Electro/club primavera 2020

Undici Ep/12'' a portata di club

Se altri generi e settori hanno assistito negli ultimi tempi a una riscoperta massiccia dell'Ep, specialmente come formato di lancio e promozione di nuovi talenti, nondimeno l'intero mondo dell'elettronica da dancefloor ha sempre tenuto in estrema considerazione il formato, a tutt'oggi considerandolo il veicolo principe per la diffusione di nuove tracce e l'emersione di talenti freschi, che possono costruirsi così una solida platea in attesa di progetti a più ampio respiro. Pratico e versatile a sufficienza per essere impiegato nelle più svariate occasioni, col vantaggio di fornire una prospettiva più ampia rispetto alla traccia sciolta, il tanto amato dodici pollici continua a essere la merce di scambio preferita tra gli appassionati di club-culture, un mezzo comunicativo tanto affascinante quanto estremamente dispersivo, specialmente nel mare magnum discografico attuale. Per mettere un minimo di ordine in un universo distributivo spesso fin troppo caotico, il seguente articolo prova a fornire una selezione dei migliori Ep/12'' usciti nel precedente quadrimestre, sondando tra nomi di culto, chicche per intenditori e nuovi talenti in cerca della ribalta. Senza gerarchie e preferenze particolari, le più stuzzicanti novità in materia di house, techno, electro e dintorni, pescate dai più svariati angoli del globo. Now dance, dance, dance till you drop!

Asmara – Deviant Eyes (self-released)


adeEmersa di prepotenza come membro del duo Nguzunguzu, e da allora avventuratasi in una serie di fortunate sortite soliste, come di fruttuose collaborazioni (la più rinomata l'anno scorso per l'eccellente mix “Aquaphoria” in compagnia di Kelela), Asma Maroof è personalità curiosa, sfuggente, che segue le proprie traiettorie e le applica con un approccio del tutto singolare. La complessità del suo linguaggio si esprime in due tracce dense, sintetizza le più disparate direttrici stilistiche in un mix fluido, avvincente, dal tocco teatrale, in cui levigati sample r&b convivono con i più efferati trattamenti produttivi, in cui anime bass e richiami dancehall individuano nuovi tracciati ritmici. Oltre le limitazioni e i cliché di tanta club-music decostruita, un uno-due che rammenta tutto il fuoco alla base della musica di Asmara. Speriamo che un progetto più corposo giunga presto. (Vassilios Karagiannis)

Axel Boman – Eyes Of My Mind (Studio Barnhus)

abeommDiciotto minuti suddivisi in due sole tracce: è quanto basta perché Axel Boman espliciti tutto il suo talento, e faccia capire che fondatori di un'etichetta, specialmente se dotata di un'estetica netta, non lo si diventa per caso. Ultimo singolo per il co-patron dello Studio Barnhus, vede il producer svedese dipanarsi nella title track tra morbide pulsazioni house, gentili campionamenti vocali (estratti da una delle varie versioni dello standard bluegrass “20/20 Vision”) e ovattate dinamiche d'atmosfera, giocate su sfumati contorni melodici e avvolgenti loop di basso. Laddove la delicatezza si sposa ad un affascinante contesto club, in “Echoes Of My Mind” abbandona ogni elemento ritmico e ai beat sostituisce una cullante progressione ambient, tanto avvincente nella sua spazialità quanto consistente all'ascolto, prisma sonoro che rimanda a maestri del settore come Orb e Banco De Gaia. Diciotto minuti, ma più che sufficienti per non smettere di tessere le lodi dell'etichetta svedese. (Vassilios Karagiannis)

