IAMX

IAMX

Diventando X

Reduce dall'electro-pop/post-trip-hop degli Sneaker Pimps, band fondata nel 1995 insieme a Liam Howe, Chris Corner da Hartlepool (nordest della costa inglese) forgia il suo progetto più interessante: IAMX (I am X), tra dark-electro e attitudine dance. Un'esperienza che, mescolando abilmente musica e marketing, ha attirato alla sua corte un consistente drappello di fan

di Giulia Quaranta

Quando si pensa a Chris Corner, si è soliti andare con la mente agli Sneaker Pimps, band electro-pop/post-trip-hop che lo stesso fondò nel 1995 insieme a Liam Howe. Siamo a Hartlepool, sulla costa inglese nord-orientale, in cui Corner cresce in una modesta famiglia della working class, circondato da sorelle e donne molto forti, che influenzeranno la sua crescita in fatto di sensibilità.
L’esperienza coi Pimps gli sarà di grande aiuto per la sua formazione tecnica e come performer. Nasce infatti dalle ceneri dell'ex-band il progetto solista di Chris Corner, senza dubbio di gran lunga più interessante, anche se meno fruibile rispetto ai ritmi facilotti – ma comunque godibili - degli Sneaker Pimps. Stiamo parlando del progetto IAMX (I am X), che vede la luce nel 2004 con l’Ep Your Joy Is My Low, contenente quattro pezzi che già lasciano presagire il mood bipolare e vagamente noir che il nostro porterà a compimento più in là. È già però possibile avvertire una sensualità portata all’estremo, svincolata da convenzioni sociali e da business discografici, in una libertà espressiva che è poi il fine ultimo di IAMX.
Portavoce della chiave interpretativa del sound di Corner all’interno di questo primo Ep è “You Stick It In Me”: la parte elettronica si fa più pesante e spigolosa, andando a coagularsi laddove ci si spinge troppo in là con lo sperimentalismo di chiara matrice industrial e con i primi abbozzi di dark-cabaret, poi divenuti marchio di fabbrica del suo stile. Un falsetto sottilissimo, che può ricordare il Bellamy meno tamarro. C’è poi un’evidente analisi del mondo dentro e fuori di sé, il che non stupisce se lo stesso Corner si definisce un osservatore ossessivo. “È come avere un noioso ronzio nelle orecchie che non posso fermare”. Un ronzio che lo porta addirittura a pensare alla morte come a un desiderio di liberazione dai frattali di tetra ipocrisia che dominano i rapporti tra le persone, sempre e necessariamente costruiti (“I Like Pretending”), così come l’amore, visto nella sua accezione più triste e desolante, nella splendida ballata “This Will Make You Love Again”, un classico tra i fan.

Un Ep che costituisce un primo abbozzo della dichiarazione di poetica del rinato Chris Corner, ma che ancora si staglia troppo su ballate electro tormentate da un’emotività esplicita. Un’omogeneità che alla lunga potrebbe stancare, dunque. Anche se si tratta solo di un assaggio di quello che sarà il primo disco di IAMX, Kiss + Swallow, il cui titolo già costituisce una dichiarazione di intenti. Intanto però CC scrive la soundtrack del film francese “Sky Fighters” (“Les Chevaliers Du Ciel”) e in alcuni brani collabora con la fidanzata Sue Denim delle Robots in “Disguise”. Ma è solo una piacevole parentesi - anche se pezzi come “Attack 61” fanno la loro pop-figura - prima di rigettarsi a capofitto nel suo progetto IAMX e nel nuovo album.
Inutile dire che si tratta di un lavoro che odora di sesso in ogni anfratto e il diafano electrowriter britannico questo lo sa bene, perciò non manca di infarcire i brani con sonorità palpitanti ad uso e consumo della sua vocalità lievemente androgina (“Sailor”, “Mercy”, “Heatwave”). Ma non trascura mai l’elemento emotivo (“Simple Girl”); difatti la build-up delle canzoni ha sempre un non-so-che di catartico, pur non perdendo mai la sua vena club-oriented. Perché la musica di IAMX si suona nei capannoni, nei pub, nei piccoli locali. Non esistono grandi concerti per IAMX. È un gruppo che necessita di vederlo in faccia il suo pubblico, di ballarci insieme, di condividerci la stessa idea di edonismo artistico senza pressioni di tempo o altro. E questo lo sa bene chiunque abbia visto Chris Corner cantare e suonare senza sosta, nei suoi vestiti neri e nel suo make-up dark-glam, accompagnato dalla fida Janine Gezang e dal resto della band. Sicuramente IAMX vive per la sua dimensione live.
Ed è in quella dimensione che si può tastare concretamente la differenza con artisti simili, come i Placebo –con cui condivide comunque una sorta di weltanschauung a livello di atmosfere-, i Noblesse Oblige, molto più new wave, per cui lo stesso Chris Corner ha girato il video di “Runaway” e, soprattutto, Patrick Wolf. Quest’ultimo senza dubbio molto più raffinato e, se vogliamo, patinato, oltre che molto più improntato al cantautorato; non meno intrigante ma più classy rispetto a IAMX, che poco si preoccupa, e anzi si fregia, di un suono più ruvido e grezzo. Tra l’altro, le somiglianze con il talentuosissimo licantropo iniziano a farsi sentire solo dal terzo disco di IAMX in poi, The Alternative del 2006, in cui Corner cerca di portare il suo sound un passo avanti.

