Rickie Lee Jones

Rickie Lee Jones

La signora dei pirati

Dalle esibizioni nei folk-club di Los Angeles al connubio con Tom Waits, dalla fortuna di "Pirates" al ritorno con un elegante disco di cover. Fino alle ultime, alterne prove. Ritratto di Rickie Lee Jones, signora della canzone d'autore americana

di Claudio Fabretti

Rickie Lee Jones è una delle "signore" della canzone d'autore americana degli ultimi vent'anni. La sua voce poliedrica e i suoi arrangiamenti sofisticati l'hanno portata negli anni ad allontanarsi dal folk delle origini per abbracciare un cantautorato intimista dalle mille sfumature: jazz, rhythm and blues, rock e perfino, negli ultimi tempi, pop e trip-hop. Non sempre i suoi esperimenti si sono rivelati indovinati, ma la cantautrice americana, considerata da molti la migliore erede di Joni Michell, ha saputo in ogni occasione aggiungere un tocco di classe alle sue canzoni.

Nata l'8 novembre 1954 a Chicago, la giovane e irrequieta Rickie Lee vagabonda per l'America a caccia di fortuna. A 19 anni si trasferisce a Los Angeles e comincia a esibirsi nei folk-club, con singolari performance, prettamente vocali, quasi prive di accompagnamento. Si narra che alla fine del 1977, al Tropicana Motel, sia avvenuto l'incontro fatale con Tom Waits, che rimane subito stregato dalla personalità della giovane cantautrice. Tra i due inizia così una relazione artistica e sentimentale, che durerà fino al 1980 e sarà immortalata sulla copertina di uno dei più celebri album del cantautore di Pomona: "Blue Valentine".

Dopo aver lavorato anche con Lowell George dei Little Feat, Rickie Lee viene notata dal capo della Warner, Lenny Waronker, che la ingaggia, lanciandola nell'olimpo della canzone d'autore americana. Nel 1979 esce il suo album di debutto omonimo, Rickie Lee Jones. E il singolo "Chuck E's in love" (dedicato al folksinger Cuck E. Weiss) è una rivelazione: arriva fino al quarto posto delle classifiche e vende oltre un milione di copie. La cantautrice di Chicago, aiutata da un team di maghi dello studio, tra cui Randy Newman e Dr. John, mette in mostra la sua predilezione per un rock raffinato, fatto di ballate intrise di blues, ma anche di incursioni nel jazz, di liriche intense, vicine allo spirito della beat generation, e di vocalizzi d'alta classe. I riferimenti obbligati sono Joni Mitchell e Tom Waits, ma anche intere generazioni di soul singer e di chanteuse jazz.

Ma Rickie Lee è un personaggio difficile: riservata e umorale, non ama le luci della ribalta, e decide così di ritirarsi sulle colline di Los Angeles a comporre le canzoni di Pirates (1980), il suo secondo album. E' un lavoro meno commerciale, ancora più intenso e maturo, con un pezzo trainante come "We belong together" e un impianto complessivo affascinante, grazie soprattutto ai testi visionari e ai vocalizzi maliziosi della Jones. La sua è una formula di cantautorato destinata a influenzare intere schiere di protagoniste del rock al femminile, da Suzanne Vega a Edie Brickell, da Sheryl Crow a Fiona Apple.

 

Intanto però problemi di alcool e guai familiari rendono la sua produzione discontinua. Il ritorno, nel 1983 con il mini Lp Girl at her volcano, è un progetto particolare, che alterna brani in studio e dal vivo. E' soprattutto un disco di cover: da un inedito di Tom Waits ("Rainbow Sleeves") alle rivisitazioni di classici jazz come "My funny Valentine" e "Lush Life", fino a una curiosa versione di "Under the boardwalk" dei Drifters. Con il successivo The Magazine, invece, la Jones torna alla sua formula doc, con il solito spirito agrodolce e con arrangiamenti sempre più raffinati. Si passa così dal soffice "Preludio" orchestrale a una struggente ballata come "It must be love", fino all'eccentrico "Theme for the Pope", con fisarmonica e ritmi mediterranei.