Baronhawk Poitier - Temperado Tornado (Honey Soundsystem)

bpttSe la vostra idea di club fa rima con "scuotere il culo", allora non c'è davvero niente di più travolgente di "Temperado Tornado", la traccia d'apertura che dà anche il nome all'intero Ep: un forsennato ritmo jungle, tamburi, campanelle, fischietti e percussioni ovunque, coltellate di ottoni campionati, energia, sudore ed eccitazione per le infinite possibilità che si aprono nella mente di chi finalmente trova il coraggio di lasciarsi andare. Del resto, oltre a fare il Dj e suonare le percussioni, Baronhawk Poitier è pure un provetto ballerino con forti legami alla scena delle ballroom e delle warehouse frequentate dalla comunità queer afroamericana, luoghi dove l'idea di movimento del corpo nasce dalle viscere. In linea con altri lavori del collettivo Honey Soundsystem, Poitier si lascia anche andare a imperscrutabili atmosfere ambient-techno dove ritmo e tessiture elettroniche viaggiano di pari passo ("Phakie Phatty"), fluttua come una farfalla su eterei pads in aria dream-house anni 90 ("Lowside Heights"), e poi riparte in quarta su un finale dove sbavature techno e pennellate di synth trasformano la pista da ballo in un gigantesca chiesa laica per favorire una sorta di raccoglimento spirituale ("Gasp & Grasp"). In sole quattro tracce per venti minuti di durata, Poitier ci regala un ascolto ricco e variegato montato con l'attenzione tematica di un long playing. Semplicemente irresistibile. (Damiano Pandolfini)

Christopher Rau – The Keys (Smallville)

crtkÈ un raffinato gioco di contrasti, quello che anima l'arte di Christopher Rau. Da un lato troviamo le morbide tessiture di synth, i richiami melodici, le tastiere levigate, sofisticate, che ne hanno elevato lo status a nome di culto della deep-house più ricercata. Dall'altro i bassi propellenti, i beat martellanti, le progressioni technoidi, ad esibire gli aspetti più muscolari, aggressivi, dello stile del producer tedesco. Con questo pugno di velluto Rau assesta cazzotti che contagiano il corpo e la mente: “Slu Terms” innesta groove psichedelici e minute armonie electro sotto ad una vibrante scansione techno, quasi a riprendere il mood pensoso del morbido pianismo di “Who Am I”. E se la title track tira un colpo mancino, giocando su un terreno molto meno attento al dualismo timbrico, “Beamer” si avventura nel corpo della dub-techno, adattandone il senso ritmico alla luce di plastiche forme deep, degne del migliore Galcher Lustwerk. Il replay è pressoché assicurato. (Vassilios Karagiannis)

DJ Lycox – Kizas do ly (Príncipe)

dlkdlPer chi conosce la Príncipe, sa bene come l'etichetta lisboneta abbia maturato nel tempo una visione dalla duttile, ma rigorosa chiarezza, tesa ad esaltare il lato più creativo e incompromissorio della fervida diaspora lusofona. In questo senso, un Ep come “Kizas do ly” potrebbe quasi sembrare un gioco al ribasso, se non fosse che nel suo approccio pensoso, finanche romantico, DJ Lycox (autore di un disco chiave per la batida quale “Sonhos & pesadelos”) spinge la ricerca della label verso territori insondati, verso una dolcezza inconsueta, mai però stucchevole. Prendendo spunto dal tocco fluttuante della kizomba, il producer escogita quattro brani di suadente, gentile levigatezza, strutturati quasi come vellutate romanze al tramonto. “Hábitos” ruba la scena, con le sue striature di archi e il suo tono sospeso, perso nei propri pensieri. Anche “Babygirl”, con richiami più vicini al contesto lisboneta, gioca con evidenti costruzioni narrative e un'ambience diffusa, che ammorbidisce a dismisura il pattern ritmico. Come un cantastorie contemporaneo, DJ Lycox racconta e si racconta in un amabile poemetto, certificando lo stato di salute e la profonda personalità dei musicisti di casa Príncipe. (Vassilios Karagiannis)

