Lightwave

La liuteria elettronica

intervista di Claudio Fabretti

Christoph Harbonnier ha scoperto tramite Onda Rock che i Lightwave hanno in Italia un manipolo di sostenitori fedeli e appassionati. Ne è nato un carteggio telematico, culminato in questa lunga intervista esclusiva, che ricostruisce la storia e i segreti di una delle formazioni più affascinanti della scena elettronica contemporanea.

Quando è nato il progetto-Lightwave? Ho letto che tutto iniziò con l'acquisto di un synth.
Nel 1985 Christian Wittman e Serge Leroy dirigevano una rivista di cronache musicali sulle novità del momento. Serge era già un appassionato di macchine analogiche e Christian aveva comprato il suo primo sintetizzatore, un Arp 2006, una macchina da sogno ancora oggi. L'anno successivo decisero di fondare i Lightwave, con Laurent Bosecq per il primo concerto. Io ho raggiunto il gruppo nel 1986, in occasione del secondo concerto, e l'avventura è continuata per un po' di tempo senza Laurent, poi Serge ha lasciato il gruppo nel 1990.

La vostra formula combina l'elettronica con la musica da camera, le macchine con un forte elemento "umano". Qual è la vostra chiave per armonizzare questi due differenti approcci?
All'inizio prediligevamo l'elettronica, dopo qualche tempo, invece, c'è stato un ritorno verso l'acustico, che è presente tuttora nelle produzioni recenti. Non è tanto una rivincita sul "sintetico", ma la conseguenza di una riflessione globale più matura che distingue meglio il ruolo di ciascuno strumento.
La versatilità è il punto più appassionante della sintesi sonora. Un musicista si può trasformare in liutaio più o meno talentuoso. Pertanto, nessuno strumento elettronico può rivaleggiare con i timbri degli strumenti acustici, incontestabilmente più ricchi.
Fortunatamente, i sintetizzatori non sono più utilizzati come simulatori di strumenti acustici, come avveniva ancora qualche anno fa. Una nuova generazione di musicisti ha preso coscienza dell'importanza dei colori dei suoni che contribuiscono tanto alla personalità di un gruppo o di un artista. La presenza dei sintetizzatori è generalmente inspiegabile perché riempie troppo velocemente lo spazio di un progetto.
Alla fine dei conti, la musica non viene più formulata come prima, e questa è una buona notizia.
Quanto al rapporto tra strumenti e musicisti, è una questione annosa. La musica dei Lightwave è qualcosa che nessuno di noi sarebbe in grado di realizzare da solo. Spesso, riascoltando le registrazioni, non sappiamo più chi ha fatto cosa, e sono i colori degli strumenti, quando noi siamo in grado di distinguerli, che ci permettono di identificarci. Ci sembra essenziale il coinvolgimento di tutti i musicisti, strumentisti, elettronici e acustici, al momento di una composizione, per individuare le imperfezioni.
La difficoltà principale consiste nel mantenere una visione globale del nostro progetto, scegliendo intelligentemente lo strumento appropriato. Nell'esperienza dei Lightwave, ci siamo spesso interrogati su questi strumenti complessi per creare il nostro universo musicale in cui il gesto e l'interazione sono essenziali.
E' ciò che Jacques Derégnaucourt ha perfettamente integrato nella sua palette strumentale, nella quale eccelle sia con l'elettronica sia con l'acustica. Lo stesso vale per Renaud Pion, che suona sintetizzatori con degli strumenti a vento elettronici. Immediatamente il nostro progetto assume un'altra dimensione.

Suppongo che nel vostro background ci sia molta kosmische musik, ma anche musica concreta, ambient e contemporanea. Senti un particolare legame con alcuni nomi dell'attuale scena elettronica d'avanguardia?
Christian e io dobbiamo effettivamente una buona parte della nostra formazione e delle nostre influenze a un ascolto approfondito ed eclettico di musica elettronica. Dai grandi classici della scuola berlinese fino all'ambient-music contemporanea (Eno, Budd, Hassell), dai lavori di GRM fino alle musiche ripetitive di Reich, Glass, Adams, musica etnica e, più in generale, contemporanea. Questo ascolto educa l'orecchio, dà un senso dello spazio e dell'organizzazione dei suoni, e porta a poco a poco a sviluppare una composizione originale.
Noi siamo estremamente curiosi (ed esigenti) nei confronti dell'attualità discografica. Ma, nonostante le nostre radici, la musica dei Lightwave trova la sua ispirazione anche altrove, in registri molto diversi, quali rock, jazz, classica, jungle, colonne sonore.
Siamo fortemente influenzati dalla creatività di alcuni produttori e ingegneri del suono, sia per la musica sia per le immagini, dai vari procedimenti di interattività per produrre musica elettronica. Le tecnologie di registrazione e di trattamento del suono sono attualmente così possenti che contribuiscono in larga parte all'estetica della musica, che alla fine nasce dalle sperimentazioni in studio.