Ma Rickie Lee l'inquieta non riesce a godersi il successo (soprattutto di critica) che accompagna ogni sua nuova uscita. Si perde in storie di droga e di alcol, preannuncia fantomatici progetti di "cabaret musicale" che mai si realizzeranno, e scompare dalle scene. Fino a quando, nel 1988, riappare con Flying Cowboys, un progetto realizzato in collaborazione con Walter Becker (Steely Dan) e i Blue Nile. E' un disco riuscito, che sembra segnare il ritorno alla vita per la cantautrice di Chicago, divenuta nel frattempo madre di un bimbo. Ma la sua avversione alle leggi del music business non si attenua: "Nella pop music, visto che c'è così tanta competizione, devi stare entro certi ritmi, e se non li rispetti vieni ignorato. Ma io non sono fatta così...", protesta con forza.

 

Dopo l'uscita di Pop Pop (1991) che rispolvera in chiave jazz successi degli anni Quaranta e Cinquanta, ma anche composizioni di Jimi Hendrix, la Jones ritorna nel 1993 con Traffic From Paradise e nel 1995 con la collezione di hit unplugged Naked Songs. Quindi, nel 1997, pubblica Ghostyhead, una miscela di ritmi dance e techno un po' velleitaria, che non convince né la critica né i suoi fan più intransigenti.

Passano tre anni e con It's Like This Rickie Lee Jones torna a graffiare, riavvicinandosi al jazz e confermando la sua grande espressività vocale. E' un altro disco di cover dopo Pop Pop. "Non so perché ho deciso di ritornare a fare cover - ha raccontato la cantautrice americana - forse perché non avevo canzoni originali. Sono molto lenta e non ne avevo scritta nemmeno una. Non ho scritto nuove canzoni perché mi serve molto tempo per farlo. Quando scrivo qualcosa voglio raccontare un fatto concluso, devo ragionarci, lasciarlo sedimentare. Ho solo pensato che era un po' di tempo che volevo cantare alcune canzoni soul degli anni '60 e '70. Mi piace suonare un po' di soul, un po' di Sinatra, po' di Beatles".

E del quartetto di Liverpool, la Jones ha deciso di riprendere uno dei brani più suggestivi: "For No One". "L'ho registrata perché mi piace molto - ha spiegato - Per i Beatles avevo da piccola una vera passione. Tanto che avevo imparato a cantare esattamente come John Lennon. Sono stata a Los Angeles a suonare in un locale, il The Largo, dove c'era un ragazzo che può suonare qualsiasi canzone dei Beatles. Insieme abbiamo suonato 'For no one'. Dopo quella serata si è concretizzata l'idea di questo disco". In "It's Like This", la bionda cantautrice di Chicago si cimenta anche con evergreen firmati Marvin Gaye, Traffic, Steely Dan, ed è accompagnata da ospiti d'eccezione come Taj Mahal, Ben Folds e Joe Jackson. La sua voce, calda e arrochita, mantiene intatto il suo intrigante fascino. E i suoi arrangiamenti conservano sempre un tocco di imprevedibilità. Un ulteriore saggio, insomma, della classe pura di questa signora della canzone d'autore statunitense.

Il ritorno a un album di inediti dopo ben sei anni, The Evening Of My Best Day (2003), si rivela però un passaggio a vuoto, mostrando un songwriting imballato e monocorde, lontano parente di quello dei tempi d'oro. L'ex signora dei pirati si lancia in filippiche politiche verbose (come l'iniziale "Ugly Man", dedicata a Bush), senza più riuscire a lasciare il segno. Fanno eccezione un paio di ballate di classe, come "Mink Coat at a Bus Stop", impreziosita dai ricami dell'armonica, e l'aspra "A Face In The Crowd", che chiude il disco con i suoi voli radenti di chitarre.

Ispirata da un libro di Lee Cantelon, “The Words”, Rickie Lee Jones dà vita al suo progetto forse più azzardato, The Sermon On Exposition Boulevard, un concept-album sulla storia e sul messaggio di Cristo. Peter Atanasoff e lo stesso Cantelon hanno composto e suonato insieme alla Jones, il primo prestando parole e vocals, il secondo offrendo parti di chitarre. 
Tredici pezzi che riservano più di un brivido, dall'iniziale “Nobody Knows My Name”, passando per “Falling Up” e lo strumentale “Road To Emmaus”. A quasi trent'anni dall'esordio, Rickie Lee Jones sa ancora graffiare con la classe e l'intensità di un tempo, anche se la sua scrittura non è più quella scintillante degli esordi.

