Black Heart Procession

Notturno californiano

intervista di Magda di Genova

Quando arrivo al bellissimo albergo art-deco nel centro di Milano, dove incontrerò i Black Heart Procession per un'intervista, Tobias Nathaniel (vestito completamente di nero, con capelli lunghi e barba incolta) è per la strada a fumarsi una sigaretta e bere una birra. Cominciamo a chiacchierare e mi spiega che non ha dormito più di 10 ore totali nelle ultime tre notti.
A un certo punto si guarda intorno e sorprende un poliziotto a fissarlo, come per dire: "Cosa ci fa un barbone tale, fuori da quel albergo, mentre sbevazza, sfumazza e parla con quella tizia in tailleur?". A quel punto Tobias guarda prima la bottiglia di birra che tiene in mano, poi guarda me come per dire: "Ecco, ci siamo: la fine perfetta di una settimana estenuante".
Da parte mia non posso fare altro che sorridere e rassicurarlo: "Tranquillo: non può dirti nulla e non ti dirà nulla. Forse è solo un po' sorpreso".


I Black Heart Procession hanno appena festeggiato i loro primi dieci anni di vita…
Tobias (a Pall): Sono già dieci?!
Pall (a Tobias): Sì, quasi.
Tobias: Wow!
Facciamo un piccolo bilancio?


Pall: Abbiamo pubblicato cinque/sei dischi…
Cinque o sei?
Pall: Cinque dischi e qualche Ep e 7"… Ora viviamo con la musica che suoniamo, viaggiamo moltissimo e abbiamo avviato uno studio di registrazione.
Sono successe così tante cose, sai, e sono tutte favolose ed entusiasmanti, ma abbiamo dovuto lavorare molto per arrivare a dove siamo ora.
Se fossimo stati il tipo di pessimi studenti o pessimi impiegati, avremmo rinunciato tempo fa, non saremmo stati in grado di fare tutto questo: mettiamo molto impegno in tutto quello che facciamo e ci impegniamo perché le cose vadano per il meglio.
Tobias: Possiamo dire che siamo cresciuti in generale e c'è stata una generale evoluzione nelle nostre vite: cresciamo e questo cambia anche il nostro modo di pensare.

È stato facile pubblicare un disco come "One" nel 1997? Pensate che la diffusione di suoni molto tranquilli come il trip-hop abbia aiutato il suo successo, a ridosso dell'era del grunge?
Pall: Penso che "Number One" fosse una nostra reazione, volevamo fare qualcosa che sentissimo esclusivamente nostro. Non abbiamo mai pensato seriamente a incidere un disco: abbiamo cominciato a fare musica a casa mia… sai, gironzolavamo insieme, bevevamo un sacco e stavamo facendo questa cosa… davvero, non pensavamo di incidere un disco, ma nel momento in cui ci siamo resi conto di avere sette canzoni, è stato naturale pensare: "Ne abbiamo abbastanza per un disco, facciamone altre!". A questo punto abbiamo noleggiato lo studio per un solo giorno, per registrare il disco esattamente come volevamo farlo.
L'idea alla base dei Black Heart era che non potevamo rifiutare nulla all'altro: Toby non poteva dire di no alle mie idee e io non potevo dire di no alle sue e questo è durato per quasi tutto il primo disco (ridono). Poi abbiamo cominciato a dire: "No, cosa stai facendo?" "No, cosa stai facendo tu?" L'idea iniziale era quella di fare qualcosa di estremamente personale, un disco che ci facesse sentire completamente a nostro agio.
È stato pubblicato dalla Cargo Records e non abbiamo chiesto molti soldi, non pensavamo di fare una lunga tournée…
Non scorderò mai il momento in cui stavamo ascoltando per la prima volta il nostro disco per intero: stavamo tornando a casa con la mia macchina ed era praticamente notte fonda e quando è finita anche l'ultima canzone, ci siamo guardati a vicenda e ci siamo detti: "Abbiamo fatto un bel disco!" e abbiamo deciso di fare un giro di telefonate per presentarlo, senza troppe aspettative. Poi, prima del secondo disco, la Touch & Go ci ha contattati e ci ha domandato se ci andava di fare un disco con loro e la Touch & Go era un'etichetta che seguivamo da sempre.
È cominciato tutto molto innocentemente e naturalmente, dalla nostra voglia di fare qualcosa che noi reputavamo diversa, diversa e unica, qualcosa che non avessimo già fatto, capisci? Poi ha continuato semplicemente a evolvere.
Tobias: L'intento non era quello di formare un gruppo, quindi, se ci stai chiedendo se fosse più semplice all'epoca di quanto lo sia ora, non c'è poi tanta differenza. Forse, ora, ci poniamo diversamente, ma dal momento che l'idea iniziale era quella di non essere il solito gruppo, è sempre stato difficile.
Pall: … Penso che ora - non per contraddire quello che hai appena detto - sia molto più difficile, in un certo senso: Toby vive a Portland e scrivere insieme è diventato complicato. Il progetto è nato perché sbevazzavamo insieme (sorride): c'era il piano, c'eravamo noi e abbiamo cominciato a fare musica. Ora dobbiamo fare un vero e proprio sforzo per incontrarci e fare un disco. Da questo punto di vista, è sicuramente un po' più complicato, ma il desiderio di e le ragioni per fare musica sono quelle iniziali e niente e cambiato.

