Dieci Piccoli Italiani

Dieci Piccoli Italiani - N. 83

di AA.VV.

autunnaAUTUNNA ET SA ROSE - Entrelacs Du Reve (2017, Atmosphere Records)
avantgarde

Tra i più originali progetti di musica di ricerca italiana c’è sicuramente quello del polistrumentista Saverio Tesolato, gli Autunna Et Sa Rose. Esordiscono nel 1996 con "Sous la robe bleu" e si distinguono per una smodata passione per l’avanguardia del 900, per ambizioni neo classiche dai vaghi rimandi gotici che li fanno accostare alla new wave colta dei Tuxedomoon o al Rock In Opposition degli Univers Zero. Tesolato definisce il suo progetto non strettamente musicale, bensì di “teatro-musica”, a sottolineare la forte capacità visionaria ed espressionista dell’ensemble, unita all’ambizione di spaziare all’interno di un’arte “totale”, che superi gli abituali steccati che dividono le diverse forme espressive. “Entrelacs Du Reve” è un viaggio onirico inquieto e oscuro che utilizza strumenti classici, senza alcuna strumentazione rock se si eccettua uno sparuta utilizzo dell’elettronica che fa da collante nascosto più che da protagonista. In questo oscuro viaggio nell’avanguardia del 900 che va dalla dodecafonia alla musique concrete francese fino al pianismo di Lennie Tristano, si aggiungono il soprano Sonia Visentin e il mezzo-soprano Matilde Secchi, in un caleidoscopio sonoro di costanti dialoghi tra piano e violoncello, improvvisazioni e canti femminili da ascoltare per scoprire sempre nuovi piccoli dettagli. Un progetto anche da leggere visto che Tesolato ha appena pubblicato il libro "Intrecci di sogno" che è il corrispettivo in forma di prosa di “Entrelacs Du Reve” (Valerio D’Onofrio 7,5/10)



massimosilverioMASSIMO SILVERIO - Le Retour Du Zéphyr (2017, autoprodotto)
songwriter, sad-folk

Massimo Silverio, classe 1992, è un giovane musicista che usa lo strumento del folk malinconico e poetico per trasmettere stati d’animo ed emozioni. “Le Retour Du Zéphyr” è un lavoro colto e complesso con parti cantate di grande intensità, una voce non banale né comune, un mood depresso ma non tanto “sad folk” da potersi accostare agli incubi di Matt Elliott. Le sonorità sono legate a una struttura da songwriter, con influenze della musica indie che si contamina col folk più vicino alla musica tradizionale. Apice assoluto dell’album è la magnifica “Distanze”, tredici minuti di enorme fascino dal ritmo lento e ipnotico, con una voce “strumento” straziante (quasi alla Tim Buckley) e una chitarra soffusa e minimale. Probabilmente il vero punto da cui ripartire per un nuovo e più compiuto prossimo album (Valerio D’Onofrio 7/10)