Due anni dopo, la cantautrice di Chicago torna con Balm In Gilead (2009), un disco con cui ricicla alcune vecchie composizioni che risalgono al suo passato (persino alla tenera età), per festeggiare il trentesimo anno di attività. Prova ne sono “The Moon Is Made Of Gold” scrittale quand’era bimba come ninna nanna dal padre, l’abbozzo riarrangiato di “Wild Girl” (dedicata alla figlia) e “Old Enough”. Un nuovo tributo al cristianesimo in stile “Sermon” spetta a “The Gospel of Carlos, Norman And Smith”. Il resto è miscellanea country e soul che arriva al massimo all’autoimitazione.
Nonostante comparsate importanti - Allison Krauss, Ben Harper, Victoria Williams, Bill Frisell, Jon Brion, Vic Chesnutt - è un disco gramo, il quattordicesimo, con l’autrice ormai rassegnata in tenuta domestica come unica protagonista. Alla produzione collabora sottobanco il fido Dave Kalish.

A tre anni dall’ultimo lavoro di materiale inedito, la Duchessa rilascia nel 2012 il suo terzo disco di cover, che segue le orme di Pop Pop del 1991 (una raccolta di deliziose miniature della golden era del jazz e Tin Pan Alley – e che sfoggia in copertina la confezione dei mitici petardi!) e It’s Like This del 2000.

Prodotto da Ben Harper - che firma pure l’unico pezzo originale presente, “Masterpiece” – The Devil You Know sembra una scusa per Rickie Lee Jones per andare a rivisitare in maniera decisamente personale (e molto poco ortodossa) vecchi brani piuttosto conosciuti di grandi cantautori del folk e del rock. 
Attenzione però: si tengano lontani quelli che, scorrendo distrattamente la tracklist, pensano di poter sentire un pezzo di Van Morrison o di Neil Young “ricantato da una donna”. Rickie Lee Jones ha esperienza a vagonate e - ancor più di Cat Power o Tori Amos - possiede l’innata capacita’ di far suoi brani scritti da uomini, trasfigurandoli al punto da renderli irriconoscibili e rivestendoli di un nuovo significato grazie ad un’interpretazione agli apici dell’intimismo e, inutile negarlo, pure dell’idiosincrasia.

Basti ascoltare la sua versione dei fatti sull’arcinota “Sympathy For The Devil” degli Stones, posta quì in apertura come per mettere da subito sul chi va là: snaturata da ogni sembianza rock’n’roll, privata quasi di ritmica (e di quei mitici coretti wooh-wooh! che correvano imperterriti per i sei minuti dell’originale), la cavalcata di Jagger si tramuta in una vera e propria conversazione col signor Belzebù in persona, durante la quale la voce di Rickie Lee Jones, pur invecchiata e fattasi sottile, mantiene intatto il suo innato carisma. 
Anche “Comfort You” di Van Morrison gioca più col silenzio che non con la forma dell’originale, ma bastano le poche sparute note di piano su “The Weight” (origine: The Band) a ricordare che, quando si tratta di fare una ballata piano-voce, Rickie Lee Jones è ancora lassù nell’Olimpo. Poi c’è “Only Love Can Break Your Heart” di Neil Young che mantiene tutti gli accordi in tonalità maggiore (cosa che non fecero, per esempio, i Saint Etienne) ma rinuncia anch’essa al tempo di valzer, questa volta in favore di una ritmica scarna ed appena accennata, ed il pezzo sembra fluttuare etereo sopra le parole. 

La Duchessa si misura pure col traditional “St James Infirmary” che fu - tra gli altri - di Neil Armstrong, e nonostante un paragone per forza di cose schiacciante le riesce pure molto bene perche’, apparentemente, starsene nella “scomoda” terra di mezzo tra folk, pop e jazz sembra essere sua seconda natura. 
Lievissimi accenni di folk celtico scaldano “Reason To Believe” di Tim Hardin, mentre “Seems Like A Long Time” (conosciuta attraverso la vociazza di Rod Stewart) si veste di toni quasi sacri, presentandosi su un sottilissimo filo corale e d’organo che a momenti tende al soul (o, visto il produttore in questione, ai Blind Boys Of Alabama...).

Anche senza bisogno fare scomodi paragoni col passato, è difficile non notare che The Devil You Know è un disco sì di valore ma tutt’altro che piacevole o accomodante, anzi a tratti quasi respinge all’ascolto, ed è un fattore che inciderà sulle sue sorti e vedrà la luce di poche classifiche di fine anno. Tuttavia una considerazione da “irriducibile amante” mi sento ancora di farla: con tutta probabilità chi già non conosce il lavoro di Rickie Lee Jones potrà rimanere piuttosto indifferente di fronte ad un album scarno e monotono come questo, mentre chi invece l’ha amata in passato potrà dire (e non a torto!) che purtroppo la Duchessa non graffia più come un tempo. I suoi pochissimi seguaci però sappiano che, all’interno di The Devil You Know, c’è ancora materiale in grado di ammaliare come solo lei sa fare.