Ilana Byrne - Strange Adventure (Naive)

ibsaHouse nell'accezione strumentale più pura e diretta del termine, ma anche house dedita ad un'intimità al contempo rilassante e concettualmente pensata. L'americana Ilana Byrne offre un secondo Ep di candide esplorazioni elettroniche dove al ritmo sostenuto si associano vellutate linee di basso, sample di ritmo riarrangiati in eleganti cut&paste, e tastiere che accarezzano le orecchie come una brezza di chillout balearica. Quattro tracce inedite (la conclusiva "Lemme C U Squiggle" dispobinile solo nella versione digitale) tutte sopra i cinque minuti abbondanti di durata, per aiutare la mente a staccarsi dal presente e salpare alla volta dell'immaginazione. Il lavoro viene impreziosito da un'ulteriore versione remix di "Theoretic Medical Genitals" a cura di Russell E.L. Butler, che trasporta il brano oltre gli otto minuti tramite ciclici inserti dove la composizione si prosciuga su ritmi ridotti all'osso, salvo poi riprendere lentamente la corsa su un ipotetico prato fiorito. Un ascolto sicuramente uniforme e a tratti imperscrutabile, ma che trova nei suoi bordi sfocati il proprio punto di forza. Un invito a lasciarsi andare, insomma, da dietro ai piatti Ilana Byrne ispira comunque fiducia. (Damiano Pandolfini)

India Jordan - For You (Local Action)

ijfyLa foto del volto di India Jordan sulla copertina di "For You" è stata scattata nei bagni del Dalston Superstore, storico locale dell'Est di Londra che ospita quelle frange di comunità queer rimaste ai margini della scena gay mainstream tutta muscoli e jockstrap di Soho, Clapham e Vauxhall. Curiosamente, la traccia d'apertura "I'm Waiting (Just 4 U)" si basa su un'idea di disco music che più gay non si può, ma che India riassembla in un concitato cut&paste dove voce femminile e giro d'archi vengono compressi e incastrati tra di loro in un inestricabile tessuto ritmico. Anche la successiva title track segue la stessa formula: un sample vocale ripetuto ad libitum al punto da diventare parte intergrante del ritmo mentre i beat avanzano spediti - quasi un rimodulare le solite hit scuotichiappe per un pubblico dalle esigenze sensibilmente differenti. Ma l'idea di scattarsi una foto in un cesso non è casuale; il bagno è anche un luogo di raccoglimento durante una serata particolarmente intensa, nonché necessario porto sicuro per espressioni d'amore in libertà, quindi una traccia come "Emotional Melodical" tocca le corde dell'intimo rallentando la corsa per andare a pescare nell'ambient. Con "Rave City", "Westbourne Ave" e "Dear Nan King" il ritmo torna a invigorirsi sfociando in istanze trance e drum'n'bass per riagitare la pista, la sapiente mano di India controlla le manopole con eleganza. Un ottimo Ep, capace sia d'intrattenere una folla danzante che soddisfare l'ascoltatore solitario. (Damiano Pandolfini)

Kouslin – 2020 Vision (Livity Sound)

ktvE se il futuro non volesse seguire l'accelerazione a tutti i costi? Se preferisse piuttosto placare i toni e dimostrare che anche una relativa lentezza può farsi carico di scenari altrettanto intriganti/destabilizzanti? Approdato alla Livity Sound di Peverelist, Kouslin sembra voler fornire la risposta a tali quesiti: in quattro pezzi dalla solida, matura composizione, il producer londinese sostituisce l'aura techno propria della label col calore al rallentatore del dembow giamaicano, qui sfruttato in un ampio ventaglio di potenzialità. Che sia immerso in glaciali atmosfere sintetiche (la title track), che si esalti attraverso sottesi melodici in maggiore (l'esuberanza di “Sharper”) o prenda addirittura scie technoidi (opportunamente rilette in chiave digital-dancehall, vedasi la sponda agli Equiknoxx nella splendida “The Beast Of Bolsover”), l'esperto producer (gestore dell'etichetta Le Chatroom) sa come infondere nerbo e carattere ai propri tracciati, mai movimentati oltre il dovuto ma sempre dotati dell'opportuna personalità per risaltare (“Ice” e la sua trafficata cornice ambient). Quattro proiettili midtempo, pronti ad assaltare la vostra giugulare. (Vassilios Karagiannis)

