Collider - La complessità del rumore e della melodia

intervista di Francesco Nunziata

Tra le maggiori rivelazioni del 2019, i danesi Collider sono artefici di un policromo affresco musicale in cui rumore e melodia si rincorrono senza sosta, scambiandosi impressioni su shoegaze, noise-rock, jangle-pop, math-rock, folk, progressive e psichedelia. Stuzzicati dal loro affascinante esordio, li abbiamo contattati per saperne ancora di più. 

Allora, prima di iniziare, voglio dirvi che ho scoperto il vostro disco per puro caso e sono stato immediatamente colpito dalla sua capacità di sintetizzare molti stili e generi diversi. Detto questo, partiamo dai vostri inizi…
Troels: Io e Mikkel suoniamo insieme fin dall'infanzia, realizzando produzioni lo-fi nelle nostre camere da adolescenti dello Jutland meridionale. In seguito, abbiamo incontrato in una palestra il nostro amico e bassista Johan, che è un vero e proprio mago del groove. Nel corso degli anni, abbiamo varato diversi progetti, collaborando costantemente allo sviluppo di un'espressione unica, qualcosa che potesse trascendere la vita di tutti i giorni. Abbiamo vissuto e fatto tutto insieme. C’era come una sorta di bolla intorno a noi; una bolla che ci permetteva di sfuggire a tutto il resto. A un certo punto, ci siamo separati, spargendoci per il mondo: Johan andò in Cina a praticare il kung-fu, Mikkel si trasferì in Portogallo, mentre io restai a vivere con Marie in un appartamento nel sud della Danimarca, praticamente isolati dal resto del paese. Fu lì che, insieme, iniziammo a scrivere canzoni. Marie aveva suonato in un famoso duo folk con la sorella gemella e, oltre ad aver già suonato moltissimo in giro, aveva anche fatto dischi in giovane età. L'approccio femminile e l’esperienza musicale di Marie, mescolate con il modo anarchico e spontaneo di creare di noi maschi, ci hanno reso un gruppo forte, ma ci hanno anche causato dei problemi. Quando tutti tornarono dai loro viaggi in giro per il mondo, ci trasferimmo in una merdosa stanza gialla di dodici metri quadrati ad Amager, presso Copenaghen, ed è lì che sono nati i Collider. Abbiamo suonato giorno e notte, dormendo tutti insieme su un materasso in condizioni discutibili. Questo è tutto quello che abbiamo fatto per alcuni mesi.

Sulla vostra pagina Facebook, definite la musica che suonate come "nugaze/ fusion/ psych/ prog/ lo-fi". Direi che è una definizione appropriata, come il vostro nome, Collider, che fa riferimento allo scontro, alla collisione di cose, di emozioni ecc. Chi di voi ha avuto l'idea?
Troels: Ho preso l'idea da una canzone dei Lilys. La parola si riferisce a un concetto ma, allo stesso tempo, indica anche una specie di azione.

71063300_936274693399174_6412027732137345024_oSbaglio o in alcuni passaggi la vostra musica ricorda anche i connazionali Mew?
Mikkel: Non credo, davvero, che abbiamo pensato ai Mew mentre realizzavamo il nostro primo disco, ma Troels, Marie e io eravamo loro grandi fan da ragazzi. Ricordo quando uscì “Frengers”: lo trovai nella biblioteca della scuola, sui due piccoli scaffali dedicati ai cd. Stranamente, mi piacque la copertina. Lo portai a casa. Restai scioccato.
Troels: Quando li abbiamo scoperti intorno all'età di dodici anni, i Mew ci hanno fatto conoscere canzoni avventurose, enormi, da sogno. A quell’età, passeggiare in mezzo alla natura, mentre ascoltavamo i loro paesaggi progressivi, ci fece un'impressione indimenticabile e profonda, cosa che nessuna delle musiche che avevamo ascoltato fino a quel momento era stata in grado di fare. I Mew sono una band davvero unica ed è difficile legarli a una scena musicale in particolare, e penso che questo un po’ ci accomuni a loro.

