Electro/club 2019

Dieci Ep/12'' pronti per il dancefloor

Se altri generi e settori hanno assistito negli ultimi tempi a una riscoperta massiccia dell'Ep, specialmente come formato di lancio e promozione di nuovi talenti (i nostri speciali sul soul/r&b parlano esplicitamente in tal senso), nondimeno l'intero mondo dell'elettronica da dancefloor ha sempre tenuto in estrema considerazione il formato, a tutt'oggi considerandolo il veicolo principe per la diffusione di nuove tracce e l'emersione di talenti freschi, che possono costruirsi così una solida platea in attesa di progetti a più ampio respiro. Pratico e versatile a sufficienza per essere impiegato nelle più svariate occasioni, col vantaggio di fornire una prospettiva più ampia rispetto alla traccia sciolta, il tanto amato dodici pollici continua a essere la merce di scambio preferita tra gli appassionati di club-culture, un mezzo comunicativo tanto affascinante quanto estremamente dispersivo, specialmente nel mare magnum discografico attuale. Per mettere un minimo di ordine in un universo distributivo spesso fin troppo caotico, Ondaquadra prova a fornire una selezione, a cadenza rigorosamente stagionale, dei migliori Ep/12'' usciti nel precedente trimestre, sondando tra nomi di culto, chicche per intenditori e nuovi talenti in cerca della ribalta. Senza gerarchie e preferenze particolari, le più stuzzicanti novità in materia di house, techno, electro e dintorni, pescate dai più svariati angoli del globo. Now dance, dance, dance till you drop!

Anastasia Kristensen – Ascetic (Arcola)

aka_01Tra le più affermate dj in quel di Copenaghen, la russa Anastasia Kristensen approda alla produzione con “Ascetic”, prima raccolta di brani autografi edita per la rediviva Arcola, sublabel della Warp rimessa in attività lo scorso anno. Per l'occasione non si fa trovare minimamente impreparata, mettendo anzi in risalto la sua esperienza dietro ai piatti in un Ep dalle grandi qualità sensoriali, costruito su intriganti evoluzioni e appaganti pattern ritmici, dai netti contorni techno e breakbeat. Proposta in una doppia versione, la title track fa un ottimo uso di hi-hat e micromelodie di campane in uno smagliante intreccio che riporta ai fasti dell'Idm anni Novanta (l'etichetta non mente), giocando su impalcature ritmiche del tutto difformi ma adatte a evidenziare la duttilità compositiva. Sinistre armonie minimali (“LXR Dream”) e martellanti progressioni in zona acid-techno (“Donni”) completano l'insieme di un debutto già molto interessante, frutto di una personalità che sa come muovere e coinvolgere senza bisogno di cadere nella troppa linearità. La attendiamo nuovamente al varco.

Cherushii & Maria Minerva – Cherushii & Maria Minerva (100% Silk)

cammcammIl 2 dicembre 2016 Chelsea Faith Dolan, già nota nell'universo club come Cherushii, perse la vita a causa di un incendio scoppiato nel Ghost Ship, spazio destinato a collettivi underground nell'area di Oakland, California. La collega di etichetta Maria Minerva, con cui nel frattempo aveva stretto una proficua amicizia e aveva viaggiato in lungo e in largo per gli Stati Uniti, in seguito alla morte dell'amica ha deciso di prendersi carico del suo ricco lascito discografico, di perpetuarne la memoria per gli anni e i decenni a venire. In un certo senso il mini-album qui presente, frutto di una collaborazione già avviata prima della dipartita di Dolan, funge da effettivo testamento dell'arte di Dolan, di un approccio raffinato e sinuoso alla house e più in generale alla club-music. Con Maria Minerva a fornire il commento vocale (talvolta fin troppo ipnagogico) alle suadenti tessiture della sodale, i sette brani del disco, offrono uno spaccato autentico delle potenzialità della producer, contesa tra la classicità del sound chicagoano, rimandi balearici (“Thin Line”) e più sofisticate cadenze jazzy/electro (il riadattamento di “Nobody's Fool”). Indubbiamente anche i testi di Minerva, sospesi tra la nostalgia, l'abbandono e il desiderio, accentuano il fascino della collezione. Anche così, il progetto permette di focalizzare ancora una volta il grande fiuto melodico di Cherushii e il suo straordinario pathos atmosferico, lasciandoci soltanto immaginare quale sarebbe potuto essere il suo futuro espressivo. Di certo, la sua è una legacy di peso.

