Dalla crepuscolare fusione di synth e flauti traversi, nel 1978 nascono gli Emerald Web, duo formato dagli statunitensi Kat Epple e Bob Stohl (coppia musicale come anche nella vita), autore di 12 album, tra il 1979 e il ‘90, sospesi in un limbo di dolceamara bellezza strumentale. Space music, ambient e new age sono le coordinate di un viaggio nei meandri del sogno, interrotto bruscamente dalla morte di Stohl, a soli 35 anni. Paladini di quel linguaggio analogico oggi consegnato alla Storia, gli Emerald Web hanno licenziato opere dove la solidità compositiva abbraccia un’improvvisazione che fluisce come acqua di ruscello, divenendo una realtà cult che pure si è aggiudicata soddisfazioni artistiche e commerciali, su tutte la nomination a un Grammy nel 1986 per “Catspaw”.
Continuatrice di quella blasonata tradizione, Epple ha proseguito nei decenni successivi attraverso una carriera costellata di collaborazioni e commissioni internazionali, priva di atteggiamenti passatisti ma anzi animata da un’inarrestabile voracità per il futuro prossimo, compositrice talentuosa di opere in proprio come il consigliatissimo “Elemental Circuitry” (2015), quartomondismo elettroacustico insieme a Nathan Dyke.
Kat, a cosa stai lavorando in questi giorni?
Sono al lavoro su “Aqua Regia” degli Emerald Web, insieme a Barry Cleveland; l’album verrà ristampato su vinile dall'etichetta re:discovery. È un lavoro dell’82 che sarà finalmente disponibile, per la prima volta, in download e streaming.
E sul versante solista?
Sto registrando un album in collaborazione con un mio amico canadese, il leggendario chitarrista heavy metal Devin Townsend. Sono occupata anche con la scrittura delle mie memorie e di una sceneggiatura comica, basata su esperienze personali risalenti a quando giravamo in van gli Stati Uniti come “band di musica elettronica itinerante”, negli Anni ’70. Recentemente ho terminato la colonna sonora per un documentario sull’uragano Ian, che si è abbattuto sulla nostra costa orientale, nel 2022. Poi c’è tutta l’attività concernente gli Emerald, e cioè l’archiviazione e digitalizzazione delle foto, delle grafiche e soprattutto dei master da nastro audio analogico, una gran quantità di documenti che vanno preservati. Sono infine alla ricerca dell’editore adatto per gestire al meglio i diritti d’autore del nostro catalogo.
In cosa è nordamericana, la tua musica?
Nella mia musica incorporo molti elementi geografici diversi; da bambina ho vissuto nella regione degli Appalachi dove, tradizionalmente, nelle vie secondarie e negli incavi delle montagne vengono suonati bluegrass, gospel, country e folk. Mi appassionava constatare che quei musicisti non avevano una formazione musicale vera e propria; era emozionante vederli improvvisare nel più totale divertimento, per ore e ore. Direi che le mie influenze principali sono il bluegrass, il jazz e le musiche dei nativi americani. Attualmente sono interessata alle tradizioni di altre culture del mondo; ho viaggiato in lungo e in largo raccogliendo strumenti indigeni che, spesso, inserisco nei miei album e nelle colonne sonore che mi commissionano.
In cos’è nordamericana, nello specifico, la tua space music?
Quella ha certamente meno elementi geografici ed è più radicata nella fantascienza. Forse il mio approccio all’elettronica è più cosmico che terreno.
La musica può essere influenzata dalla location dove viene composta?
Come no. Un esempio: il secondo album degli Emerald, “Whispered Visions”, del 1980, è stato registrato su un 4 tracce nel nostro studio casalingo, una casetta di legno affacciata su un piccolo lago nel nord del Connecticut. Riflettendo l'ambiente circostante, le composizioni assumevano una qualità eterea, cupa e serena allo stesso tempo. Registravamo a tarda notte, quando era scesa la calura estiva e i suoni della natura sussurravano attraverso i vetri delle finestre.
Mi sbaglio o in “Whispered Visions” un giovanissimo Jonn Serrie suona chitarra e synth?