In apparenza, la vostra musica è dannatamente caotica, eppure - correggetemi se sbaglio - penso sia il risultato di una scrittura estremamente ragionata. Per inciso, trovo il lavoro del flauto molto interessante lungo tutto l'album...
Marie: Il caos è il risultato sia della composizione che dell'intuizione. E grazie per quanto riguarda il flauto… ma lì sono avvantaggiata, dato che non condivido lo stesso tipo di musicalità degli altri membri della band. Sembra che la musica sia venuta fuori in un modo diverso. Del resto, il mio passato musicale è abbastanza diverso dal loro.

Quali sono le band e i musicisti che hanno maggiormente ispirato la vostra musica?
Prima di tutto, l’essenza del nostro songwriting proviene da una dimensione in cui domina la spontaneità, e questo perché ci affidiamo molto alla verità dell'intuizione. Ma, ovviamente, al di là di tutto questo, le nostre canzoni rimandano a molte e diverse estetiche musicali. Nel periodo in cui decidemmo di vivere insieme, ci prese l’ossessione per il rock indie dal suono sporco, soprattutto quello degli anni 90. Si potrebbe andare all'infinito, quindi questo è solo un piccolo elenco casuale di alcune delle band che ebbero un grande impatto su di noi: le band sperimentali e fuori di testa come Swirlies e Polvo, per i loro ritmi contorti, tempi e strumenti che suonavano frantumati; alcune band di noise-rock quali i Drops Nineteens, gli Yo la Tengo (con la loro estetica da “ragazzo/ragazza” e il suono senza filtro), i primi dischi di Brian Jonestown Massacre, Lilys, Medicine, Helium, Deerhoof, All Natural Lemon and Lime Flavors, ma anche gli Hella e, ovviamente, i Sonic Youth, hanno avuto il loro peso. Aggiungerei, poi, la vulnerabilità e le oblique trame slowcore di band quali Seam, Red House Painters, Duster e Codeine. E, ancora, la pallida naïveté dello shoegaze britannico di formazioni come i Pale Saints, i My Bloody Valentine, i Lush, i Ride e la band scozzese di twee-pop Pastels. Al di fuori di ogni categoria c'è, poi, la musica meravigliosa dei Mahogany, degli His Name Is Alive, le prime fragili opere iper-melodiche di Magnetic Fields e anche l'atmosfera creata dagli Stereolab.
Quando, nel 2015, i Collider sono partiti per il loro viaggio, abbiamo mescolato il tutto con vibrazioni contemporanee, tenendo sempre di vista anche il mondo che ci circonda. Ci piace associare diversi livelli musicali all’apparenza incompatibili. Abbiamo preso a miscelare la musica degli anni Novanta con suggestioni che ci arrivavano dalla "vaporwave" (Hong Kong Express, New Dreams Ltd.), da molte band pop psichedeliche moderne come Unknown Mortal Orchestra, Connan Mocassin, Tame Impala, Caribou, TOPS e così via (non c’era una band che emergeva tra le altre: quello che contava era una sorta di zeitgeist generale). Ma ci siamo anche affezionati al pop lo-fi pazzo e stratificato di Ariel Pink e alle infinite melodie minimali di Arthur Russell. Nel 2018, a Los Angeles, abbiamo visto un concerto dal vivo dei Palm, una band di math-rock sperimentale che ci ha fatto davvero impazzire. Il loro stile è così complesso e, in un certo qual modo, riorganizza le strutture di arrangiamento del rock, cosa che per noi è stato molto stimolante.