alexbandiniALEX BANDINI - Milleluci (2018, La Lumaca Dischi)
songwriter

L’abruzzese Alex Secone mostra il suo sciolto talento folk-pop debuttando a nome IlSogno IlVeleno con “Piccole catastrofi” (2012); rinominatosi Alex Bandini, vi dà conferma con “Signore e signori buonanotte” (2014). Sono entrambe collezioni godibili e ben prodotte, ma qualcosa di più emerge dal terzo “Milleluci”. E’ di fatto un disco della Sas di Brunori ma con Secone al posto del leader classico. A contatto con uno spirito ancora smaliziato e avventuroso, altresì liberi dalla solita tirannide, i musicisti di Brunori si sbizzarriscono letteralmente, dal jazz elettronico cubista che intervalla la serenata marciante della title track fino alla gloriosa danza di chiusa tutta fanfare jazz mediterranee de “L’invasione”. Piegano elegantemente una ballata per piano come “Le cose importanti” a raccolto adagio da camera, immergono oleografie Vasco Rossi e Francesco De Gregori in arrangiamenti creativi - “Federico e il mare” in ritmi rifratti e “Paisà” in una soundscape tenebrosa e dissonante -, arricchiscono d’elementi da musical (coro di gorgheggi angelici) una ballata rarefatta e assorta come “I vecchi”, potenziano un’italianizzazione del verbo Eels, “Io non amo nessuno”, con un intermezzo d’interferenze elettroniche e sax rumoroso. Risultato di un ritiro a Cosenza di mesi, eppure scritto di getto e registrato in quattro giorni. In effetti, con un pochino di fantasia, il disco vanta la progettualità istintiva del jazz. La parte del leader però stavolta l’hanno i comprimari e il gioiello lo danno i lussuosi rivestimenti, colorati, coinvolgenti, ricercati. Le canzoni, sì istintive e sì impegnate (migranti, recessione, lavoro), in transizione oltre le rime baciate del suo passato, sono scheletri che spesso svaniscono in fantasmi. C’è davvero spazio per Secone solo in “Camarda”, disamina, salacemente deandreiana, di nuovi perdenti (Michele Saran 6,5/10)


criarafouCRI + SARA FOU – Non siamo mai stati (2018, Sciopero Records)
folk-pop, fingerpicking

Una chitarra e una voce che ti penetra sin nell’anima, nient’altro: inizia così “Il vizio”, brano che inaugura l’esordio del duo acustico formato da Cristiano Soldi (chitarra) e Sara Bronzoni (voce). Non è affatto facile, devi avere stoffa per riuscire a costruire un’atmosfera emozionante con così poco. “Non siamo mai stati” contiene undici tracce nelle quali il fingerpicking s’incrocia con un songwriting in grado di unire magicamente tradizione folk e orecchiabilità alt-pop. Disco per gran parte malinconico (“Ciliegio”) ed evocativo (la strumentale “Song For Pietro”), ma non privo di slanci rabbiosi, come nella chiusura di “Nei due passi” e in alcuni frangenti de “La linea della lama”, opportune deviazioni da un percorso altrimenti tranquillo e riflessivo, un apparato unplugged farcito da tanti strumenti e ospiti. Importante il contributo di Paolo Enrico Archetti Maestri (Yo Yo Mundi), che oltre a registrare e produrre, aggiunge qualche chitarra e mette la voce in “L’ennesima canzone sul tempo” (per la quale è anche autore) e “The Last Waltz” (Claudio Lancia 6,5/10)


cordeobliqueCORDE OBLIQUE - Back Through The Liquid Mirror (2018, The Stones of Naples)
neoclassical, neofolk

Il progetto dei Corde Oblique nasce da un'idea del musicista campano Riccardo Prencipe che cerca di unire a uno sguardo rivolto verso il passato un approccio innovativo nel tentativo di aggiornare continuamente al presente le tradizioni della musica popolare. Molto apprezzati sopratutto all'estero (sono tra i primissimi italiani in tour in Cina), propongono il nuovo "Back Through The Liquid Mirror" che è un compendio della loro carriera iniziata nel 2005, con una serie di riproposizione di vecchi brani rivisti in modo da assumere nuova vita e potersi quasi considerare inediti. Molto melodici in certi momenti, molto vicini alla tradizione folk in altri; spicca la cover degli Anathema ("Flying") e una certa attitudine dark che gli ha permesso di esibirsi in passato in un'edizione dello storico Wave Gothic Treffen (Valerio D’Onofrio 6,5/10)


