red Cat)
Pietra miliare
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