Heart Beach

La promessa dell'ocean-pop

intervista di Francesco Nunziata

Artefici di uno dei dischi più promettenti dello scorso anno, gli Heart Beach provengono dalla lontana e solitaria Tasmania. Qui, tra echi post-punk e desiderio dell'"oltre", hanno scelto di incrociare gli strumenti lungo la rotta dell'ocean-pop...

Okay, ragazzi: parlateci un po’ di voi. Diteci come tutto è iniziato…
Jonathan: Io sono un avvocato. Claire è una studentessa di dottorato e Chris è un dipendente pubblico. Ci siamo incontrati al matrimonio di Chris. Ma ci conoscevamo da anni.
Claire: È vero, sono una studentessa di dottorato all’università. Jon mi ha comprato un basso per Natale. È ancora il miglior regalo che abbia mai ricevuto e ha sostituito il Falcon che stavo usando in quel momento. Subito dopo, abbiamo messo su la band.

Cosa vi ha convinto a suonare insieme?
J.: Abbiamo sempre suonato in band, Heart Beach è, quindi, un modo per continuare un certo percorso. Nessun motivo particolare ci ha spinto a suonare, in ogni caso. Suppongo che abbiamo limitato la band a tre persone, senza batteria, strutturando il tutto intorno al semplice intreccio di chitarra e basso perché in Tasmania, per andare a suonare nelle grandi città, si deve “volare sopra l'acqua”… Si può fare, ma con una formazione più estesa la cosa diventa costosa.

Avete definito la vostra musica “ocean-pop”. Ci spiegate che cosa significa esattamente?
J.: Ocean Pop riguarda le canzoni di tutti i giorni, ma con chitarre scintillanti e in feedback.

Cosa vi ha influenzato di più?
J.: Mi verrebbe da dire che la nostra maggiore influenza è la scena DIY di Hobart…

Allora parliamo di questa scena di Hobart…
J.: Penso che la scena DIY di Hobart sia abbastanza ben rappresentata dalle compilation che sono state rilasciate nel corso degli ultimi anni dalla Rough Skies Records e dalla Wrong Place (Right Time) Records. Si possono ascoltare liberamente su Bandcamp.
C.: Ci sono un sacco di band che suonano a Hobart e non mancano gli spettacoli al Brisbane e al Grand Poobah. Vi è anche un grande negozio di dischi indipendente, Tommy Gun e, naturalmente, il MONA, il museo di arte antica e moderna che rende Hobart piuttosto interessante in questo momento.

Vivete in Tasmania, un posto "solitario", lontano dal caos della vita moderna. Questa situazione ha avuto un impatto sullo sviluppo della vostra musica?
J.: L’ambiente influenza tutta la musica, suppongo. Tuttavia, è difficile dire se Hobart abbia influenzato direttamente il nostro sound.

Recensendo il vostro disco, ho scritto che si tratta di un intrigante lavoro che mescola pop minimalista e spirito post-punk, creando un paesaggio immaginario dove il cuore sogna di essere sempre altrove (per esempio, in “Holiday” cantate: “Wish I was in Bali/ Wish I was in Hawaii”). Vi ritrovate in queste parole?
J.: Certo!

Dove avete registrato il disco?
J.: Nello studio Head Gap di Melbourne.
C.: Lo abbiamo registrato con Neil Thomason, perché volevamo un suono lucido e non diffuso e torbido.

11039279_832525120159999_6840243686130941474_n_01Come sono andate le cose durante le registrazioni?
J.: Il processo di registrazione dell'album è stato buono. Abbiamo utilizzato un metodo tradizionale, prenotando un po' di tempo in studio e dandoci un tempo massimo di 5 giorni per registrare e mixare il tutto. Head Gap è un ottimo studio, perciò l’esperienza è stata più che positiva.
C.: Abbiamo dovuto registrare e mixare in pochi giorni, perché non avevamo altra scelta, ma tutto ha funzionato bene anche così, senza problemi e discussioni tra di noi. Tutti i giorni, in studio, Jon ci cucinava un ottimo pranzo, mentre Chris era quello che ci accompagnava in studio con l’auto prestataci da un nostro vecchio coinquilino.

Quali sono i temi principali delle vostre liriche?
J.: Tendiamo a cantare di lavoro, sesso e depressione. Comunque, io e Claire scriviamo separatamente le nostre canzoni.
C.: Trovo che i nostri testi siano abbastanza semplici, ma forse il loro valore risiede proprio in questa semplicità. Scrivo di normalità o di ciò che è normale per me - vita lavorativa, uscire, viaggiare, e di quella sensazione che si prova durante il fine settimana, o quando si pensa profondamente al tempo che passa.

Che tipo di reazioni avete avuto dopo la pubblicazione del disco?
J.: Direi che le valutazioni e le recensioni da parte dei media sono state buone; ai nostri concerti, di solito ci sono circa 50 persone e c’è voluto un anno per vendere 150 dischi, quindi tutto questo, per i nostri standard, non è niente male.
C.: Il feedback è stato meraviglioso - tranquillo ma costante. Abbiamo appena esaurito le copie fisiche del vinile e la versione australiana di Rolling Stones ci ha selezionato tra le dieci band da tenere d’occhio… beh, niente male! Per non parlare, poi, di alcune richieste di interviste che ci sono arrivate dall’Europa! A questo punto, non vedo l'ora di mettere mano al prossimo disco!

Quali sono i vostri progetti per il futuro più prossimo?
J.: Pubblicheremo un 7” con la Rough Skies Records nei prossimi mesi e poi gireremo un po' tutta l'Australia. Ci sarà poi da tornare in studio per la registrazione del nostro secondo album, di cui abbiamo già scritto circa la metà.
C.: Come ha detto John, saremo in tour con questo 7” in Australia a maggio e puntiamo a registrare un nuovo album subito dopo. Auguraci buona fortuna!

Parliamo un po’ delle vostre esperienze musicali pre-Heart Beach.
J.: Io ho suonato in una band chiamata Paint Your Golden Face, Claire nei Catsuit e Chris negli All Fires.
C.: Chris è un maestro. Ha una conoscenza circa la programmazione della drum-machine superiore a tutti gli altri musicisti che conosco. Suona anche la chitarra 12 corde. Per quanto mi riguarda, ho imparato da sola a suonare il basso, prima di entrare nei Catsuit, una band che è nata circa un anno prima degli Heart Beach. Quella è stata probabilmente la cosa migliore che io abbia mai fatto.

Come suonerà il nuovo disco?
C.: Il nuovo disco avrà una prima metà più riflessiva e l’altra più rock.

Quali sono, secondo voi, i dischi migliori usciti dalla scena della Tasmania?
J.: I dischi più importanti per me sono: Treehouse – "Interzone Lp" (2014); Sea Scouts ‎– "Beacon Of Hope" (1998) e The Native Cats – "Dallas" (2013).
C.: Le mie band preferite della Tasmania sono The Native Cats, Treehouse, Bad Luck Charms, All The Weathers, Quivers e Tantric Sax. Un disco molto importante per me è “Rant & Drift” (2007) dei The Bad Luck Charms.

Quali sono i dischi del 2015 che vi sono piaciuti di più?
Kitchens Floor - "Battle Of Brisbane"
Blank Realm - "Illegals in Heaven"
Terrible Truths - "Terrible Truths Lp".

Ok, ragazzi, buona fortuna!
C.: Grazie mille per l’intervista, Francesco!

(31/01/2016)

Discografia

Heart Beach (autoprodotto, 2015)6,5
Pietra miliare
Consigliato da OR

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