Abbiamo conosciuto Jonn alla fine dei seventies, sempre nel Connecticut, dove io e Bob vivevamo e dove avvenivano la maggior parte delle nostre esibizioni. Era un chitarrista, cantante e autore di canzoni; poco dopo averlo incontrato, siamo diventati amici e abbiamo formato un trio che suonava nella zona ma che era arrivato anche fino in certi locali newyorkesi. Lui, Bob e io eravamo una grande combinazione!
Musicalmente parlando, cosa ammiravi maggiormente in Bob?
Sotto il profilo artistico, nulla lo spaventava. Poi c’era la sua straordinaria abilità al Lyricon, attraverso il quale ha inciso melodie potenti e suggestive, impiegando le possibilità timbriche di uno strumento così poco noto. Per chi non lo conoscesse, il Lyricon Electronic Wind Instrument è un primo ibrido di sintetizzatore/strumento a fiato che utilizza la sintesi additiva e un bocchino da clarinetto basso. È stato stimolante poter contare su un partner premuroso ma anche obiettivo nel commentare la mia musica, poiché sapevo di poter commettere anche degli errori, senza sentirmi giudicata. Lui aveva uno stile compositivo molto diverso dal mio, quindi era emozionante combinare i due diversi approcci per creare un'inaspettata fusione di idee.
A partire da “Sound Trek” i vostri album sono interamente strumentali; tuttavia nell’esordio “Dragon Wings And Wizard Tales” avevate ottenuto risultati lusinghieri impiegando la voce.
Nei primi Anni ’80 era ancora presente l’errato luogo comune secondo il quale le ragazze non erano indicate per destreggiarsi al sintetizzatore. Spesso infatti i recensori dei nostri album attribuivano a Bob la gestione dei synth e a me quello di flautista e cantante. Ma volevo essere conosciuta pure come musicista di elettronica, così ho pensato che se gli Emerald avessero registrato un album senza voce, la prospettiva dei giornalisti sarebbe cambiata. Ha funzionato, e alla fine sono stata conosciuta anche per l’elettronica; ho capito in seguito che avrei dovuto continuare a cantare e non preoccuparmi delle opinioni altrui. Canto ancora in alcuni dei miei album più recenti e in concerto. Mi piacerebbe confrontarmi con Laurie Anderson rispetto alla sua esperienza di donna alle prese coi synth e con l’industria musicale: sono certa che sarà incappata in vicende simili alle mie. Per fortuna oggi una donna può essere quel che le pare: compositrice, produttrice e musicista di elettronica.
Con “Valley Of The Birds” trovate il vostro linguaggio: com’era suddiviso il lavoro in studio?
Tutto avveniva in modo spontaneo, non c’era competizione tra me e Bob poiché entrambi eravamo interessati principalmente a esplorare. Abbiamo impiegato un registratore Teac a 4 tracce da un quarto di pollice; a quel tempo era dura sincronizzare i sequencer sopra una traccia precedente, quindi abbiamo registrato tutte le tracce ritmiche e di sequencer sulla prima traccia stereo. Le altre due tracce erano costituite da melodia, strutture e accordi. Spesso la seconda traccia veniva registrata in stereo, in modo che flauti e Lyricon fossero su due tracce separate; questo significa che su “Valley…” ci sono solo due tracce stereo in totale. E dato che suonavamo diversi strumenti su ogni brano, dovevamo passare in presa diretta da uno strumento all'altro. Quando sbagliavamo toccava fermare il nastro, premere rewind e registrare la nuova traccia mentre la precedente veniva automaticamente cancellata.
L’ingegneria di registrazione era ancora acerba.
L'ingegneria di registrazione è stata una delle abilità più importanti che ho imparato. Ancor oggi amo acquisire nuove skill tecnologiche attraverso la musica che registro. Ho acquisito un’abilità che si è dimostrata sostanziale, nel tempo, per le mia attività di compositrice e produttrice.
Strumentazione di quel piccolo capolavoro?
