In occasione della pubblicazione del terzo disco dei Bonny Light Horseman, ho incontrato su Zoom il musicista e produttore Josh Kaufman. Insieme abbiamo parlato di alcune canzoni contenute in “Keep On Your Mind/ See You Free” e della peculiare scelta di realizzare la prima registrazione in un pub in Irlanda con la presenza del pubblico, ma anche ripercorso alcune tappe nella storia della band. Siccome Kaufman ha prodotto due dei miei album preferiti degli ultimi anni – “Off Off On” e “An Overview On Phenomenal Nature” – non potevo non chiedergli qualche suo ricordo del lavoro svolto con Kate Stables e Cassandra Jenkins. E, per me, è stato un po’ come un cerchio che si chiude, dato che con le due cantautrici avevo già avuto modo di dialogare.
Durante un’intervista con Paste Magazine, Eric ha detto che il vostro “primo album era costituito da vecchie storie fatte suonare come se fossero nuove”, mentre il vostro secondo disco era fatto da “storie nuove interpretate come se fossero vecchie”. Quando e perché avete iniziato a comporre nuovi brani per questo progetto?
Molte delle canzoni nel nostro album di debutto sono interpretazioni di brani tradizionali provenienti principalmente dal Regno Unito e dall’Irlanda. Per “Rolling Golden Holy”, invece, abbiamo provato a scrivere noi dei brani seguendo tali modelli e sfruttando i temi topici di questo vasto repertorio storico. Il lavoro per “Bonny Light Horseman” ci ha commosso molto e abbiamo trovato stimolante l’idea di scrivere brani che potessero avere lo stesso nucleo umanistico e senza tempo che si osserva nei traditional e che fossero in grado di entrare in dialogo con essi.
Come si inserisce il vostro nuovo doppio album nella storia e nelle intenzioni della band?
Per questo nuovo lavoro abbiamo scritto molto di più usando come punto di partenza le nostre esperienze personali. Mentre le nostre vecchie canzoni si focalizzavano sull’idea di un’emozione, ora l’attenzione è sul nostro vissuto: le nostre vite sono poste al centro del disco.
Mi piace molto il fatto che il titolo dell’album suggerisce un movimento circolare: sembra che le canzoni ai margini si richiamino a vicenda, che in un certo senso dialoghino fra loro.
Penso che in tutte le canzoni coesistano le due dimensioni del titolo. Da un lato il desiderio di rimanere connessi, di restare nel cuore delle altre persone, dall’altro la volontà di vedersi liberi e felici. È effettivamente un movimento circolare, ma si è verificato molto casualmente, senza che lo pianificassimo.
Hai mai provato ad ascoltare il disco partendo dalla fine, seguendo il movimento opposto?
No, ma effettivamente è un’idea intrigante. Eric è molto bravo nel selezionare l’ordine delle tracce e mi ricordo che abbiamo provato “See You Free” all’inizio del disco a un certo punto. Ma “Keep Me On Your Mind” ci sembrava la scelta giusta.
Anche perché concludere con l’assolo di chitarra di “See You Free” offre un congedo davvero catartico.
Non ci avevo pensato, ma effettivamente riproduce anche il modo in cui strutturiamo i nostri concerti: una lenta crescita di tensione con il rilascio finale mediante un crescendo strumentale.
L’album è stato registrato per metà durante una performance in un pub in Irlanda, ma in seguito avete aggiunto alcuni strumenti e particolari in studio. Come avete valutato quando aggiungere qualcosa e cosa aggiungere?
In genere, mi piace registrare delle performance live e cercare di lasciarle intatte il più possibile, ma con qualche incantesimo in studio si possono aggiungere piccoli dettagli. Un esempio è “Old Dutch”, il cui video musicale peraltro consiste proprio nell’esecuzione live nel pub. Ci sembrava che mancasse qualcosa che potesse riprodurre completamente l’energia che c’era in Irlanda. Una delle aggiunte è la parte di chitarra acustica di Anaïs che trovo spinga ritmicamente l’intero brano. In generale, è come avere una seconda opportunità per provare a dire qualcosa in più e per aggiungere sfumature emozionali al brano.
