Dieci Piccoli Italiani

Dieci Piccoli Italiani - N. 49

di AA.VV.

ilmareverticaleIL MARE VERTICALE – Uno (2015, autoprodotto)
post-rock, slow-core

Progetto romano – e il pensiero non può che andare ai concittadini Departure Ave., nell’ascoltare le trame sospese di questo Ep d’esordio, “Uno” –, Il mare verticale è una band di quattro ragazzi legati al cantautore Francesco Mauro. Primo elemento di merito è il fatto che il contributo di tutti i componenti è sensibile, anzi si fa centrale rispetto al dimesso elucubrare dei testi (meglio in testi diretti ma suggestivi come nei Low/Abiku di “Spuma” che in certi scimmiottamenti di Battiato, si veda il comunque buon psych-pop de “I non luoghi”), come nell’emozionante traccia di sintetizzatore di “Tokyo”. Le soluzioni sono come quest’ultima, semplici ma di grande effetto; ovviamente si rischia di scadere nel cliché post (“Elaborando”), ma la sensazione generale è che la band abbia una rara capacità di sintesi, fondamentale per il loro tipo di musica, rendendo la propria proposta musicale empatica e fortemente presente - nonostante si debba fare attenzione a derive intellettualistiche. Quando la parola si fa strumento e si mette sullo stesso piano degli altri, Il mare verticale dimostrano di avere ciò che serve per emergere (Lorenzo Righetto 7/10)


fields10 WAVES OF YOU – Fields of Venus (2015, autoprodotto)
ambient / post-rock

10 Waves of You è il progetto solista di Luca Crivellaro, musicista e compositore di Vigevano (Pavia) che si muove tra drone-ambient e un post-rock dal retrogusto kraut con consapevolezza e ottime capacità di scrittura. Il debut album “Fields of Venus” racchiude nei suoi sette brani – parte dei quali strumentali – un miriade di soluzioni, passando dalla soffice psichedelia di “Underground Water” alle progressive stratificazioni di “Seeds of Life (Seasons)” e “Clouds”, fino a raggiungere i confini dello Spazio con “First Lights from Venus”. Un'opera ricca di suggestioni e a suo modo malinconica, quella imbastita da Luca Crivellaro, impregnata di una soffusa malinconia che potrebbe essere quella di un astronauta sperduto nell'immensità indecifrabile dell'universo. Da ascoltare (Fabio Guastalla 7/10)


caplanCAPLAN – Caplan (2015, Megaphone)
indie-rock, emo-pop-rock

A volte basta una piccola correzione per raddrizzare la rotta, ed è quella che pare aver intrapreso Enrico Viarengo, già frontman dei New Adventures In Lo-Fi, con questo nuovo progetto Caplan. Con cinque pezzi nuovi, tre rivisitazioni di pezzi propri (“Taken”, “Daffodils”, “Blood Will Tell”). Proprio a partire da queste rivisitazioni si comprende il cambio di passo rispetto alla più monodimensionale evoluzione della band di partenza: il beat semi-elettronico di “Daffodils”, il dipanarsi secco e sdrucito di “Taken”, il riverbero vagamente alienato di “Blood Will Tell” raccontano il nuovo senso “post” per progressioni e arrangiamenti, che si adatta bene al cantautorato impressionistico ed emozionale di Enrico. Naturalmente il tutto non si limita a un remix atmosferico, ma quest’ultimo ritrova anche freschezza nella scrittura, con un brano d’altri tempi come “Roles”, dal piglio Corgan-iano, e con il tiro Gibbard-iano di “Flour”. E riparte anche il suo dialogo con l’ascoltatore, ritrovando le emozioni di “Sleeveless Days Of June” in “Truth Or Dare”. Non male anche la cover dei Twilight Singers, dalla messinscena più sobria e quindi utile a far risaltare la scrittura del pezzo (Lorenzo Righetto 7/10)


sensibles_01SENSIBLES – Bibi/Little Girl (2015, autoprodotto)
indie-pop/punk

I milanesi Sensibles tornano dopo il bel disco del 2013 con tre pubblicazioni a cadenza ravvicinata di tre 7”. Questo è il primo e le due canzoni presenti sono solidissime sotto ogni punto di vista. Ispirazione melodica, freschezza sonora, il giusto equilibrio tra morbidezza e grinta della parte vocale, la capacità di proporre uno stile sufficientemente personale in un genere nel quale potrebbe sembrare che ormai sia già stato fatto tutto. “Bibi” è più grintosa, mentre “Little Girl” risulta più controllata dal punto di vista sia ritmico che di intensità sonora, tutte e due le canzoni sono perfettamente riuscite e finora il percorso dei Sensibles non ha ancora visto passi falsi. Vedremo cosa succederà con gli altri due 7”, ma difficilmente questa band ci deluderà, almeno nel breve termine (Stefano Bartolotta 7/10)