Impiegammo un Arp 2600, un MiniMoog, un sequencer Oberheim DS-2, un synth Roland RS-202 String Ensemble e un Electronic Music Labs SynKey.
Avete anche collaborato con Steven Halpern per il suo album “Dawn”.
Steven è un pioniere della new age, oltre che un ottimo pianista. Io e Bob abbiamo amato suonare con lui. Sai, non ci ha fornito indicazioni in studio: è stata una collaborazione democratica in cui abbiamo suonato in presa diretta, mentre il tecnico registrava. Siamo ancora amici e, proprio di recente, si è parlato di creare nuova musica insieme.
“Catspaw” sembra imboccare la via della commercializzazione.
Il nostro cambiamento non era legato a fattori commerciali, ma al fatto che a quel tempo vivevamo nella Baia di San Francisco, un luogo assolutamente eccitante che era diventato l’epicentro della space music, della new age ma anche della new wave; a influenzarci, le nuove tecnologie del periodo e gruppi rock e new wave quali King Crimson, Roxy Music, Devo, Talking Heads, Blondie e l’elettronica di Larry Fast, conosciuto soprattutto per il progetto Synergy.
Nuove tecnologie, nuovi approcci compositivi, dunque.
Avevamo appena aggiunto al “parco macchine” campionatori e sintetizzatori polifonici come il Roland SH-101, Roland JX3P, E-Mu Drumulator, Ensoniq Mirage, Oberheim Xpander e Synergy Synthesizer. Nell’86 firmammo un contratto con la Audion Records, leggendaria etichetta di elettronica progressiva fondata da Fast che lo vedeva attivo come produttore esecutivo e coordinatore della divisione A&R. Più generalmente posso dirti che, io e Bob, ci siamo costantemente documentati sull'avanguardia della tecnologia musicale e abbiamo spinto per collaborare con videoartisti, ingegneri, animatori, scienziati, progettisti di strumenti musicali elettronici, autori, registi e perfino maestri di arti marziali e leader spirituali. Tutti fattori che hanno influito sul nostro approccio alla musica.
Delle colonne sonore che hai composto, quali ti hanno dato le soddisfazioni maggiori?
Ho composto centinaia di brani per produzioni cinematografiche, programmi televisivi - dalla Bbc alla Cnn - e persino per musei, come nel caso del Museo della Scienza di Hong Kong, ma l’emozione più grande è derivata dal lavorare con un uno dei miei eroi: Carl Sagan.
Che ti intrigava in Sagan?
Eravamo grandi fan della sua serie televisiva “Cosmos”. Lui è stato non solo un astronomo nei planetari, un professore universitario e un efficace personaggio televisivo, ma anche un pioniere nella ricerca della biologia extraterrestre e un fervente sostenitore del valore della vera scienza. Ha portato la scienza nella televisione generalista, invogliando la gente comune a saperne di più.
In cosa è consistita la commissione?
Abbiamo lavorato con lui e il suo team per un documentario del programma “SETI” (Search for ExtraTerrestrial Intelligence), quando la sonda spaziale Voyager 2 ha fornito il primo sguardo su Nettuno spedendo sulla Terra le immagini di quello che è il pianeta più lontano all’interno del Sistema Solare.
Generalizziamo: nomi e album essenziali per comprendere la new age.
È difficile circoscriverla a pochi album, soprattutto perché comprende un'ampia varietà di stili e generi diversi. Il tipico cartellone di un festival new age poteva includere un duo di chitarre folk, un ensemble di percussioni, un suonatore di campane tibetane, un pianista, una danzatrice del ventre e quel duo che abbinava synth analogici a flauti e Lyricorn, chiamato Emerald Web. Partirei da “Spectrum Suite” di Steven Halpern, poi “Icarus” del Paul Winter Consort, “Inter-Dimensional Music” di Iasos, “Heaven And Hell” di Vangelis e terminerei con due giapponesi: “Snowflakes Are Dancing” di Isao Tomita e “A Bell Ringing In The Empty Sky” del suonatore di flauto shakuhachi Gorō Yamaguchi.
Un vostro titolo?