Denis Horvat – Miracle Of The Rose (Afterlife)

dhmotrAnche quando è lontana dalle sperimentazioni puntiniste di Lorenzo Senni o dalle curiose cornici astratte di un TCF, la trance sa ancora essere esaltante ed estrarre dal cilindro momenti di assoluto pregio. L'ultima realizzazione del croato Denis Horvat (di stanza però a Copenaghen) ne è chiara attestazione. Vicino alla grinta irrefrenabile della trance teutonica anni 00, con un taglio techno che ne modernizza però lievemente l'assetto, il quartetto di tracce che compone “Miracle Of The Rose” è un intrigante saggio delle possibilità del settore, un tetris di cut club-ready dalla progressione lenta ma dall'intenso dinamismo, per niente timoroso della melodia (gli equilibri sintetici di “Royale”), come anche della voce (le ipnotiche cadenze di “Noise”). Anche nella semplice dimensione dell'ascolto, l'Ep sa regalare momenti di pura esaltazione.

DJ Fulltono – Before The Storm (Exit)

dfbtsSe pensavate che con DJ Rashad, Jlin e RP Boo il footwork avesse esaurito tutto quello che aveva da dire, probabilmente dovrete ricredervi con questa piccola, ma intensa pubblicazione della Exit, etichetta precedentemente nota nella diffusione dei nuovi linguaggi drum'n'bass. Portando alle estreme conseguenze la ricerca minimalista già insita nei nomi di punta della scena, il giapponese DJ Fulltono taglia corto su campionamenti e riferimenti mondani, mirando dritto all'essenza ritmica del genere. Nelle quattro tracce di “Before The Storm”, il producer tira fuori un campionario torbido ma agilissimo di possibilità ritmiche e texture frammentate, corredandole soltanto di qualche vago sentore atmosferico (“Keeper” l'episodio più rimarchevole in questo senso) o impercettibili nuance melodiche (l'introduttiva “Apache”). Un progetto dal minutaggio più corposo avrebbe permesso di saggiare davvero la tenuta del sound di DJ Fulltono, anche così però il nipponico mostra di sapere perfettamente cosa vuole e quali sono i mezzi per ottenerlo, testimoniando come il discorso attorno alle potenzialità del footwork sia tutt'altro che chiuso.

DVA x Gage – PIFFD (Keysound)

dxgpSe si segue la storia fornita da Scratcha DVA e Gage, il primo si sarebbe presentato all'appartamento del secondo in pieno stato di ubriachezza, per lavorare al brano che avrebbe poi rappresentato la title track del seguente Ep. Noti il primo per il suo approccio eterodosso, alieno, nei confronti del suo materiale, il secondo invece per un tocco abrasivo ma sempre club-friendly, con “PIFFD” i due uniscono le forze e realizzano un rapido campionario di grime evoluto e dalle volute sperimentali, contraddistinto da bassi penetranti, campionamenti martellanti e un senso del tutto decostruito della composizione. In “FLYTNURSE”, volendo, le cose si complicano ulteriormente, agguantando addirittura una dimensione noise, un netto contrasto al disegno baldanzoso, ma tutto sommato pacificato del pattern di base. Il remix di suddetto brano, teso a eliminare le interferenze rumoriste della versione originale, chiude un trittico di tracce dalla forza implacabile e dal tono contrastato, capace di far coesistere atmosfera e caos in un unico abbraccio. Andare di replay è un attimo.

Konduku – Gegek (Nous'klaer Audio)

kgIn tempi che vedono l'elettronica trasformarsi in materia (giustamente) sempre più globale, affidata a producer che celebrano e rinnovano le tradizioni più profonde delle proprie terre, il nuovo prodotto di Konduku potrebbe quasi perdersi nella calca. Il condizionale è d'obbligo, dacché in “Gegek” c'è troppo affinché un prodotto del genere finisca nel mare magnum del contemporaneo sistema distributivo. Ispirandosi ai suoni e alle bellezze naturali dell'originaria Turchia, Ruben Üvez concepisce un prodotto dalla natura difforme ma profondamente suggestiva, in cui ritmi frammentati di stampo tech-house si inseriscono in raffinate cornici ambient e serpeggianti matrici folk. Se è vero che talvolta il versante ritmico rischia di prendere troppo il sopravvento, nondimeno il producer sa come tenere a bada le più convenzionali pulsioni club, incanalandole all'interno di una visione che sa come coinvolgere senza rinunciare alla fantasia e a un gusto (del tutto obliquo) per l'accento melodico e il fascino del contesto. Alla volta di un nuovo album, la forza della sua immaginazione saprà brillare in maniera ancora più netta.