Se il vostro disco fosse un mosaico, di quali album sarebbe composto?
Troels: Onestamente, penso sia difficile ricostruirlo in questo modo, perché alla base del nostro songwriting, della nostra capacità di mettere insieme più cose diverse, c’è molto istinto. Tuttavia, questi dischi hanno lasciato tracce importanti nel nostro sound:

Duster – “Stratosfera”
Drop Nineteens – “Mayfield” (è un demo tape, davvero fantastico!!!)
Magnetic Fields – “The Wayward Bus” e “Distant Plastic Trees”
Mahogany – “The Dream Of A Modern City” e “Connectivity”
My Bloody Valentine – “Ecstasy And Wine”
Pale Saints – “The Comforts Of Madness”
All Natural Lemon and Lime Flavors – “Turning Into Small”
Lush – “Scar”
Yo La Tengo – “Electr-o-Pura”
Brian Jonestown Massacre – “Diane Perry Tape”
Red House Painters – “I” (Rollercoaster) “II” (Bridge)
Swirlies - “Blonder Tongue Audio Baton” + “They Spent Their Youthful Days...”.

marie_01Di solito, come nascono le vostre canzoni?
Mikkel: Alcune canzoni – tipo “DG” o “Sniper” - scaturiscono direttamente dalle improvvisazioni e vengono elaborate da tutti noi contemporaneamente. La maggior parte di esse nasce, comunque, da Troels, che solitamente arriva in studio con una parte o una canzone già finita. Spesso ci sballiamo e suoniamo la canzone in modi anche molto diversi tra di loro, salvo poi concluderla riunendo le diverse parti in un tutto poliedrico.

Di cosa parlano le vostre canzoni?
Troels: I testi provengono quasi sempre dall’improvvisazione. Poco alla volta, vengono perfezionati e, così, ciò che vogliamo effettivamente comunicare diventa più chiaro. Spesso nascono dalla volontà di porre rimedio alla nostra confusione interiore e ruotano intorno a domande del tipo: “Come si può uscire da una condizione psicologica travagliata?”, “Come si può raggiungere un certo stato di coscienza?”, “Cosa serve per liberare i nostri potenziali personali?”
I testi trattano, solitamente, di contraddizioni e collisioni, di dipendenza dalle relazioni rispetto all'essere soli e indipendenti, di mettere in discussione le esperienze con i sogni e l'evasione (come principale modalità esistenziale) con il rapporto con gli altri; la responsabilità del mondo reale, esterno, i problemi relativi alla responsabilità… quale mondo è reale? A volte, però, le nostre canzoni sono soltanto fotografie della nostra ricerca della giusta ispirazione: è il caso di “Daisy”, che è un manifesto (come hai scritto nella tua recensione), un inno basato sulla nostra capacità di raggiungere quell’umore pazzo e caotico che è necessario per poter suonare la nostra musica.

In un brano come "Glockster", sento echi di "Isn't Anything", l'album di debutto di My Bloody Valentine. Che rapporto avete con la band di Kevin Shields?
Troels: Va bene, va bene, va bene! È un disco davvero groovy, incredibilmente bello e inquietante. Per me, i My Bloody Valentine sono legati allo sci... Alcune band sono semplicemente più alla moda e in anticipo sui tempi... (Come ha detto l'artista tedesco Jonathan Meese, "Nell'arte devi superare il limite”).
Marie: Giusto! Non puoi essere in anticipo sui tempi, se segui i tuoi tempi.

La copertina che avete scelto per l'album è molto efficace nel riprodurre la "policroma complessità" della vostra musica. Chi l’ha realizzata?
Mikkel: È stato Troels. Ha scattato la foto in un giardino ed era assolutamente sicuro di quello che stava facendo. Io, invece, non ero molto d’accordo. Pensavo fosse troppo impressionista. Successivamente, Troels ha realizzato quattro diverse combinazioni di colori per cercare di ottenere l’effetto desiderato. Mi sono completamente arreso dinanzi alla sua idea quando è saltata fuori l'idea di stampare il disco in tutte e quattro le diverse versioni. È stato perfetto.
Marie: Troels ha scattato la foto qualche anno fa, utilizzando il suo telefono nella casa per le vacanze della mia famiglia. Andava sempre in giro a fare foto, ma mai con una buona macchina fotografica. La qualità e l'elevata “pixelizzazione” non hanno mai avuto alcun interesse per lui. Ritengo si tratti più di manipolazione della realtà. A dire il vero, credo che guardare la copertina ti dia un'idea di come il cervello di Troels guardi dall'interno.