Probabilmente quello che cattura meglio il genere nella sua versione elettronica è “Valley Of The Birds” dell’81.
Cosa resta, oggi, di quel movimento che inneggiava a una rinascita spirituale, a una “nuova età”, negli Anni ’70 e ’80?
Va compreso innanzitutto che la spiritualità new age si è diffusa come risposta al movimento per i diritti civili, alla guerra del Vietnam e ai disordini che attraversavano il mondo durante la seconda metà dei seventies. Da allora, sempre più persone si sentono libere di dire che sono spirituali ma non religiose; prima, questa distinzione non era diffusa. È accaduto perciò che molti concetti e pratiche new age sono stati integrati nella cultura occidentale tradizionale e nelle sue comunità religiose. Attualmente discipline quali yoga, meditazione o massoterapia sono accettate come opzioni terapeutiche grazie alla loro conclamata efficacia.
Niente fuffa?
Temo che alcuni dei concetti new age meno rispettabili siano cresciuti al punto che, talvolta, cercano di oscurare o sostituirsi alla conoscenza scientifica.
Cosa conferisce significato alla tua esistenza?
La mia musica nasce dal legame che ho con Natura e Spirito. In effetti, tutta la musica degli Emerald è stata creata come parte di un viaggio spirituale condiviso. Ancor oggi creo “risiedendo” in quel luogo di magia, meraviglia e ispirazione. Ho ricevuto tante email da fan che mi ringraziavano perché la mia musica li aveva tirati fuori da un periodo buio. L'ascolto degli Emerald ha ricordato loro che il mondo è popolato anche da spiriti affini e hanno compreso di non essere soli. Ecco dove trovo un senso: nel fatto che l'impatto che abbiamo avuto sulle persone già mentre siamo ancora qui a parlarne, beh, quell’impatto continuerà anche dopo la fine delle nostre vite.
L’elettronica che prevedi nel futuro prossimo?
La maggior parte del pop di oggi è, tecnicamente, musica elettronica, poiché viene creato utilizzando suoni digitali e pochissimi strumenti acustici, oltre alla voce. L’elettronica, per sua stessa natura, è in continua evoluzione, perché dipendente dai rapidi cambiamenti tecnologici costantemente in corso. Il prossimo stile musicale rivoluzionario potrebbe essere semmai un contraccolpo a discapito dell'intelligenza artificiale e della tecnologia, lanciando un sound strettamente acustico e con poca produzione.
L’industria musicale nel futuro?
Un'altra rivoluzione interessante potrebbe essere quella di scovare una maniera migliore per monetizzare la musica, in modo che i musicisti possano essere adeguatamente pagati per il loro lavoro. Uno degli aspetti più interessanti della new age è stata la possibilità di vendere musicassette direttamente ai fan; è stata una delle ragioni alla base della fioritura del genere, in un'epoca in cui erano le case discografiche a determinare quali musicisti avrebbero potuto essere ascoltati (e quelle società, di norma, non erano aperte a sonorità o stili alternativi); se non si rientrava nei loro schemi, era praticamente impossibile ottenere un contratto discografico e i negozi di dischi vendevano solo album provenienti da etichette discografiche “ufficiali”. Noi e gli artisti hip-hop ci affidavamo alla vendita delle cassette, per autofinanziarci.
Una situazione che incrementava una certa umanità, tra venditore e compratore.
Per un fan era molto gratificante dare i soldi per l'acquisto di un album direttamente al musicista e sapere che i soldi sarebbero andati all'artista per sostenere la sua musica e, per il musicista, era una piacevole sensazione di conferma sapere che delle persone apprezzavano la sua musica al punto da acquistargliela. Ora la musica viene ascoltata in streaming e non acquistata, il che rende molto poco al musicista.
Proposte risolutive?