Sono sempre stata affascinata dai titoli che scegliete per i vostri dischi, quindi ho preparato alcune domande: perché avete scelto di terminare proprio con "Three" la serie di album intitolati con numeri?
Pall: Fondamentalmente "Number Three" è stato il terzo album in tre anni di fila. Non c'è stata una ragione intenzionale, è stato più che altro naturale che finesse in quel periodo. Poi abbiamo iniziato a scrivere "Amore del Tropico" e ci stavamo accorgendo che c'era una nuova situazione e potevamo andare avanti con "Four", "Five" e "Six", ma prima o poi avremmo dovuto cambiare.
In realtà l'abbiamo intitolato "One" perché pensavamo che sarebbe stato l'unico disco, poi sono arrivati "Two" e "Three" e ci siamo spostati verso qualcosa di differente, mentre "Amore del Tropico" ha dato vita a una svolta, quindi abbiamo deciso di intitolare così il disco.
Con "The Spell"… Penso sia un titolo che si adatta benissimo al disco. Abbiamo deciso il titolo a quasi metà della sua scrittura: l'idea stava offuscando moltissime registrazioni.
Tobias: … Forse il prossimo disco si intitolerà: "Four".
Pall: Sai, con "One", "Two" e "Three" abbiamo veramente dovuto imparare a contare…
Tobias: … non sapevamo dell'esistenza del 4, ma ora lo conosciamo!
Pall: Non avrei immaginato che i numeri fossero così tanti!
Se guardi l'artwork di "Amore del Tropico", da qualche parte c'è un 4. Non ricordo se sul cd o sul vinile, ma c'è un 4, forse nel titolo. Per "The Spell", c'è un 5 nell'artwork del cd. Continuiamo a numerare i dischi, ma abbiamo anche cominciato a dar loro un titolo.

Abbiamo già parlato di "The Spell", quindi ora posso chiedervi di "Amore del Tropico". C'è una piccola discrepanza tra il titolo del disco e quello di una canzone: "Tropics of Love", ma sono più che certa che lo sapete già, immagino tua madre te l'abbia fatto notare (la mamma di Pall è italiana).
Pall: Be', mia mamma mi ha aiutato con la traduzione. Volevamo che fosse leggermente diverso, quindi mi ha aiutato a venirne a capo.