Non riesce a pensare alla sua musica come un qualcosa di fine a se stessa, a una canzone come ad un’opera finita. Ed è per questo che, di volta in volta, riprende alcuni dei suoi vecchi pezzi, anche tra quelli registrati con gli Sneaker Pimps e li ricompone, li distrugge per poi riassemblarli, violentarli, iniettarli della sua vena torbida e oscura. In The Alternative, per esempio, assistiamo a una rivisitazione di “After Every Party I Die” e “This Will Make You Love Again”, in cui entrambi i brani vengono letteralmente spogliati dalle vesti più pesanti e caricati di una malinconia tutta nuova.
Ma questo è l’album in cui la vena compositiva di Chris Corner viene alla luce in tutta la sua bellezza pop. Perché, anche se è difficile catalogarne con precisione il genere, è indubbio che sia in grado di comporre brani estremamente catchy, annegati in un calderone electro-funk e talvolta synth-pop, come nell’eloquente singolo “Spit It Out”, nel cui video, girato a Berlino, compare anche la già citata Sue Denim delle Robots In Disguise (con un look che fa tanto Lady Gaga ante-litteram). Inoltre si mette a fuoco quell’attitudine dark-cabaret cui accennavo sopra, nel brano “President”, manifesto della surreale politica ed estetica di IAMX. E, tra vaghi richiami a Gary Numan e Depeche Mode, si approfondisce la tensione carnale e drogata tipica del suo sound, portandola su livelli di eccelsa potenza musicale ed evocativa (“Nightlife”, “The Alternative Sex”, “Bring Me Back A Dog”), per poi naufragare tra le coste della melodia più pura con “S.H.E.”. Un album, questo The Alternative, che costituisce il primo vero successo del progetto IAMX, che rimane però ancora celato al grande pubblico, nonostante un’attitudine a suo modo mainstream.

A novembre del 2008 viene pubblicata una versione live in copie limitate dell’album, Live In Warsaw, che riprende la performance per il Polskie Radio Program III, poi remixata dallo stesso Corner nei suoi studi a Berlino – dove nel frattempo si è trasferito - e infine pubblicata dalla sua etichetta indipendente, la 61records.

Nel maggio dell’anno successivo IAMX pubblica il suo terzo album, The Kingdom Of Welcome Addiction, che prosegue sulla stessa scia di The Alternative e, ove possibile, calca la mano. È il caso della carichissima title track, che farebbe impallidire i Muse più tirati, della struggente ballatona “I’m terrified”, delle nevrosi più industrial che mai di “An I For An I” e della poeticissima “Running”, uno degli apici più toccanti della scrittura di Corner, uguagliata solo dalla sorella “Quiet The Mind”, risalente però all’ultimo disco. Significative almeno altre due tracce: anzitutto il cabaret istrionico e sensuale di “Tear Garden”, accompagnato da un video che è tutto un chiaroscuro purificatore cui si sovrappone l’immagine di Corner e degli altri membri della band in vesti indubbiamente pittoresche. L’arte della musica che sposa quella visiva. E ancora la conturbante “My Secret Friend”, scritta e cantata insieme a Imogen Heap, cantautrice britannica di grazia smisurata, la cui particolare voce rende ancora meglio quello che è, a detta di Corner, il senso della canzone, ovvero il dar vita a queste due persone che vivono una romantica, e probabilmente segreta e incestuosa quanto psicotica, relazione. Il tutto ben rappresentato nel videoclip, diretto dallo stesso Chris Corner, che vede lui nelle vesti di una donna bionda e Imogen Heap in completo e occhiali maschili, quest'ultima in verità più credibile della sua controparte femminile. E sullo sfondo quei desolati e cupi paesaggi urban tanto cari al nostro.

