I francesi Lightwave sono uno dei gruppi fondamentali della scena elettronica mondiale dell'ultimo ventennio. Fondendo suggestioni "ambient", elettronica "cosmica", musica concreta e da camera, questi nuovi corrieri spaziali stanno gettando un ponte tra l'opera basilare di maestri come Brian Eno, Klaus Schulze e Tangerine Dream e le ambientazioni raffinate di nuovi guru come David Sylvian, Robert Rich e The Future Sound Of London. Le loro "architetture sonore" attingono alle visioni di un passato mitologico, ma disegnano al tempo stesso gli scenari di un futuro inquietante.
Il gruppo nasce nel 1985, su iniziativa di Serge Leroy (fondatore dell'associazione "Crystal Lake" per i musicisti elettronici francesi) e di Christian Jacob (Wittman). "Abbiamo cominciato come semplici appassionati di musica elettronica - spiega Christian Wittman -. Per anni abbiamo ascoltato i maestri della scuola tedesca (Klaus Schulze, Tangerine Dream) e francese (Francis Dhomant, Michel Redolfi, François Bayle, Bernard Parmeggiani, Pierre Schaeffer), classica contemporanea (Gorecki, Arvo Pärt, Ligeti), musica concreta e ambientale (Erik Satie, Morton Feldman, Brian Eno, Harold Budd). Poi, per una strana coincidenza, io ho avuto la possibilità di comprare il mio primo sintetizzatore, un ARP 2600, mentre il mio amico Serge Leroy aveva molti synth e vecchi sistemi modulari. Per un po' siamo andati avanti ognuno per conto suo, poi abbiamo deciso di unire i nostri esperimenti. Così sono nati i Lightwave".
Un anno dopo, si unisce al duo Christoph Harbonnier. Nel 1988 è Leroy ad abbandonare, restando solo in veste di produttore dei primi lavori. Dopo aver realizzato diversi demo-tape, i Lightwave pubblicano l'album d'esordio Nachtmusik (1990). La "sinfonia notturna" della title track mette in mostra subito le caratteristiche peculiari del loro sound, che combina ambientazioni da musica concreta, nello stile di compositori quali François Bayle o Bernard Parmeggiani, con l'elettronica visionaria alla Michel Redolfi e le scorribande dei corrieri cosmici tedeschi. Le loro atmosfere misteriose fungono da colonna sonora per l'esplorazione di nuovi mondi impenetrabili.
Nel 1991 i Lightwave iniziano a lavorare insieme al compositore e produttore francese Hector Zazou e all'austriaco Paul Haslinger, ex Tangerine Dream. Quest'ultimo porta in dote il suo background "classico" e una speciale attitudine per le performance dal vivo, che si rivelerà fondamentale per i tour del gruppo. Nel 1992, i Lightwave collaborano con Zazou e David Sylvian all'album "Sahara Blue" e contribuiscono anche a diverse compilation.
Nel 1993, ingaggiato anche il violinista Jacques Deregnaucourt, i Lightwave colgono il frutto più prezioso di questo lavoro d'equipe: Tycho Brahé, l'album che li lancia nel firmamento dell'elettronica mondiale. L'opera, che prende il nome da un astronomo danese del 16° secolo, propone dieci affreschi astratti, colorati con le tinte delicate e mistiche di un'elettronica visionaria, già definita "New Age Space Music". Delicate linee di piano e dolci armonie si combinano con effetti sonori stranianti come se le "Atmospheres" di Gyorgy Ligeti fossero finite nella colonna sonora di "Alien", firmata Jerry Goldsmith. Il violino di Deregnaucourt intesse esili trame melodiche, perse nel vuoto di buchi neri elettronici e di spazi "ambient" iper-dilatati. Senza cadere in trappole intellettualoidi da avanguardia, i Lightwave donano all'elettronica un senso di umanità profondo, ma al tempo stesso inquieto e allucinato: i loro "bozzetti spaziali" non fanno altro che svelare l'inadeguatezza e l'angoscia del genere umano al cospetto dell'immensità del cosmo.