Torniamo a "The Spell". Penso che il suo suono sia più vicino alle atmosfere cupe dei primi tre lavori, che ad "Amore del Tropico". Come siete arrivati a ottenere questo suono?
Tobias: Ci siamo arrivati passando per "Amore del Tropico": c'erano moltissime persone coinvolte nella lavorazione di quel disco. C'era una canzone in cui suonavano trenta persone e…
Pall (a Tobias): Non c'erano trenta persone!
Tobias (a Pall): Certo che c'erano! Pensa a "Tropics": c'erano tre coriste, un quartetto d'archi… guarda che erano tante!
Pall: È vero…
Tobias: Ad ogni modo, sono convinto che, in quel disco, abbiamo avuto molte difficoltà nel riproporre le canzoni dal vivo e per "The Spell" abbiamo consciamente tentato di semplificare le canzoni in modo da riproporle in concerto, anche con una strumentazione diversa, ma in maniera tale da ricreare la stessa atmosfera del disco.

Dove, quando e come avete registrato "The Spell"?
Pall: Lo abbiamo scritto parte a Portland e parte a San Diego. All'inizio ero io che andavo a Portland, ma poi, la maggior parte delle volte, erano i ragazzi che scendevano a San Diego, dove abbiamo cominciato a scrivere insieme, dove abbiamo lo studio nel quale abbiamo anche registrato, prodotto e mixato.

Nei vostri dischi c'è sempre qualcosa suonato in maniera peculiare. La sega suonata con l'archetto, per esempio.
Avete suonato qualche oggetto in maniera inusuale anche per questo disco?
Tobias: "The Waiter"! "The Waiter" ha delle cose buffe. Abbiamo usato un serbatoio d'acqua per le percussioni e… (tutto contento) io suono una spugna!
Pall: Io ho registrato tutte le parti di violino attraverso un tubo a tenuta stagna per ottenere un suono molto distante, come un vecchio registratore … Abbiamo registrato molti strumenti attraverso quel tubo per "The Waiter", sai, per ottenere questo vecchio, vecchio suono.
Come arrivate a pensare a suonare questo genere di oggetti?
Pall: Be', le registrazioni attraverso i tubi sono state fatte da diversi produttori e ingegneri in passato … Avevamo bisogno di qualcosa che riproducesse il suono di qualcosa che gratta, così abbiamo provato a suonare un quotidiano, ma la spugna aveva un suono migliore. Semplicemente proviamo cose e sperimentiamo.
Qundi è qualcosa che, secondo voi, la canzone necessita.
Pall: Be', a volte non lo sai, a volte fai delle prove: vuoi aggiungere un elemento e fai un paio di tentativi e qualcosa si svilupperà entro breve.
Tobias: C'è sempre una strumentazione inusuale, ma con una solida e sofisticata progressione melodica.
Sono queste le canzoni alle quali non vedo l'ora di lavorare, di suonare oggetti strani, ma lasciare che il brano rimanga tangibile.
Qual è la formazione sul palco?
Pall: Ora siamo in cinque.
Per quanto, invece, riguarda lo studio?
Pall: Lo stesso: siamo solo noi cinque a suonare sul disco. (Guardando Tobias) Non credo ci sia qualcun altro.
Tobias: No.
Pall: Di solito siamo in quattro, ma in alcune canzoni siamo in cinque.

Nelle vostre canzoni domina un clima cupo e depresso, riconducibile all'immaginario "gotico". Che importanza ha per voi quel immaginario, sul piano non solo musicale, ma anche letterario?
Tobias: Penso che già essere vivi ed evolverci come persone sia capire la natura più cupa dell'umanità, esserne cosciente ed esserne in contatto ti permetterà di evolverti fino a un livello più altro di "comprensione", altrimenti rimarrai sempre dove sei. Conosco molte persone che si rifiutano di pensare a qualsiasi cosa negativa, ma rimarranno sempre allo stesso livello.
Facciamo la musica che facciamo, ma a volte è interessante riflettere su cosa la nostra musica significa per noi e significa per me.
Pall: Al di fuori del gruppo abbiamo anche una vita ed è giusto essere felici e goderci la vita, sai, ma è anche giusto essere coscienti di quello che ci succede attorno.
Pensate che suonare musica triste sia utile a liberarsi della tristezza dalla vostra vita?
Tobias: Assolutamente! Sì! Si tratta di essere cosciente di determinati aspetti e uscire dalla tua routine ed è questo che ti fa sentire meglio. Per esempio, in tournée suoniamo tutte le sere e per quell'ora della mia giornata devo salire sul palco e liberare questi sentimenti, qualsiasi essi siano: se tristezza o malinconia. Io ho una valvola di sfogo da cui liberarmi di questi sentimenti e mi aiuta a "pulire" i miei pensieri.