69179148_911881642505146_5018132350039490560_oState già pensando al prossimo album?
Mikkel: Pensiamo moltissimo al prossimo album e a tutto quello che sarà. Per ora, stiamo facendo i giocolieri con molto materiale. Troppo per un singolo Lp e, tuttavia, sembra che non sia ancora finito! Per cui, ancora non sappiamo davvero cosa ci riserverà il futuro, ma siamo molto emozionati e abbastanza sicuri che pubblicheremo qualcosa in primavera.
Marie: Il prossimo album sarà sicuramente composto da un sacco di seduzioni, conigli che, come al solito, escono dai cappelli, fiori, problemi, wrestling e pizza...
Troels: Le canzoni dell'album di quest'anno sono state realizzate nel 2015/16 e, da allora, il nostro stile potrebbe essere descritto come più preciso, più arioso, più semplice, come un'edizione ridotta. Avevamo già abbastanza canzoni per un nuovo disco quando abbiamo pubblicato il primo, ma abbiamo l'impulso di approfondire. Per il tour di questo autunno, abbiamo provato per lo più nuove canzoni, tra l’altro dilatando il set con un po’ di improvvisazione. Ultimamente ho pensato molto a Hemingway; le ultime settimane sono state tutte incentrate su Hemingway; andarsene in giro senza un vero scopo, in un’atmosfera romantica: per me, tutto ciò è legato al nostro nuovo disco, e lo influenzerà in modo inequivocabile.

Cosa fate per vivere, oltre a suonare?
Mikkel: Non facciamo molto oltre a suonare. Marie sta portando a termine i suoi studi di naturopatia, che è una specie di medicina naturale olistica.
Troels: Noi tre siamo andati al Conservatorio ritmico di Copenaghen e abbiamo avuto molto supporto sociale e strutture per fare la nostra musica.

Qual è la situazione nella scena indie-rock danese? Vi sentite parte di essa oppure siete dei cani sciolti?
Marie: Essere parte fa schifo! Ma per fortuna ci sono un sacco di altri cani sciolti in giro per Copenaghen. E anche se qui la scena è piccola, è un piacere farne parte. Tutti stanno dando il loro piccolo contributo. Alcuni sono più anticonformisti di altri.
Mikkel: Qui ci sono tanti amici che fanno musica e che supportiamo: Tettix Hexxer, Birthgiving Toad, Himmelrum, Disarmer, Realism, Clarissa Connelly, quelli legati alla nostra etichetta Escho, e l'elenco potrebbe continuare ancora... Andiamo ai concerti degli altri, suoniamo nelle altre band e penso che anche riviste e critici ci abbiano davvero accolti, ma alcuni dei nostri luoghi e delle nostre zone sono stati abbandonati o sono scomparsi, e per il momento sembra che alla scena manchi un po’ di spazio, quello che c’era appena un paio di anni fa.

C'è qualcosa che distingue l'indie-rock danese da quello del resto del mondo oppure esso è troppo dipendente dai modelli stranieri?
Troels: La costa danese, con la sua ampiezza e il tempo ventoso e grigio, è fonte d'ispirazione per le band di musica indie. Esiste sicuramente un modo scandinavo di essere ariosi e sognanti nel rock, come si evince, ad esempio, ascoltando i nostri amici di campagna Entrepeneurs, con tutta la loro bombastica ampiezza, i norvegesi Serena Maneesh o gli svedesi Westkust. L'atmosfera è forte come il ghiaccio, più fredda e luminosa della maggior parte delle band della scena indie americana. Troviamo ispirazione da tante altre cose, ma resiste ancora una tradizione melodica intrinsecamente danese.
Mikkel: Se qualcosa distingue davvero la scena danese, è probabile che riguardi il fatto che, dalle nostre parti, è abbastanza facile fare musica. Inoltre, non è così difficile trovare un lavoro. Almeno rispetto ad altri posti.