Il disco si apre con le oscillazioni al ralenti di "Uraniborg", avvolta in una nube di sibili e dissonanze. La navigazione spaziale di "Mapping The Sky", con un piano elettrico in primo piano, prelude al gelo spettrale di "Cathedral" e alla meditazione persa tra le galassie di "Fuga Stellarum", mentre "Virtual Mechanics" sembra quasi simulare un'esplosione stellare in lontananza. I sussurri angelici di "Poetics Of The Spheres" fanno da preludio alle visioni inquietanti di "The Art Of Clockmakers" e alla tenera "Tycho On The Moon", in cui il suono del violino di Deregnaucourt si effonde sulle melodie malinconiche del piano. La scintillante elettronica da camera di "Apogee" precede l'ode di "Hymn For The Guild Of Astronomers" (con clarinetto turco in evidenza), che conclude il viaggio.
Attraverso le esplorazioni di Tycho Brahé, i Lightwave ci conducono per mano in un'odissea spaziale magica, ma assai poco rassicurante. Quasi fosse un racconto di Kafka musicato dai Tangerine Dream. "Una delle nostre preoccupazioni - spiega Wittman - è di evitare la linearità, dando vita a una sorta di 'viaggio musicale' che passa attraverso varie tappe e paesaggi. Si potrebbe dire che gran parte della nostra musica non è altro che l'esplorazione di nuovi scenari possibili e lo specchio di varie sensazioni e ricordi. Cerchiamo di trasportare l'ascoltatore attraverso vari percorsi di conoscenza: noi gli forniamo una colonna sonora, lui deve crearsi il proprio film e la propria sceneggiatura". Una formula che sfugge a ogni sorta di catalogazione: "I Lightwave non sono una band new age, né una formazione orientata dalla scuola di Berlino, né una band elettro-acustica. Cerchiamo di attraversare tutte queste categorie, mescolando molti linguaggi e tendenze musicali, per dar vita a un nostro stile e a una nostra estetica".
Nasce così anche il successivo Mundus Subterraneus (1995), ispirato ancora una volta da uno scienziato dell'antichità, il gesuita Athanasius Kircher (1600), e dal suo viaggio nelle viscere del Vesuvio. "Volevamo rifuggire i cliché dell'immaginario cosmico e della fantascienza - spiega Wittman -. Così abbiamo scelto due figure affascinanti, in bilico tra antico e moderno, tra scienza e immaginazione, tra razionalità e fantasia. Ecco allora Tycho Brahé, con le sue osservazioni del cielo a occhio nudo e i suoi tentativi di interpretare il moto delle stelle, ed ecco Athanasius Kircher, un enciclopedico appassionato di occultismo e di studi orientali con il suo 'Mundus Subterraneus', che mescola chimica, antiche credenze e pura speculazione".
Mundus Subterraneus è appunto il compendio di 800 pagine in cui Kircher sviluppò le sue teorie geofisiche e mitologiche sul sottosuolo, combinando il sensazionalismo del passato con la scienza del futuro. Con lo stesso spirito, i Lightwave si immergono in un viaggio mentale alla ricerca di un mondo sotterraneo in cui convivono miti arcani e tecnologia, spettri futuristi e demoni del passato.
Suonata da un quintetto che, oltre a Wittman, Harbonnier, Haslinger e Deregnaucourt, annovera anche Charlie Campagna, l'opera fonde ancora una volta la maestosità dell'ambient e l'austerità delle sonorità concrete con sprazzi d'avanguardia classica. L'effetto è, al contempo, ipnotico e inquietante, soffice e sinistro.