Sbandierato come il primo album di canzoni nuove da dieci anni a questa parte, il rientro discografico avviene nel 2015 con una campagna di finanziamento attraverso il crowfunding di Pledge. The Other Side Of Desire festeggia la ritrovata ispirazione, il fuoco sacro dell’arte, che ricompare non per obblighi contrattuali o abitudini artistiche: il progetto nasce dal ritorno a New Orleans, la città dove il padre alcolista visse gli ultimi anni della sua vita, dopo aver abbandonato la prima moglie e una piccola ragazzina ricca di sogni, ed anche la città dove l’artista realizzò la sua pagina più ambiziosa e intensa (Pirates).

Il ritorno avviene con le migliori intenzioni e con un team capace di rendere in musica l’universo creativo di una donna di 61 anni che non ha mai ceduto ai compromessi.
Sono immagini forti e vivide quelle che trovano spazio in “Jimmy Choos”, singolo e brano d’apertura del progetto: un’iniezione di energico west-coast-jazzy, che Rickie Lee Jones canta con inattesa maturità e con uno stile vocale sempre più ricco di influenze soul-blues.
Rispunta anche la passione per Fats Domino e il Cajun nella swingante “J’ai Connais Pas”, mentre veleggiano le origini francesi della madre nel delizioso valzerone country “Valtz De Mon Pere (Lovers’ Waltz).

La musica e i testi di Rickie Lee Jones hanno sempre posseduto una spiritualità contagiosa e austera, che in The Other Side Of Desire è presente in ogni frangente. Quando il tono diventa più intimo e riflessivo, come in “Infinity”, lo si può assaporare in pieno. Soprattutto si possono di nuovo apprezzare quelle complesse sequenze di accordi e di strutture che hanno reso la sua musica originale e poco convenzionale, ballate ricche di sofferenza e poesia che difficilmente lasci in sottofondo perché dispensano emozioni da non sciupare o lasciar scorrere sottopelle, come la splendida “Feet On The Ground” che nonostante il tipico stile piano e voce, si lascia andare in un travolgente duetto vocale di puro romanticismo soul.

E’ difficile ignorare la maturità vocale raggiunta dall’artista, che insegue sempre di più Al Green e Sylvester (si ascolti la superba “Blinded By The Hunt”) e conserva quel fascino straziante e vissuto, che solo poche grandi artiste hanno saputo preservare dalla contaminazione del mainstream, in tal guisa resta esemplare l’intensità della suggestiva “Christmas In New Orleans”: una ballata di grande effetto e fascino che l’artista interpreta con toni aspri e intensi.

A questo punto ci sarebbe gia abbastanza sostanza per salutare The Other Side Of Desire come un buon ritorno, ma non abbiate fretta, il nuovo album di Rickie Lee Jones, è dai tempi di Flying Cowboys il disco più importante della sua carriera, e forse la sua intensità si ricollega a quel lontano album d’esordio dove l’artista riusci a tirar fuori tutte le emozioni della gioventù e le sue speranze per il futuro, ora è il tempo di raccontare le emozioni vissute in quasi quarant’anni di carriera.

 



Contributi di Michele Saran ("Balm In Gilead"), Damiano Pandolfini ("The Devil You Know") e Gianfranco Marmoro ("The Other Side Of Desire")

Rickie Lee Jones

Discografia

Rickie Lee Jones (Warner, 1979)

7,5

Pirates (Warner, 1981)

8

Girl At Her Volcano (Warner, 1983)

The Magazine (Warner, 1984)

6

Flying Cowboys (Geffen, 1989)

6,5

Pop Pop (Geffen, 1991)

5

Traffic From Paradise (Geffen, 1993)

Naked Songs: Live & Acoustic (Reprise, 1995)

Naked Songs: The Life & Times of Rickie Lee Jones (1996)

Ghostyhead (Warner, 1997)

5

It's Like This (2000)

6,5

The Evening Of My Best Day (2003)

5

The Sermon On Exposition Boulevard (New West, 2007)

Balm In Gilead (Fantasy, 2009)

4

The Devil You Know (Fantasy, 2012)

6

The Other Side Of Desire (self released, 2015)

7,5
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