Osheyack – Memory Hierarchy (Svbkvlt)

omhDagli Stati Uniti alla Cina, alla corte della Svbkvlt, per scardinare ogni forma di consuetudine. L'esperienza di Osheyack con l'etichetta di Shanghai ha già avuto un interessante prémiere con “Empty Hell”, che abbinava una cruda cornice hardcore alle più consuete matrici post-club della label, adesso però matura in un linguaggio di avvincente complessità, in cui il tocco della produzione abbraccia un'apocalittica dimensione orchestrale.“Liar's Dividend” raggiunge l'oscurità della techno industriale di Tzusing ma ne amplifica il feeling apocalittico a dismisura, tra raffinate cavalcate in odore di gabber, melodismi orientaleggianti, singulti umani, atti a disperdere ogni parvenza di umanità in un violento magma digitale. Se “Mutual Shaping” accentua il taglio industriale attraverso una singhiozzante progressione glitch (che i distortissimi contributi umani portano ad un nuovo livello di alienazione), “Tertiary” disintegra ogni difformità di spazio-tempo, fondendo la minacciosa aura propria del gqom con sovratoni “celtici” e un bizzarro taglio marziale. In un'etichetta dal roster di notevole livello, Eli Osheyack consegna quello che è forse il suo prodotto più emozionante. (Vassilios Karagiannis)

Park Hye Jin – How Can I (Ninja Tune)

phjhciDalle parti della Ninja Tune non è mai mancato il fiuto: avvedutasi del discreto culto affermatosi attorno al primo “If U Want It” (complice anche una bomba deep come “I Don't Care”), l'etichetta non ci ha pensato due volte prima di accogliere Park Hye Jin sotto la sua ala, ed includere nel suo roster uno dei nomi più stuzzicanti della ricchissima scena house made in Korea. Là dove il primo Ep disperdeva molto del suo potenziale in strutture ripetitive e timbri abusati, “How Can I” si spinge decisamente più in là, e gioca con gli umori e i contrasti con una freschezza totalmente nuova. Se la morbidezza di velluto del singolo “Like This” potrebbe far pensare ad un avvicinamento ai disegni ambient-tronici di Yaeji, i beat escogitati per il disco parlano di una crescita nella gestione dei spazi e del ritmo, tale da affrontare in scioltezza tracciati techno (“Can You”, infusa di commenti hip-hop) e strutture jungle-house, modulate con sorprendente acutezza (“NO”). La voce, priva di molta della spigliatezza rap dell'esordio, si riscopre sospesa, cullante, invitando all'ascolto di un progetto maturo, ben più travolgente e aspro ma mai indisponente. (Vassilios Karagiannis)

Yak – Dire Hit (3024)

ydhÈ tutta una questione di ritmo, nei progetti di John Randall: complicato, intricato a dismisura, sorprende ad ogni battuta, gestendo pattern in costante mutamento, che dalle fondamenta drum'n'bass si diramano nelle più disparate direzioni, flirtando con ogni genere a portata di mano. Di nuovo sotto la 3024 di Martyn, il producer di Sheffield dà prova di carattere, in tre pezzi che ne cementano il tocco altro, estraneo, capace di produrre beat diafani come vetro (le tastiere cristalline di “Esper”, sotto a cui il tappeto ritmico si contorce e si dilata, mantenendo un rapido passo jungle), oppure di includere cadenze jazzy, giocate su strambi accenti 2-step (l'introduttiva title track). In questa peculiare mini-rassegna, “Knothole” si spinge ulteriormente in avanti, addensando attorno ad una frammentata intelaiatura percussiva un'affollata cornice che riporta ai fasti della Warp anni Novanta. Raramente tre tracce sono sembrate così avventurose. (Vassilios Karagiannis)

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