L'album si apre con la discesa negli inferi oscuri di "De Motu Pendulorum" al ritmo di percussioni ossessive, per proseguire con le atmosfere occulte dei due "Cabinet de Curiosités", vortici di suoni caotici ed eccentrici che rievocano il tratto espressionista del "Cabinet of Caligari" di Robert Wiene, raffigurando tutta l'angoscia dello studioso nei confronti dei segreti insondabili della Natura. Scavando ancor più a fondo nelle viscere, si approda al groviglio sonoro di "Sonnensturme", nel segno del surrealismo più sfrenato: le basse frequenze fanno da contrappunto alle trame sottili di violino e sintetizzatori. L'immersione nelle profondità più oscure del mondo prosegue con "Towards The Abyss", che acuisce il pathos recuperando alcune delle tecniche più drammatiche del repertorio di Stockhausen, mentre "Roma Barocca" accentua il clima onirico e allucinato. Un clima stemperato nella rivelazione di una verità profonda, che viene alla luce in "Ascension". La fine del viaggio di Kircher è in realtà un arrivederci: "Mapping the Earth", infatti, promette nuove avventure nel cuore di tenebra dell'umanità. L'equilibrio nell'orchestrazione è perfetto: il sibilo sinistro dei sintetizzatori, il pigolio del violino, l'impeto del pianoforte, l'orgia di rumori, dissonanze e percussioni contribuiscono ad alimentare un clima di suspense e di dramma incombente.
Creato uno standard di musica elettronica senza pari nel panorama europeo, capace di fondere la passionalità gotico-romantica e l'algebra rigorosa delle avanguardie classiche, i Lightwave proseguono su questa falsariga anche con gli album successivi, pur senza raggiungere le stesse vette espressive.
In Der Unterwelt(1996) offre una sola suite di venti minuti, con narrazione di voce femminile in tedesco. Cantus Umbrarum (1999) include materiali realizzati dal gruppo fin dal 1997 e applica in concreto il concetto di Mundus Subterraneus: sono infatti gli stessi musicisti del gruppo a calarsi nelle grotte Choranche, nelle viscere dei monti Vercors, in Francia, in occasione del 38° Festival Rugissants. Circa 600 metri di gallerie vengono equipaggiati per incidere il disco. Il risultato è una raccolta di 13 tracce definita "una poetica esplorazione del sottosuolo, alla ricerca di un mondo di ombre, di pietre, di ricordi e di oblio". Alla musica, si accompagna la recitazione di versi di Dante, Baudelaire, Platone, Verne, Mallarmé, Shelley.
Così, tra le stalattiti e i cunicoli umidi di Cantus Umbrarum, ci si può imbattere nei misteri arcani di "Mirror of Shades" (con un recitato in francese) e nei clarinetti soavi di "A Mineral Light in the Subterranean Sky", si può restare scossi dall'esplosione di "The Deep Music of a Rolling World" o ammaliati dai paesaggi lunari di "Silent Souls". L'ultimo versetto dell'"Inferno" di Dante ("e quindi uscimmo a riveder le stelle") viene invece rievocato all'ascolto di "Farewell to Darkness", ovvero la riemersione in superficie, subito seguita da "A Musical Map of the Underworld", sinfonia finale in due parti incisa dal vivo, all'interno delle grotte.
Il successivo Caryotype (2001) è una sinfonia elettronica in undici movimenti, in bilico tra gli esperimenti del primo Klaus Schulze e i viaggi metafisici di Steve Roach. La ricerca, stavolta, si sposta sul progetto del genoma umano, tra percussioni tribali ("Serge P"), ambientazioni spaziali ("Robert H", "Leonie A"), maestosità classica ("Alfred H") e odi sinfoniche ("Pierre J"). Il progetto di Malibu è invece una raccolta di piece ambientali e minimaliste per archi e fiati.