Un altro elemento molto presente nella vostra musica, è quello cinematografico. Vi hanno mai domandato di comporre la colonna sonora di un film?
Pall: Recentemente. Una persona che conosco sta lavorando a un film intitolato: "The Tailor" e stiamo componendo alcune canzoni per questo film.
Abbiamo musicato qualche spot, "Animal Planet" ha usato la nostra musica, "Nip/Tuck" ha usato la nostra musica, "Happy Endings" il film…
Tobias: Ho sempre pensato che la nostra musica fosse prettamente cinematografica, ma musicare un film… la gente ha l'abitudine di assegnare questo tipo di mansioni a chi l'ha già fatto e a chi già conosce. È una situazione un po' "politica", suppongo.
Pall: Ci piacerebbe molto farlo.
Tobias: Assolutamente!
Pall: Ci auguriamo che un giorno, qualcuno con un buon film, una buona situazione, ci domandi di musicare un intero film con una colonna sonora originale. Sarebbe assolutamente fantastico.
C'è qualcuno con il quale vi piacerebbe lavorare o un particolare genere di film che vorreste musicare?
Pall: Mi vengono in mente diversi registi, sai. Sarebbero comunque quei nomi ovvi, come David Lynch o Francis Ford Coppola… (sorridiamo)

Nel momento in cui scrivete canzoni, vi aiutate pensando a immagini particolari, come fossero piccoli film?
Pall: Sì, penso che l'immaginazione sia l'aspetto più utile quando scrivo canzoni.
A volte le liriche arrivano velocemente e capisco istantaneamente quello di cui hanno bisogno. Altre volte devo aspettare che sia la musica a indirizzarmi. Molte altre volte mi aiutano le parti di pianoforte di Toby. Aspetto quel momento: quando improvvisamente qualcosa comincia ad apparire. Sì, l'immaginazione aiuta molto.
Tobias: Per quel che mi riguarda, non è una questione di immaginazione, ma di "sensazione": è qualcosa a livello emotivo che mi fa capire che quello che scrivo è valido. Il più delle volte lo capisco quando una canzone è terminata, ma durante la scrittura per me è diverso: si tratta più di un sentimento.

Pall, hai recentemente lavorato con i Dévics al loro nuovo disco: " Push The Heart ". È stato facile lavorare con un gruppo le cui atmosfere sono cupe quasi quanto quelle dei Black Heart Procession?
Tobias: Quasi cupe quanto le nostre! (ridono)
Pall: Sono delle persone fantastiche, super-meravigliose, di grande talento. Dustin e Sara sono super, super carini, molto pazienti e tranquilli. Abbiamo avuto alcuni problemi tecnici, ma lavorare con loro è stato davvero piacevole perché si impara sempre qualcosa. Cerco sempre di imparare qualcosa dalle persone con lui lavoro, sai, e loro sono sicuramente persone molto ispirate.
Com'è nata questa collaborazione?
Pall: Siamo amici da più di dieci anni: abbiamo suonato con loro diverse volte e la nostra amicizia è cresciuta negli anni. Quello che non è successo è che non abbiamo mai fatto un tour vero e proprio insieme. Dovremmo essere in tournée insieme negli Stati Uniti quest'anno.

(Milano, 24 marzo 2006)