Una possibilità potrebbe essere un nuovo servizio di streaming che aggiunga un pulsante di donazione sullo schermo e, ogni volta che viene riprodotta una canzone, l'ascoltatore può cliccare e donare pochi centesimi che andrebbero direttamente al musicista. Credo che ai fan piacerebbe avere questa possibilità. Se un ascoltatore si affeziona a una canzone, vuole sostenerla. Un passo nella giusta direzione è la piattaforma di distribuzione online Bandcamp, che permette di ascoltare in streaming, vendere album fisici e scaricare musica; quando un brano o un album vengono acquistati, all’artista viene spedita un’email di notifica e in poco tempo viene saldato.
Sono molte le tematiche che accendono il dibattito sulla musica contemporanea, ma si parla poco del sostegno finanziario agli artisti come parte integrante del rapporto musicista-ascoltatore.
Tutti noi, in un modo o nell’altro, ascoltiamo musica e i musicisti hanno il sacrosanto diritto di vivere con dignità ed essere rispettati per il lavoro che fanno. Mi preoccupo soprattutto per i giovani emergenti, perché mi pare diventi sempre più improbabile fare carriera nel nostro settore. Nel mio caso, per oltre cinquant'anni ho vissuto come professionista: non è stato facile ma si è trattato di un viaggio emozionante, divertente, drammatico ma anche gratificante, sotto il profilo spirituale.
Possibile individuare vantaggiose modalità di impiego dell’I.A. senza sacrificare l'imprevedibilità della creatività umana?
Che ci piaccia o no, sono convinta che molta della musica del futuro sarà composta ed eseguita utilizzando l'intelligenza artificiale. L'I.A. è già utilizzata in molta della musica che ascoltiamo oggi, come nella produzione di musica pop, nei cori di accompagnamento dei concerti, nelle colonne sonore dei film e ormai si è espansa a ogni genere musicale. Produrre in questa modalità sarà sempre più veloce ed economico, rispetto che assoldare un vero musicista.
Speranze per le categorie degli interpreti e dei compositori?
I bravi musicisti possono comunque usare l'I.A. in modo creativo, così come usano i sintetizzatori o qualsiasi altro strumento. Ma, questo sì, ci saranno sempre meno musicisti creativi. Ci ritroveremo con producer che faranno musica senza creare nulla di nuovo, fintanto che la musica verrà impiegata come carne per hamburger e dunque macinata, mescolata e appiattita. Le esibizioni live continueranno a essere apprezzate e sono persuasa che persisterà l’apprezzamento nei confronti di quegli artisti con una visione genuina che deriva dal nostro essere umani dotati di cervello ma anche di emozioni, di un vissuto, di uno spirito. Resta il fatto che buona parte della musica destinata a un rapido consumo sarà appannaggio dell’I.A.
Sotto un profilo tecnico, perché l’opzione digitale non riesce ancora a restituire la grana dell’analogico?
È certamente più comodo fare musica elettronica dal vivo con un iPad piuttosto che con un Arp 2600, ma mi sono divertita a fare entrambe le cose. I primi synth non avevano preset o raccolte di suoni e toccava accordarli e programmarli mentre li suonavi. Sotto il profilo tecnologico gli strumenti analogici hanno un design più immediato e consentono una sensazione di “contatto manuale” che offre una qualità tattile non indifferente. C'è qualcosa di gratificante, nel creare in quel modo i propri suoni analogici. Di per contro apprezzo l’enorme palette audio disponibile con i campionamenti digitali e i soft synth; di sicuro il digitale mette a disposizione molte più scelte.
Perciò…
Perciò la preferenza per l'analogico potrebbe essere dovuta a un po' di nostalgia e a pregiudizi emotivi. Molte pietre miliari del genere sono state realizzate con synth analogici quando non esisteva un’alternativa, sicché i primi suoni analogici hanno fatto scuola divenendo molto influenti e sono entrati nella nostra memoria uditiva. Sono solita dire che l’analogico è più terroso, più grezzo, ha in se una certa “sporcizia”.
La scelta peggiore, nella tua carriera musicale?
Smettere di cantare nei miei album. E poi, forse, lasciare San Francisco è stata una decisione di grande impatto, perché ci ha allontanati dalla nostra cerchia di amici musicisti, dal nostro seguito e dai tecnici e scienziati che frequentavamo. Tuttavia, oggi riconosco un certo valore alla serenità che comporta abbandonare la “corsia di sorpasso”.