"Il nostro obiettivo attuale - spiega Christian Wittman - è combinare le improvvisazioni dei nostri primi lavori con un approccio ancor più tecnologico: registrazioni digitali in multi-track, enormi librerie di suoni, mixing, editing ecc. Ma senza mai dimenticare l'aspetto 'umano'. Il marchio di fabbrica dei Lightwave, infatti, è sempre stato il tentativo di fare interagire le macchine con l'elemento umano, attraverso gli strumenti acustici. L'apporto del violino di Deregnaucourt, in questo senso, è fondamentale".
Naturale evoluzione e compimento dei precedenti Cantus Umbrarum e Caryotype, Bleue Comme Une Orange (2004) un disco di musica colta contemporanea, la musica dei nostri tempi. Se classica lo diranno i posteri. In tal senso muta l'uso dell' elettronica, da scelta e valore primigenio a strumento tra strumenti, da scelta stilistica su cui costruire la composizione a veicolo della stessa, da fine a mezzo.
Quattordici brani in cui la loro "liuteria elettronica", secondo una felice definizione proprio dei Lightwave, fa da sfondo e interagisce con archi, pianoforte, clarinetto, fiati; Quattordici brani in cui drone, sibili, rumori concreti, accordi iperuranici delimitano un grande affresco con inquietanti flauti panetnici ("Dark Turquoise"), archi avant-garde ("Blue Tango"), clarinetti ("Ivoire"), la tromba di Jon Hassell in "Huang /Hong", "Chocolat Blue Pale" o "Hei/Bai", ologrammi digitali di jazz-ambientale , pianoforti struggenti sulle tracce di Satie ("Sandy Blue"). Musica futuribile, ma dai riverberi antichi, intimamente psichedelica, raffinata e elitaria come di intellegibilità primitiva, ambientale nella tessitura, ma al contempo vibrante delle grandi costruzioni d'ingegno. Il lento macchinare elettronico,diafano e ineluttabile, si fonde con un altero e straniante camerismo.
Quattordici brani cupi e spettrali, lontani sia da qualsiasi deriva dissonante, spontaneista o rumorista e al contempo antitesi di qualsiasi logica minimalista. Ogni nota, accordo, sequenza ha in sé il valore della compiutezza e ogni parte rifulge del valore e del riverbero esistenziale della creazione, ogni parte è in sé compiuta, è in sé verità in noi, spettatori di microdrammi cosmici e al contempo, in qualche modo, soggetto attivo nel sovraccaricarli di significato. La musica di Bleue Comme Une Orange è un implodere nel soggetto: poche volte si è avuta così netta la sensazione di come la musica trovi la sua ragione nel riverberarsi nella coscienza dell'ascoltatore, dove ogni nota apre sipari su sensazioni inesplorate, rimembranze, inesprimibili moti dell'anima, corrispondenze, simmetrie emotive. Questo disco è il punto più alto della poetica dei Lightwave, un punto di non ritorno, uno sguardo sull'abisso dove si fondono echi di Brian Eno, Miles Davis, Jon Hassell, Rachel's, Steve Roach, Harold Budd, Stars Of The Lid.
Ultime produzioni dei Lightwave:
- Una compilation uscita su Glacial Movements.
- Un mix inedito di 50 minuti realizzato nel 2005 per una radio web: si può ascoltare presso: http://www.solenopole.org/mixlightwave.htm
* Contributi di Michele Chiusi ("Bleue Comme Une Orange")
Modular Experiment (1987) | ||
Cités Analogues (1988) | ||
Ici & Maintenant (1988) | ||
Musique Provisoire (1989) | ||
Nachtmusik (Erdenklang, 1990) | 7 | |
Tycho Brahé (Hearts of Space, 1993) | 9 | |
Mundus Subterraneus (Fathom, 1995) | 9 | |
In der Untervelt (1996) | ||
Uranography (1996) | ||
Cantus Umbrarum (Horizon Music, 2000) | 8 | |
Caryotype (2001) | ||
Malibu (2003) | ||
Bleue Comme Une Orange (2004) | 7 |
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