68512139_905875446439099_858648246908616704_nSe un italiano volesse avvicinarsi alla storia del rock e dell'indie-rock danese, quali dischi dovrebbe assolutamente ascoltare?
"Dødens Triumf" (1972) dei Savage Rose è un classico assoluto. Recentemente abbiamo suonato una loro cover. È stato divertente mettere in relazione la nostra musica con il vecchio progressive-rock danese.
Durante la nostra adolescenza, hanno significato molto per noi "Mafia” (2006) degli epo-555 (2006), "Eggs” (2009) degli Oh No Ono (2009), "Zitilites” (2003) dei Kashmir, "Lust Lust Lust” (2007) delle Raveonettes, "A Triumph For Man” (1997) e l’altro album già citato dei Mew. Era un periodo di molte opere eseguite alla perfezione. Tutto si è frantumato, in seguito, nella scena sperimentale contemporanea che ha partorito i dischi di Synd & Skam, Thulebasen, First Flush (amiamo i loro album "Spira" e "Fu-Wa"), Iceage, Love Coffin, Lower, Pardans e Himmelrum. Si tratta di lavori che consentono un buona immersione nella scena rock danese.
Per l'hardcore ci sono anche i progster evoluti Gooms, che recentemente hanno realizzato un lavoro fluido e inquietante intitolato “V1 (Descent)”.
I nostri amici dei Realism hanno pubblicato un disco chiamato "Like Seashells To The Change", che consideriamo un must assoluto; è un r’n’b virato vaporwave e contaminato con roba spacey psych-rock. Lasse Bækby, che è il frontman della band (nonché voce principarle di “V1 (Descent)” dei Gooms), guida anche il progetto Birthgiving Toad, anch’esso incentrato su una pazza musica rock sperimentale.

I vostri dieci preferiti del 2019?
Sembra sia stato un anno strano. Chiedici del 2018 e i dischi di Palm, Mid Air Thief, Spirit of the Beehive, MGMT troverebbero facilmente spazio...

DIIV – "Deceiver”
Alex G – "House Of Sugar”
Vegyn – "Text While Driving If You Want To Meet God!”
Vegyn – "Only Diamonds Cut Diamonds”
Empath – "Active Listening: Night On Earth”
Girlpool – "What Chaos Is Imaginary”
Cryogeyser – "Glitch”
SASAMI – "SASAMI”
Erika de Casier – "Essentials”
Birthgiving Toad – "Inserts Brahm”

E le vostre scelte relativamente all’ultimo decennio?
Uff... qui si fa dura...

Unknown Mortal Orchestra – "II” (2013)
Tame Impala – "Lonerism” (2012)
Serena Maneesh - "No 2: Abyss in B Minor" (2010)
Hella – "Tripper” (2011)
Deerhoof - "Apple O’” (2010)
Palm - "Rock Island” (2018)
Mid Air Thief – "Crumbling” (2018)
MGMT - "MGMT ”(2013) e "Little Dark Age” (2013/2018)
DIIV - "Is The Is Are” (2016)
Kurt Vile - "Smoke Ring For My Halo” (2011)

Bollicine:

Landing – "Landing” (2012)
Pospulenn - "Sun People Sleepwalker” (2010) (oltre la guitarloopy tape-ambient)

45196146_730587950634517_108265761776074752_oSiete mai stati in Italia? Cosa sapete della nostra musica? C'è qualche band e/o artista che amate particolarmente?
Troels: Vengo spesso in vacanza in Italia, soprattutto per fare escursioni, andare in bicicletta e sciare in montagna. Ad essere sincero, non so molto della musica italiana, oltre a conoscere l’italo-style.
Mikkel: L'autunno scorso sono stato completamente ossessionato da un disco di Roberto Musci chiamato "Tower Of Silence". Ancora oggi suona assolutamente adorabile.

Prima di concludere, volete aggiungere altro?

Ci piacerebbe venire a suonare per voi in Italia! Stiamo lavorando per organizzare un tour europeo nel 2020, e speriamo di riuscire a spuntarla e suonare un po’ di rumore malato per voi!

Discografia

-><- (Escho, 2019)
Pietra miliare
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