bronsonBRONSON - Qui nel baratro tutto bene (2015, RBLMusic)
alt-rock

La romana Lara Martelli, dopo l’esperimento per la verità errabondo con un electro-pop di marca europea in “Cerridwen” (2007), riporta tutto a casa, alle sue radici riottose, con il progetto Bronson. In realtà nel primo “Qui nel baratro tutto bene” ci sono numeri di stilosa avanguardia e ricercatezze prelibate: il power-blues Led Zeppelin-iano dagli ostentati sovratoni stregoneschi del singolo “Rec&Play”, la nevrosi tra femme fatale e il refrain urlato alla Gianna Nannini in “Provincia”, l’hard-rock ruggente di “Generazione” reso nervoso da invocazioni, riverberi e gorgheggi trip-hop, la preghiera di “Inverno”, tra glissandi, accordi ciclici e spifferi di cello. E poi una serie di ritornelli articolati e disperati con giochi vocali di tutto punto (“Chimera”, “Contare”, “Vittima”, “La Felicità”). Non solo la voce emotivamente rotta della Martelli fa bella vista, anche il gruppetto di scafati strumentisti, Pierfrancesco Aliotta (basso), Giorgio Maria Condemi (chitarra) e Vieri Baiocchi (batteria), maneggia con sicurezza gli stereotipi per renderli un fatto altamente personale. E’ un procedimento che ha le sue scivolate ma anche un lavoro di sintesi e (auto)analisi. Lunga gestazione, finanziato tramite donazioni Musicraiser. Nome stilizzato in Brönsøn (Michele Saran 6,5/10)


dirtysDIRTY SANCHEZ – Madness (2015, autoprodotto)
crossover / nu-metal

Guardano al crossover anni Novanta i Dirty Sancez, formazione di Finale Emilia, provincia di Modena, composta da Alessandro Grillenzoni (chitarra), Marco Dal Pan (batteria), Fabrizio Benatti (basso), Francesco Farioli (voce) e Matteo Benati (deejay) formatasi nel 2012 attorno al circolo musicale Lato B. E lo fanno con le giuste dosi di carica esplosiva e cura nei dettagli, in particolare nel perfetto gioco d'incastro tra musica e liriche, avendo peraltro l'accortezza di ricorrere alla lingua italiana con risultati di indubbia efficacia. Tutto funziona bene nelle cinque tracce di questo Ep, e certamente i Dirty Sanchez sanno il fatto loro, ma l'augurio che possiamo fare al quintetto emiliano è che nel (prossimo) futuro sappia dimostrare una maggiore emancipazione nel suo approccio alla materia sonora. Registrazione e missaggio di Massimo Laudati presso il Music Inside Studio di Rovereto (Modena) (Fabio Guastalla 6,5/10)


openzoeOPEN ZOE – Pareti Nude (2015, Aulasei)
pop, wave

Questo debutto dei vicentini Open Zoe era stato anticipato dall’eccellente singolo “Popcorn”, un gioiello pop come non se ne sentivano da tempo in Italia, grazie a un sound contagioso, una melodia di gran qualità, una voce ammaliante e un testo capace di trattare un argomento importante come la spettacolarizzazione mediatica delle tragedie umane con il giusto mix tra leggerezza e impegno. Il resto del disco si muove su territori wave, mantenendo comunque la forte impronta melodia, e non è all’altezza del brano citato, risultando comunque apprezzabile. Il tiro e la sensazione di genuinità sono quelli giusti, le melodie sono interessanti e la voce di Dionisia Lo Cascio si muove con naturalezza su registri differenti ma contigui tra loro; inoltre c’è una buona personalità in un campo nella quale non è facile trovarla. Certo, il dislivello qualitativo tra il singolo e le altre canzoni è troppo evidente, però non ci sono passi falsi, quindi è il caso di seguire gli Open Zoe nel loro percorso appena iniziato (Stefano Bartolotta 6,5/10)