Esistono ancora case discografiche capaci di garantire una concreta promozione all’artista?
Partiamo da una considerazione: io non conosco nessuna casa discografica mainstream interessata a promuovere il mio genere. Tuttavia, esistono molte piccole etichette discografiche di proprietà di veri appassionati della musica, che pubblicano ristampe di album lodevoli in quantità relativamente ridotte. Queste etichette contribuiscono a mantenere viva la musica, incoraggiando artisti come me a restaurare, digitalizzare e rimasterizzare i nastri master di alcuni degli album che abbiamo nominato in questa conversazione.
La promozione che offrono ti soddisfa?
Le realtà a cui mi riferisco non possono fare chissà che promozione e le ristampe non fanno guadagnare molto, né agli artisti né all'etichetta. Tuttavia, il loro lavoro contribuisce a far conoscere certa musica a nuovi papabili fan e a mantenerla oggettivamente in vita, prima che i nastri master si disintegrino in polvere.
Dammi i nomi che hai in mente.
Per gli Stati Uniti re:discovery record, Anodize e Sebastian Speaks. Nel Regno Unito Trading Places e Finders Keepers. In Germania la Long Hair. Bene anche la Stoned To Death nella Repubblica Ceca.
Qual è il brano musicale più straordinario che ti viene in mente?
La suite “I pianeti” di Gustav Holst è forse il lavoro che più ha influenzato il modo in cui intendo composizione e orchestrazione.
La location più improbabile dove si sono esibiti gli Emerald Web?
Ho suonato per i delfini al Dolphin Research Center nelle Florida Keys, per un elefante allo zoo di Oakland, in California, e nelle caverne delle Great Smoky Mountains. Inoltre, come avrai capito, la nostra musica si rivolgeva in particolare ad altri appassionati di scienza, tecnologia e fantascienza, quindi ci esibivamo in luoghi tipo la California Academy of Sciences, il Morrison Planetarium, l’Exploratorium Science Museum o il Chabot Astronomical Observatory.
Il pubblico della fantascienza deve essere particolarmente caloroso.
Senti questa. Come puoi immaginare, nel 1982 c’era molto interesse attorno a fenomeni televisivi come “Star Trek” e alla saga cinematografica di “Guerre Stellari” e le loro convention erano uno spasso. Partecipammo una volta a una di queste e ricordo che io e Bob stavamo montando la strumentazione dietro al sipario mentre, davanti al pubblico, si alternavano vari membri del cast di “Star Trek”. A un certo punto finiscono di intervistare l’ultimo attore e il presentatore fa il suo annuncio: “Signore e signori, ecco a voi gli Emerald Web!”; si alza il sipario, si accendono i riflettori e attacchiamo a suonare, senza riuscire a distinguere le persone in platea. Terminiamo lo spettacolo e, in ultima, si accendono le luci di sala. E cosa vediamo? A tributarci una standing ovation c’erano decine di klingoniani, ufficiali della Flotta Stellare, maghi d’ogni tipo, Horta, troll, orchi, tribbles, wookiee e qualche Dart Fener.
E poi c’era il mondo delle Arti.
Il leggendario pittore Robert Rauschenberg era un mio caro amico, e non sai quanti viaggi mi sono fatta con lui per suonare alle inaugurazioni delle sue mostre, sia negli Stati Uniti che in Europa. Non ti dico l’emozione. Mi sono esibita in posti quali il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum of Art di New York, alle Nazioni Unite, al Guggenheim di Venezia e di Bilbao…
Questa è di John Keats: “Non vedete come sia necessario un mondo di dolore e tribolazioni per formare l’intelligenza e plasmarne l’anima?”
Purtroppo, almeno in parte, è vero. La mia speranza è che gli esseri umani evolvano il loro senso di empatia al punto da riuscire a imparare dal dolore altrui, senza doverlo attirare su se stessi. Invecchiando sento di essere diventata più saggia e riesco a vedere la vita da una prospettiva diversa: cerco di vivere il momento, di apprezzare le cose meravigliose che ho, di capire il dolore degli altri e di aiutarli quando posso.