Il 19 marzo 2010 viene rilasciata una versione dell’album totalmente remixata intitolata “Dogmatic Infidel Comedown Ok” (anagramma di “Kingdom Of Welcome Addiction”), contenente remix da parte di artisti come Alec Empire, Viva la Fete,Terence Fixmer, Combichrist e dello stesso Corner sotto lo pseudonimo di UNFALL.

Nell’aprile 2010 IAMX annuncia, tramite le sue pagine ufficiali di Facebook e Twitter, la lavorazione e la conseguente uscita del quarto album, inizialmente identificato appunto come “IAMX4” e poi ridefinito Volatile Times. E mai titolo fu migliore per un album che si pone come obiettivo quello di indagare la caducità delle vesti umane nello sconfinato e al contempo minuscolo spazio che ci è dato nel mondo, facendoci marciare sui cocci aguzzi di bottiglia di una città ridotta a polvere dalle becere idee che dominano l’umanità. Il disco più commerciale di IAMX ma anche il più complesso; una sorta di concept-album gravido di intuizioni, più riuscito in alcune parti, meno in altre. C’è un sapore impermeabile e straordinario che si avvolge intorno all’ascoltatore ogni qualvolta la musica di IAMX prende vita e in Volatile Times questa sensazione è più vivida che mai; una voluttà oscura, capace di strappargli gli abiti di dosso, ma è quasi drammatica. Ha un piacevole e smanioso retrogusto noir e nondimeno fumettistico. E Chris Corner con questo ci gioca. Ah, se ci gioca! Basti ascoltare la title track e guardarne il video, in cui il nostro si diverte nella parte di un Marilyn Manson dagli accenti fortemente glamster, e poi i soliti contrasti, veri punti chiave dell’estetica IAMX, qui si fanno ancora più turbolenti, con cori morbidi su parti vocali ruvide e fumose.
Le influenze altrui sono qui però più percepibili che altrove: in “Fire And Whispers” si avverte l’inconfondibile tocco à-la Depeche Mode, in “Dance With Me” ritorna il fantasma dei Nine Inch Nails, che già in precedenza aveva fatto qualche fugace comparsa e “Into Asylum” a tratti riporta alla mente i Blur caotici di “Blur” e “13”, ma in quest’ultimo caso probabilmente la somiglianza, sebbene venga naturale, è del tutto casuale. Perché in fondo è proprio in questo che sta l’ingranaggio della musica di IAMX: rivisitazione tutta novantina del sound eighties. Più i soliti, stravaganti outsider, che nel caso di Volatile Times sono “Bernadette”, episodio dark-burlesque che occupa lo stesso posto che “President” occupava in The Alternative, ma con una rilettura più bizzarra e ambigua, e “Music People”, che sguazza in un intrigante e pienissimo cocktail sonoro, fino alla folle accelerazione finale.