Adoro il coro di “Speak To Me Muse”: porta la canzone proprio a un altro livello emotivo.
È stata una sfida registrare gli strumenti e le voci delle persone nel pub in maniera bilanciata. Invitarle a cantare con noi però è stato molto naturale. Era come se avessimo a disposizione un altro strumento nella stanza.
Ci sono 18 canzoni in “Keep On Your Mind/See You Free”. Hai delle preferenze?
Ovviamente mi piacciono tutte, ma alcune mi hanno sorpreso quando abbiamo iniziato a suonarle dal vivo nei nostri concerti. “Old Dutch”, è una di queste, anche perché abbiamo trovato un nuovo arrangiamento per i live. Adoro anche “Speak To Me Muse” e “Your Arms (All The Time)”. Ma in generale sono molto orgoglioso dell’intera raccolta!
Vorrei parlare ora di una delle vostre prime canzoni, “Bonny Light Horseman”: perché è diventata così importante da dare non solo il titolo al vostro primo album, ma addirittura al gruppo?
La canzone risale all’epoca napoleonica e mi ricordo che Anaïs aveva iniziato a suonarla nel mio vecchio studio prima ancora che avessimo una vera e propria band. La melodia e l’armonia del brano ci sembravano essere moderne e tradizionali al tempo stesso. Quando abbiamo iniziato a lavorare anche con Eric, abbiamo sperimentato con le loro voci che cantano all’unisono invece che cercare armonie vocali. Questa canzone ha aperto molte porte per noi come band, ma non avevamo pianificato di chiamarci così. Solo prima del nostro primo concerto insieme, dovendo inviare un nome per il programma, Anaïs ha proposto Bonny Light Horseman e ci è sembrato appropriato.
La vostra interpretazione di “The Roving” è stata una delle mie canzoni preferite del 2020 e l’ho ascoltata molto durante i primi mesi della pandemia. Come avete selezionato i brani tradizionali da suonare e registrare?
“The Roving” è basata su una canzone tradizionale che ho trovato in un libro e il cui testo mi aveva colpito molto. Partendo dal traditional, abbiamo poi aggiunto parti testuali e nuove melodie. Come “Bonny Light Horseman”, anche “The Roving” è stata archetipica per il modo in cui abbiamo cercato di rendere una vecchia canzone come se fosse una delle nostre, autentica in un certo senso.
Come produttore hai lavorato ad alcuni dei miei dischi preferiti: “Off Off On” di This Is The Kit e “An Overview” di Cassandra Jenkins. Cosa mi puoi dire di questi dischi e del tuo coinvolgimento nella loro realizzazione?
“Off Off On” è stato proprio l’ultimo album che ho registrato prima del lockdown. Sono sempre stato un fan del lavoro di Kate Stables e lavorare con lei è stato come un sogno che diventa realtà. Di solito quando produco un disco, cerco di essere nella stanza e suonare anche io uno strumento per iniziare a creare un certo groove o l’energia per la registrazione. Quindi è stato molto divertente e speciale suonare con Kate, Rozi e la band.
Cassandra invece la conosco da molto tempo e aveva cantato delle background vocals in alcuni album che ho prodotto. Immagino si sia sentita a suo agio con me e abbiamo iniziato a lavorare alle canzoni molto prima della pandemia. Il nucleo dei brani è sempre partito da noi, altri musicisti e musiciste hanno aggiunto poi alcune sfumature e strumenti, ad esempio il bellissimo sassofono di Stuart Bogie. Abbiamo seguito molto il nostro istinto durante la fase di scrittura e registrazione, senza overthinking. Tuttavia, è stato difficile trovare interesse presso delle etichette per poter pubblicare il disco, almeno fino a quando un amico a Ba Da Bing! non si è reso disponibile a darci una mano. Pensavamo fosse un disco speciale quando ci stavamo lavorando e alla fine ha raggiunto molte persone.
(photo Credits by Jay Sansone; intervista pubblicata il 5 agosto 2024)
Bonny Light Horseman(37d03d, 2020) | |
Rolling Golden Holy(37d03d, 2022) | |
Keep Me On Your Mind/ See You Free(Jagjaguwar, 2024) |
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