Nihiloxica – Biiri (Nyege Nyege)

nbSia sempre lodata la Nyege Nyege, per aver portato sotto i dovuti riflettori un intero universo di sonorità, contesti e produttori, così trascinanti da infuocare anche il più statico dei party. Frutto dell'incontro tra il batterista britannico Spooky J, il tastierista Peter Jones e il collettivo di percussionisti ugandesi che compongono il Nilotika Cultural Ensemble, il progetto Nihiloxica è tra i nomi di punta dell'etichetta di Kampala, un combo che fonde i retaggi più profondi della regione di Buganda con mezzi produttivi sofisticati e pienamente contemporanei. Il tutto, al fine di costruire un nuovo linguaggio dance, globale e allo stesso tempo specifico della realtà territoriale in cui è stato concepito. Seguito dell'omonimo Ep del 2017, “Biiri” vede la compagine affilare in maniera netta gli strumenti a propria disposizione, offrendo un quartetto di brani che scavano con maggiore robustezza (a momenti con un tono addirittura industriale, si vedano le abrasioni sintetiche di “Ding Dong”) nelle potenzialità del proprio sound, portando alle estreme conseguenze la ricerca su ritmi e texture già avviata con successo nel precedente lavoro. Incentrandosi ulteriormente sulla ricca eredità del territorio, il nuovo progetto testimonia il passaggio verso un'estetica più cupa e minacciosa, scandita da grandiosi poliritmi, inattesi crescendo (il finale di “Baksimba”) e potenti staffilate sintetiche, in un'unione tra mondi e culture qui espressa con accresciuto convincimento. Semplicemente irrinunciabili.

nthng – Shine (Transatlantic)

nsGià messosi in mostra due anni or sono con l'affascinante “It Never Ends”, corposa collezione che metteva in risalto notevoli inclinazioni dub-techno, l'olandese nthng torna a palesarsi nel 2019 con “Shine”, breve dodici pollici in cui approfondisce ulteriormente la propria passione per sonorità affini all'universo dub. Più soffuso e atmosferico di altre sue manifestazioni, l'ultimo Ep del producer affonda le unghie nella carne della ambient quando non della psichedelia (la conclusiva “Atom” a mimare una sonnacchiosa ballata acida, con tanto di battiti di pioggia e canti di uccelli), rallentando ulteriormente i battiti o lasciandone soltanto una vaga impressione, un lontano ricordo. Ne deriva un ascolto vibrante e suggestivo, il cui lento dinamismo non impedisce alle sue tracce di mettere in mostra il proprio sfavillante ventaglio espressivo. Nel suo lento dipanarsi, strutturato a evocare una flemmatica trance, nthng trova nuova linfa vitale per la sua creatività, pur nel rispetto di un'estetica già da tempo definita.

Slikback – Tomo (Hakuna Kulala)

stCo-fondatore della stessa etichetta attraverso cui pubblica i suoi dischi, il kenyano (ma di stanza a Kampala) Slikback punta attraverso la Hakuna Kalala a obiettivi simili rispetto alla già più lanciata Nyege Nyege, diffondendo nel mondo la creatività di artisti dell'Africa dell'Est, contraddistinti da un approccio polivalente e da un sound comunque vicino a un contesto da club. Con “Tomo”, secondo Ep nell'arco di un biennio, il producer si getta a capofitto nell'abbraccio di un'estetica densa, perturbante, che non teme di sconfinare nella più violenta industrial-techno (“Rage”, con un titolo che è tutto un programma), o di intorbidire i confini tra footwork e gqom, esaltandoli entrambi pur nel rispetto dei contesti originari (“Sonshitsu”). Se “Kyokai” si avvicina alla lancinante precisione avantgarde di Nkisi, “Zuhura” è invece techno parcellizzata e in scia glitch, stracolma dell'oscurità ipnotica di casa Sandwell District. Ricombinante e in piena evoluzione, la produzione di Slikback promette scintille per il futuro prossimo.

Tomi Chair – Tropical Imagination (Scissor And Thread)

tctiPubblicato dall'etichetta personale di Francis Harris, “Tropical Imagination” è un progetto che tiene fede alle premesse esplicitate sin dal titolo, distribuendo nell'arco dei suoi ventisette minuti delicate carezze house e appaganti divagazioni ambientali, dal tono fresco e lussureggiante. Nome d'arte del giapponese Tominori Hosoya (che non esita a sfruttare per il brano d'apertura del lato B, perlustrazione esotica sulle scie di un esile commento di pianoforte e percussioni “tribali”), Tomi Chair si inserisce con classe e disinvoltura nel peculiare microcosmo coniato dalla Scissor And Thread, intercettando con facilità quel sottile crinale che unisce e allo stesso tempo separa club-music e composizione atmosferica, il ritmo e la sua simultanea assenza. La chiusura, affidata a un remix di “Heat Exhaustion” curato dallo stesso patron dell'etichetta, è forse il migliore suggello possibile all'ineccepibile duttilità espressiva del producer nipponico, di una raffinatezza di tocco che sa alterare il proprio assetto con minimi spostamenti di tono, suadenti variazioni di registro. Levigato e appagante.

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