Intanto il progetto IAMX continua a lavorare a pieni ritmi. I fan sono aumentati dai tempi di Kiss + Swallow e Chris Corner non risparmia loro lettere scritte sul sito ufficiale e inviate tramite e-mail agli iscritti, nonché dediche, anticipazioni e fotografie sulla pagina Facebook e sul blog. Cd, gadget e t-shirt vengono vendute su Boutique IAMX, negozio indipendente e ufficiale della band. Tutto sembra fatto per incrementare l’empatia con quel pubblico che all’uscita del quinto disco di IAMX nell’ottobre del 2012 non avrà potuto che esultare. La grande novità per IAMX5 aka The Unified Field è la co-produzione di Jim Abiss, già al fianco di Corner nel disco d’esordio degli Sneaker Pimps, “Becoming X”, e di altri artisti come Mono, Adele, Editors e Ladytron. Sarà per questo che il sound dell’ultima fatica di IAMX non è mai stato così cristallino. Anche la voce di Corner viene purificata da un carico sonoro troppo pesante, ma tutto risulta pieno e avvolgente, curatissimo in una marea di glitches e tocchi di synth (e in questo “Walk With Noise” pare essere l’esempio perfetto).
Impossibile non notare la luce nuova di questo lavoro, che mostra ancora un altro versante della poetica creativa di Chris Corner: l’andamento cabarettistico e strampalato di “Animal Impulses”, l’impeccabile ariosità di “Screams” e il ricordo di un amore bruciato sotto cieli atomici della ballata semi-acustica “Under Atomic Skies”, tra gli episodi più significativi. Unico neo dell’intero disco proprio la title track, che vede il nostro passare dalle sue tipiche sonorità electroclash ad altre decisamente più danzerecce, il che non pregiudica però la qualità del brano in sé, che invero consta di una scrittura brillante. Il difetto del pezzo consiste nel suo essere estraneo al resto dei brani, al non amalgamarsi al mood complessivo dell’album. Fanno meglio gli altri due singoli: la tossica ballata “Quiet The Mind”, tra gli apogei di CC, e la bipolarità espressa con la doppia lingua (inglese-tedesco) in “I Come With Knives”, forte di una filastrocca in lingua teutonica inquietante e irresistibile al contempo e di echi electro-noise accattivanti, che avevamo già ascoltato in Volatile Times.

Appare chiaro, dunque, che se il progetto IAMX ha in porto di approdare al grande pubblico, questo potrà accadere con The Unified Field, che possiamo definire senza se e senza ma il disco della maturità per Chris Corner. Altrimenti, tanto meglio per la sua cerchia di fan, che potrà comunque continuare a godere della sua modernissima verve electro-dark, sempre in evoluzione, vero e proprio ossimoro musicale.

Trascorrono due anni da The Unified Field e intanto Chris Corner sembra affondare nei suoi soliti mali, la depressione e l'insonnia. Per qualche tempo gli balena nella mente che sia proprio la musica a causargli quel malessere, ad alienarlo e procurargli sofferenza. Soltanto dopo un periodo di terapia e il trasferimento da Berlino, dove viveva da sette anni ma divenuta ormai troppo oppressiva per lui, a Los Angeles, riuscirà ad emergerne. Il risultato dal punto di vista artistico è Metanoia, il primo disco ad essere registrato con serenità, senza la pressione del tour già prenotato e del manager col fiato sul collo. Il progetto IAMX riparte, dunque, e lo fa con stile: nel video di "Happiness" ritroviamo tutto l’universo che i fan di IAMX amano, ma espresso con più essenzialità rispetto al passato, nonostante la visionarietà lenta e manierista, quasi sorrentiniana, delle immagini. Sullo sfondo nero si staglia un volto anziano, grave, profondamente leonardiano, e già dai primi secondi si capisce che quello all’interno di Metanoia sarà un viaggio nella penombra, tra voci schizoidi e lusinghe di speranza.

Se con Volatile Times e The Unified Field si era fatta strada l’idea che IAMX sarebbe potuto diventare oggetto del grande pubblico, con Metanoia questa idea appare già più lontana. Nonostante la formula in sé non sia cambiata, sempre a cavallo tra elettronica ed acustica, i suoni, anziché farsi compiacenti, si chiudono, necessitando di più ascolti per essere colti appieno, e trovano il proprio baricentro melodico in un’elettronica convulsa, accompagnata da onnipresenti cori, veri e propri echi della voce dello stesso Corner. Non è un caso, infatti, che passi da uno stato emotivo all’altro anche per mezzo della propria voce, che ora si allunga, altissima, su febbrili e spasmodici scogli dance in "Aphrodisiac", apogeo edonistico della sua produzione, mentre ancor prima lo troviamo a delirare in falsetto nelle strofe di "Insomnia" per poi chiedere lucidamente aiuto.