sestomarelliSESTOMARELLI - Possibilmente (A Buzz Supreme, 2015)
folk-rock

Di Sesto San Giovanni, i Sestomarelli del debutto “Acciaierie e ferriere lombarde folk” (2011) incarnano il nuovo assalto folk-punk italico, che peraltro frutta loro due piccole hit come “Un’ora lurida” e “Briciole”, ma anche la rabbiosa “Stones”. Il secondo album “Possibilmente” alterna rave-up e danze (“Io fumo”, “Gabbie” modellata sulla “Passenger” di Iggy Pop, “Il direttore generale”) a tentate ballatone (“Caro Mimì”, “Quando nevicherà”). Il bilanciamento di queste due dimensioni dà delle vie di mezzo alla Edoardo Bennato che sono forse le più personali: “A sberle in faccia”, la mediterranea e più riuscita “Il vento cambia tempo” e il j’accuse in levare “Il peso”. Sempre più sintonizzato con i luoghi comuni della crisi, un violino (Mariela Valota) tanto elegante quanto invadente, non sempre appropriato, canzoni un po’ tirate via che - comunque - si prendono i loro tempi senza facilonerie. Ma ciò che davvero riscatta il quintetto è il verso del finale: “l’assenza di un futuro è l’essenza del futuro” (Michele Saran 6/10)


giusyzacGIUSY ZACCAGNINI - Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me (2015, Lapidarie Incisioni)
songwriter

Il debutto di Giusy Zaccagnini, “Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me”, si fregia di tocchi di sperimentazione vocale alla Juana Molina e accompagnamenti arabeggianti, a scolpire le iniziali “Poesia” e “Bruciami”. Un’elettronica eterea che sfiora il “Canone” di Pachelbel irrora la travagliata dedica amorosa di “Quando torni”, e “Neve” è aperta da un tango per soli archi, prima che diventi una svenevole ballata. Classe ’78, abruzzese, Zaccagnini, già attrice, artista di strada, fondatrice dei Gretadieu (un album, “Secret Trip”, 2007), laureata al conservatorio e allieva della cantante portoghese Maria Joao, confeziona un diario anemico di turbe e rimpianti. Indubbi trasporto e spontaneità; la voce troppo gentile, che talvolta ricalca la Elisa più da orticaria, però non dà direzione o anche solo caratterizzazione (migliori esempi negativi: la favoletta di “Bianca”, il melò di “La mia parte migliore”). C’è più carisma negli arrangiamenti di Federico Ferrandina, già riconosciuto compositore per il cinema, e le canzoni hanno talvolta qualche hook cantabile non scontato (Michele Saran 5,5/10)


diuornoD’IUORNO - Diversamente capace (2015, Controrecords)
songwriter

Il cantautore fiorentino Alessandro D’Iuorno debutta con “Ho capito abbastanza” (2012), una raccolta di accigliati e avventati j’accuse folk-rock alla Pietrangeli: il crescendo di “Siamo noi l’opposizione”, l’acquarello quasi trascendentale di “Lontano”, l’elettronica metafisica che adorna “Ci vendono l’ombra”, e ancora meglio “Sarà l’autunno”. Il secondo album, “Diversamente capace”, perde già queste piccole magie in retoriche, generiche ballate come “Un giorno gratis”, “Senza strategie”, “Quello che si può” e la title track. Prodotto dal padrino Giorgio Canali che come altri si è fatto ammaliare dal debutto; in parte redime il disco con la sua formula per tocchi luminescenti: “Passano le nuvole” e “Via di qua” sono ben costruite. Dosi sbagliate nell’implausibile corazza Neil Young di “Vento fermo” e, peggio, nel numero da rocker di “La mia città” (Michele Saran 5/10)

Discografia

IL MARE VERTICALE – Uno (2015, autoprodotto)
10 WAVES OF YOU – Fields of Venus (2015, autoprodotto)
CAPLAN – Caplan (2015, Megaphone)
SENSIBLES – Bibi/Little Girl (2015, autoprodotto)
BRONSON - Qui nel baratro tutto bene (2015, RBLMusic)
DIRTY SANCHEZ – Madness (2015, autoprodotto)
OPEN ZOE – Pareti Nude (2015, Aulasei)
SESTOMARELLI - Possibilmente (A Buzz Supreme, 2015)
GIUSY ZACCAGNINI - Scusate se non mi sento all’altezza dell’idea che ho di me (2015, Lapidarie Incisioni)
D’IUORNO - Diversamente capace (2015, Controrecords)
Pietra miliare
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