leonardogallatoLEONARDO GALLATO - Tacet (2018, autoproduzione)
songwriter

Cantante e chitarrista, ma la prima pubblicazione del giovane ragusano Leonardo Gallato è puramente letteraria, una silloge poetica, “Silenzi” (2015), con componimenti in italiano e dialetto. La raccolta designa comunque le fondamenta estetiche del suo debutto come cantautore: “Tacet”. Vincono i pezzi cantati in siciliano stretto, non soltanto perché più veraci ma anche e soprattutto per la solida confidenza con cui l’autore li espone e plasma. “Vientu”, taranta tradizionale, è resa nevrosi acid-rock Hendrix-iana, e - pur meno sapiente - la ballata “Matinata” è un cumulo di balbuzie Mark Lanegan-iane. L’autore persino flirta con caos e cacofonia: le intonazioni classicheggianti di “Canzuni pi Giuda ‘scariota” sfociano in uno splendido intermezzo d’improvvisazione collettiva dissonante e in un numerino di sole percussioni free-form (“‘Nto Puzzu”), e il divampante “Notturno” da ampia meditazione solitaria per canto e strimpelli acustici si fa nuova sortita free-jazz. Buona chiusa in tono ramingo, “Saluti”. La trasposizione da poesia a musica delizia e ferisce e il disco ha i suoi contro, insidiosi difetti da opera prima giovanile. I cambi di stile, sovente verso l’intrattenimento leggero anziché nello scavo lirico, gli svarioni linguistici che coincidono con più di qualche canzone blanda (“Giuro tutto ma non di essere sincero”, “E la bedda”, “Comu ciova ciovi fora”), e un andazzo lento con ritmo impreciso, lo fanno anche confuso e incerto. Bei sax, soprano e tenore, di Giulio Gianì. Primo singolo con video: “Vientu”. In copertina un acrilico di Federica Sessa (“A maccia ‘i alivi”) (Michele Saran 6/10)


quadrosonarQUADROSONAR - Fuga Sul Pianeta Rosso (2018, Phonarchia)
techno-rock

Già fondatori dei Blacklies, i toscani Francesco Thomas Ferretti, voce e tastiere (e principale compositore) e Salva La Bella, batteria, proseguono col progetto Quadrosonar affiancati dalla chitarra Matteo Quiriconi e dal basso del turnista Matteo De Lucia. Il debutto “Fuga sul pianeta rosso” intrattiene lo spazio di quattro canzoni, con qualche addenda. Attacca con una creazione strumentale del solo Ferretti, un’atmosferica chillout elettronica, “Ammartaggio”. Coerentemente, detto clima prosegue nella ballata a mezza voce con sitarismi di “Can che abbaia”, che a sua volta prosegue nel flusso di coscienza, con tutti gli smarrimenti e i nervosismi del caso, di “Cosa resta di me”. Questa sequela culmina quindi nella temperatura più Nine Inch Nails via Subsonica, “Zero”, correttamente morbosa e ballabile. Produzione di Marco Ribecai e Claudio Marziale: democratica, non avventurosa, minimizza le già rade succosità, il tocco degli strumentisti e l’interplay a tratti virtuoso (spezie di jam fusion in “Lunasia”), le tentazioni sperimentali e la velata sbrigliatezza (la chiusa di “L’apatia sociale”). Nella seconda tranche di canzoni la disputa sta invece tra melodramma Negramaro-sanremese e logorrea dei testi (spesso furbamente social). Non proprio scadimento: è l’altro lato della medaglia (Michele Saran 5,5/10)


gioevanGIO EVAN – Biglietto di solo ritorno (2018, MarteLabel)
alt-pop, songwriting