Per tutta la durata delle undici tracce la sensazione è quella di ritrovarsi a camminare in un ruscello d’acqua fresca a piedi nudi, nella notte, respirando a pieni polmoni e meravigliandoci della purezza e bellezza del “buon lavoro di milioni di anni”, per poi, l’attimo successivo, spaventarci dei rumori e rinchiuderci nel terrore. Ecco, Metanoia è così: intossica, disturba, ma al contempo riscalda d’una tiepida luce crepuscolare. Non disperino gli amanti di quell’IAMX più cabarettistico, perché per loro Chris Corner ha creato "Oh Cruel Darkness Embrace Me", forte d’un rumorismo futurista che pure strizza l’occhio al passato, né coloro che ne hanno sempre amato la tendenza alla sontuosità sonora–perché sì, IAMX è pomposo, sontuoso, opulento nella sua ricerca di emozioni in musica, prendere o lasciare- perché potranno immergersi in "North Star", che con il suo mood da club darà il meglio di sé nei live, monologo finale compreso, e in "Say Hello Melancholia", appiccicosa e inebriante come poche.

L’elettro-dark di IAMX trascende le mode e, pur essendo, in soldoni, un amalgama di sonorità synth pop ed elettronica dal piglio futuristica, riesce ad avere sempre un punto di forza che molti artisti non raggiungeranno in tutta la loro carriera: una visione profondamente personale, spirituale, intensa, un’atmosfera evocativa e inconfondibile, che è sua soltanto. E Metanoia è solo una conferma, che non fa altro che rendere più piena e lucente questa “preziosa beatitudine schizoide e transitoria” che è la musica. Che è la vita.

Un anno dopo le sperimentazioni elettroniche di Unfall (Orphic, 2017) - rituale di passaggio astratto e strumentale che lascia qualche lecito dubbio - è la volta di Alive In New Light. Il precedente e ispirato Metanoia risale ormai al 2015 e in questi tre anni qualcosa sembra essere cambiato. Lo scopriamo fin dal titolo (eloquente il riferimento alla vita e alla luce) e da una cover rossa e brillante che non lascia riserve al riguardo, accendendo di passione e di positività la creatura musicale del quarantaquattrenne Chris Corner, oggi accompagnato alla voce (in alcuni brani) dalla celebre Kat Von D (tatuatrice e modella ma soprattutto personaggio televisivo molto apprezzato dalle nuove generazioni). Da grande fan di IAMX a voce prestata per l’occasione, con risultati tutt’altro che ingloriosi. 
Il problema di “Alive In New Light” - se così vogliamo chiamarlo - sta invece nella perdita di quella drammaticità che spesso aveva contribuito alla realizzazione di veri capolavori, come il magnifico “The Alternative” (2006). Ma Chris è uscito dal tunnel e probabilmente l’ispirazione si è alleggerita a contatto con la luce, una sindrome che spesso colpisce gli artisti che si sono lasciati alle spalle un periodo difficile: in poche parole, non tutti i mali vengono per nuocere, specialmente se sono collegati alle capacità creative di un musicista, poiché una volta “guariti” il rischio di mettere da parte una certa sensibilità/profondità è molto alto. Il caso di IAMX nel 2018.
“Stardust” funge da introduzione e già possiamo notare una certa semplificazione emozionale della formula. La voce femminile è ben integrata nel tessuto musicale, ma al di là di un buon ricamo elettronico il pezzo scivola via senza lasciare una traccia indelebile. Con la title track le cose migliorano e non di poco, Chris riprende in mano il suo estro e lo mette al nostro servizio: il risultato è un mood vagamente malinconico, baciato dalla sempre valida performance dietro al microfono di questo polistrumentista britannico.

Includendo nella discografia il succitato lavoro strumentale, con Alive In New Light siamo arrivati a quota otto: se questo fosse stato un debut album avremmo potuto spender parole migliori per descrivere le nove tracce del disco, ma complessivamente il livello generale non è del tutto soddisfacente, considerando i fasti gloriosi di un artista tra i più ispirati del nuovo secolo in ambito alternative-electro. Chris Corner mantiene inalterata la sua classe, ma il suo talento questa volta si rivela come una scintilla che brilla senza provocare un’esplosione devastante. La luce più bella era infatti quella che illuminava il buio, oggi Chris canta invece così: “you dragged me through the darkest days, by the skin of my teeth you restored my fate, and I raised myself out of the ashes, now I’m alive in new light”. Un messaggio chiaro e tondo, siamo contenti per lui, un po’ meno per questo ritorno che strappa soltanto la sufficienza.