Anche nel pezzo più ritmato, il vostro sound trasuda un’atmosfera di gentile malinconia.
Già, quello che abbiamo creato incorporava più luce lunare che solare. Ha elementi di mistero, fantasia, psichedelia, spiritualità, sogno, speranza ma anche oscurità. Questa energia a volte si connette all'anima di una persona sensibile, soprattutto quando sta attraversando un periodo difficile.
Potessi rivivere un momento della tua vita, quale sarebbe?
Starmene sdraiata accanto a mio marito, Bob, sotto un cielo stellato, in quella spiaggia di Captiva Island…
Com’è avvenuto, il tragico incidente di Bob?
Annegò nella nostra piscina dove stava facendo qualche vasca, a causa di un aneurisma aortico.
Che tipo di persona era?
Aveva un grande senso dell'umorismo. Era un miscuglio di tanti elementi: era spirituale, ottimista, uno scienziato, aveva un talento innato come musicista ma anche come artista visivo, era un tipo di mentalità aperta. Amava starsene nella natura e praticare escursioni. Condividevamo la passione per la musica e i viaggi spirituali. Aveva un’energia inesauribile ed esplorava sempre nuove idee, nuove tecnologie e inedite soluzioni artistiche. Ci siamo divertiti molto e abbiamo condiviso la nostra ricerca della Conoscenza: io e lui cercavamo attivamente di approfondire la comprensione della nostra natura spirituale attraverso l'apprendimento e la pratica.
Quasi scordavo la domanda più scontata di tutte: l’origine del vostro nome.
Due elementi ci hanno ispirato “Emerald Web”. In primis eravamo degli estimatori dei King Crimson, e ci pareva che smeraldo e cremisi stessero bene insieme. In secondo luogo negli Anni '70 sperimentammo degli effetti laser da utilizzare come spettacolo di luci per i concerti. All'epoca era disponibile principalmente il laser a elio-neon, che però non produceva quei tipici raggi rossi molto luminosi che si è soliti immaginare. Il top sarebbe stato il laser ad argon, il cui utilizzo poteva rivelarsi piuttosto pericoloso. Pensa che perfino per il laser a elio-neon c’era bisogno di un operatore con uno speciale patentino che lo autorizzasse a impiegarlo in pubblico. Quando pensavamo alle nostre esibizioni, fantasticavamo di avere un laser ad argon che producesse potenti raggi di luce verde.
Quella fantasia è divenuta realtà?
Dopo alcuni anni riuscimmo ad accedere a quella tecnologia, durante un live nella cupola stellare del Morrison Planetarium di San Francisco: ricordo ancora il vorticare dei pianeti, il movimento delle stelle nel cielo, il suadente passaggio delle comete, le meteore in caduta libera e l’orbitare di tanti altri oggetti celesti; sul palco, a pochi centimetri dalle nostre teste, lampeggiavano finalmente quei laser ad argon che avevamo tanto desiderato, e creavano, appunto, una suggestiva ragnatela verde smeraldo.
Qual è l’aspetto più straordinario dell’essere un artista?
Provenendo dallo spirito dell’artista, la musica ha la capacità di toccare lo spirito di un'altra persona, scavalcando i limiti del linguaggio ma anche della cultura e del pensiero. La mia intenzione è di trasportare l'ascoltatore in un altro luogo, in un'altra emozione, in un'altra dimensione. La musica può questo. Può creare uno stato d'animo pacifico, sostenere la guarigione e ispirare, oppure può essere arrabbiata, ruvida e dolorosa. Essa è un medium efficace per far sperimentare all’ascoltatore le grandi emozioni e i grandi temi della vita. Per quanto ci sforziamo, a esempio, non riusciremo mai a esprimere a parole un’emozione devastante con un’intensità pari a quella della musica. Una canzone di qualità può spalancarti il cuore e nutrirti l’anima come anche liberarti dall’identificazione con ciò che è meramente di questo pianeta e stimolarti ad accedere al livello successivo. Questo è un superpotere!