Gio Evan, classe 1988, nasce come poeta e scrittore: il suo più recente volume, “Capita a volte che ti penso sempre” è stato edito lo scorso anno da Rizzoli. Ma il piglio da artista di strada lo ha presto fatto dirigere anche verso il mondo delle sette note. “Biglietto di solo ritorno” rappresenta l’esordio discografico, un doppio album diviso nettamene in due parti. Il primo Cd raccoglie nove tracce nelle quali Gio si mette in scia a Calcutta e ai tanti giovani cantautori che stanno raccontando in questi anni piccole storie di provincia cronica. Il secondo dischetto contiene dieci poesie declamate su musiche di Giampiero Mazzocchi. Cinque di queste sono tratte da libri già pubblicati, altre cinque sono inedite. Le donne sono quasi sempre al centro della trattazione, donne da conquistare (ad esempio con “Il trucco dell’aperitivo”) o che si stanno perdendo. Nel libretto interno Gio mostra di essere un instancabile viaggiatore, in quello che scrive dimostra un modo personale di utilizzare le parole. E’ già un artista con un buon seguito, ma il grande salto - musicalmente parlando – per ora è parzialmente rinviato. Il rischio è che si stia inserendo in una nicchia già molto affollata: un peccato perché avrebbe i numeri per tentare strade ben più singolari e caratterizzanti (Claudio Lancia 5,5/10)


bonetti_01BONETTI - Dopo la guerra (2018, Costello’s)
songwriter

Forte di un tour abbastanza intensivo che lo ha portato anche ad aprire i live di artisti di grido, Maurizio Bonino, alias Bonetti, casa e base operativa a Torino, riprende le fila del suo discorso col breve “Dopo la guerra”. E’ un affare dichiaratamente riflessivo, nei refrain ariosi su passi un po’ “Harvest” e un po’ hip-hop (“Correre forte”, “Cosa mettono nei muri”), nelle imitazioni Battisti-iane (“Dobbiamo tirar fuori qualcosa”, molto alla “Amarsi un po’”), ma anche scattante e un po’ più duretto, tra guitar-pop e techno-pop, a toni alti (“Eleonora”, la gag “Gerani”). Limitato neo-melodico “indie” all’italiana in cui più o meno tutto funziona: spontaneità negli arrangiamenti (Fabio Grande) giusto un po’ più elettronici del debutto “Camper” (2015), testi di soliti citazionismi e decadentismi amorosi, sciolta cadenza canora da Samuele Bersani della porta accanto. Non suonassero come un puro diversivo, ci sarebbero anche ambizioni da cantautore impegnato: “R.”, “E’ guerra” (Michele Saran 5,5/10)


itraditori.I TRADITORI - Delicato (2018, Libellula)
alt-pop

Quartetto dell’entroterra forlivese-cesenate fondato nel 2013, Matteo Cavallini, Loenardo Forcelli (il nucleo originale), Federico Valgiusti e Francesco Ricci, I Traditori debuttano con un Ep, “Novità” (2015). Il loro primo lungo “Delicato” raccoglie definitivamente i loro sketch: i vaudeville alla Cars di “Povero sfigato” e “Parquet”, quelli guidati dalle pianole di “Coriandoli”, “Le carezze” e “Botero”, e il pop-core “Le donne”. Più ingolfate le ballad (“Lignano”). Piacevole e innocuo revival power-pop, synth-pop e lo-fi con spunti di satira di costume generazionale per millennials e qualche birichinata d’arrangiamento. Produzione: Andrea Cola e Michele Bertoni, il rinomato animatore degli Aidoru (Michele Saran 5/10)

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Discografia

AUTUNNA ET SA ROSE - Entrelacs Du Reve (2017, Atmosphere Records)
MASSIMO SILVERIO - Le Retour Du Zéphyr (2017, autoprodotto)
ALEX BANDINI - Milleluci (2018, La Lumaca Dischi)
CRI + SARA FOU – Non siamo mai stati (2018, Sciopero Records)
CORDE OBLIQUE - Back Through The Liquid Mirror (2018, The Stones of Naples)
LEONARDO GALLATO - Tacet (2018, autoproduzione)
QUADROSONAR - Fuga Sul Pianeta Rosso (2018, Phonarchia)
GIO EVAN – Biglietto di solo ritorno (2018, MarteLabel)
BONETTI - Dopo la guerra (2018, Costello’s)
I TRADITORI - Delicato (2018, Libellula)
Pietra miliare
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