Avevamo lasciato Chris Corner, Janine Gezang e gli altri membri del progetto IAMX in preda alle nevrosi electro-industrial di Machinate (2021). E proprio da lì e da un altro recente disco strumentale della band, Unfall (2017), che bisogna partire per comprendere l’ultima fatica, Fault Lines¹ (2023). Qui, infatti, le scelte mitopoietiche di IAMX sono messe al servizio di una visione che destruttura e disintegra - con deliberata malagrazia - alcuni schemi interpretativi del passato, andando a scattare un'istantanea della propria identità artistica (X ID), sempre tronfia di un onanismo triviale e protervo, che rifugge regole e disciplina.
Non a caso, in molti brani del disco la voce di Chris Corner si inarca in maniera nettamente meno flessuosa ed elegante rispetto al passato, alternando giochi di vocoder e registri quasi urlati che rendono bene quel "psychotic shift" esplicitato nella potente title track. La distorsione vocale è senz'altro un elemento nuovo e disturbante che potrebbe attirare le ire di molti fan, ma può essere letto come esegesi dell' inquietudine esistenziale dell'artista. E ben venga l'inquietudine esistenziale di Chris Corner, che in alcuni episodi recenti  (“Alive In The New Light”) era stata sostituita da un'attitudine positiva dannatamente noiosa. 
Mancano i consueti momenti dark cabaret cui IAMX ci aveva abituato, ma non i vezzi industrial - presenti soprattutto nell'ottima "Thanatos" - nonché ballate struggenti quali "Radical Self Love", che parrebbe volersi agganciare a quel "Metanoia" che della poetica di IAMX ha rappresentato l'apogeo, e la sensuale "The Truth", in cui l'appetito sessuale si fa metafora di voglie metafisiche e viceversa. In “Disciple”, che si staglia per orecchiabilità, ci avventuriamo in un racconto BDSM che odora di possessione, controllo, perdono e verità, laddove “In Bondage” si perde in un testo che - eccezion fatta per l’oscuro e ossessivo “nothing changes but my blood flow”- sembra affidato a chatGPT. 

L'impressione è che, da un paio di dischi a questa parte, Chris Corner stia disperatamente cercando di allontanare da IAMX la chimera del mainstream (che pure aveva sfiorato nel 2013 con Volatile Times) per abbracciare nuovamente la dimensione notturna e voluttuosa da club con cui ha fatto innamorare i suoi fan europei della prima ora e che probabilmente lo porterà a perdere molti dei seguaci statunitensi che ne avevano amato, invece, l’approccio positivo cui accennavamo prima, diretta conseguenza del trasferimento del musicista a Los Angeles. E dunque, per riappropriarsi appieno di quel mood sibillino, Corner non può fare affidamento alle mezze misure e alla miscelazione sapiente ed equilibrata dei registri, che ha dimostrato un’infinità di volte di saper gestire; ora ha bisogno di straripare, urlare, vomitare godimento e immergerci in un’atmosfera da Hellraiser, lasciandoci in mano un disco che, tra alti e bassi, possiede una personalità ambiziosa e divisiva. Prendere o lasciare.

 

Contributi di Paolo Chemnitz ("Alive In New Light")

IAMX

Discografia

Your Joy Is My Low (Ep, Acute Music, 2004)
Kiss + Swallow (Recall, 2004)6,5
The Alternative (Major, 2007)7,5
Kingdom Of Welcome Addiction(Metropolis Records, 2009)6
Volatile Times (Bmg/Rough Trade, 2011)8
The Unified Field (Soulfood, 2013)7,5
Metanoia (Autoproduzione, 2015)8
Unfall(Orphic, 2017)
Alive In New Light (Orphic, 2018)6
Machinate (UNFALL Productions, 2021)6,5
Fault Lines¹ (UNFALL Productions, 2023)
7
Pietra miliare
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