Ognuno dei vostri dischi sembra strutturato come un "viaggio musicale". Ma lo scopo finale sembra essere una sorta di viaggio nella mente e nel subconscio. E' così?
In effetti, percorrendo la nostra discografia o le registrazioni improvvisate qualche mese più tardi, ci siamo posti lo stesso interrogativo. Parliamo di logica, di coerenza, o di narrazione. Molti parametri, tra cui quelli del subcosciente, influenzano l'azione umana. I nostri rispettivi subcoscienti intervengono probabilmente in qualche modo sui Lightwave. Al momento della composizione, ciascuno di noi è molto concentrato e ascolta ciò che fa l'altro. Durante questi venti anni di collaborazione, Christian e io abbiamo imparato a conoscere le nostre reazioni durante questa continuità di scambi. Anche dopo lunghi periodi di pausa, ritroviamo spontaneamente i nostri riflessi, in studio e sul palco.
L'esempio del concerto d'Uranography del 1996 mostra che è importante saper reagire con modalità diverse da quelle degli studi di registrazione di fronte a un incidente tecnico, ritrovando una spontaneità animata dall'intuizione e dall'intensità del pubblico. Assorbiti dalle nostre macchine, spesso senza vederle direttamente, proviamo sensazioni meno forti: questo contatto è essenziale a qualsiasi artista per rendere la sua musica viva.

Sembrate particolarmente attratti dalle figure degli scienziati dell'antichità. Due di loro, Tycho Brahé e Athanasius Kircher, hanno ispirato due dei vostri album più belli e importanti ("Tycho Brahé" e "Mundus Subterraneus"). Sembrate avere una sorta di approccio "naturalistico" all'elettronica, come a voler guardare al passato per leggere meglio il futuro...
Siamo voluti uscire all'immagine canonica della musica elettronica, rivolgendoci ad anticipazioni tecniche o spaziali, o verso le tinte pastello della new age. Se una buona parte della elettronica ambient d'oggi si può definire una musica di conforto, di leggerezza e di grandi sogni, noi abbiamo optato per una musica della notte e della vertigine metafisica, una musica in movimento perpetuo, in cui i cerchi e le rotture sono imprevedibili. Lungi dall'essere una musica d'angoscia o disperazione, ci sembra che sia l'esplorazione di profondità e di un altro versante della realtà, in cui esistono anche forme di bellezza e di serenità.
Gli esempi di "Tycho Brahé" e "Mundus Subterraneus" sono dei salti nel passato, in certe radici della cultura e della scienza europee. Sono degli universi forti che trascendono i clivi tra la scienza e l'immaginario, tra ragione e fantasia.
"Tycho Brahé" incarna l'astronomia dell'occhio nudo, attraverso un gigantesco strumento di misura, l'ossessione dell'inventario delle stelle, quel momento di crisi in cui bisogna tentare di conciliare l'evidenza dei fenomeni con l'autorità di un modello cosmologico che organizza a priori tutta la visione della realtà. Tycho Brahé è uno degli ultimi grandi pre-copernicani e il precursore di Keplero, dell'astronomia moderna.
Quanto a Kircher, illustra il clima intellettuale e spirituale di Roma nell'epoca barocca, erudito, membro della Compagnia di Gesù, è l'autore di un'opera enciclopedica della quale oggi resta poco di valido. Le sue opere, d'altronde, non sono state redatte... E' un universo mentale complesso, e talvolta deviante, dove si fondono occultismo, alchimia e sperimentazioni tecniche, la compilazione della biblioteca greco-romana, la mistica cristiana, le osservazioni sulla natura, l'interpretazione delle vestigia archeologiche e delle lingue morte.
"Mundus Subterraneus" ci ha effettivamente affascinato: un viaggio nelle viscere della terra, ma anche del sapere e dell'inconscio umano. E' un percorso tra la curiosità scientifica e le paure, i sogni cattivi, i fantasmi dell'incosciente. Abbiamo tentato di esprimere musicalmente questo universo così particolare, questa fascinazione per la faccia nascosta della Terra e della realtà.

Il vostro "Mundus Subterraneus" è divenuto realtà quando avete deciso di scendere nelle grotte di Chorance per registrare "Cantus Umbrarum". Ci puoi raccontare qualcosa di quell'esperienza?
Dopo l'esperienza della nostra installazione interattiva di sei mesi del concerto del gasometro Oberhausen, abbiamo subito intrapreso il progetto "Cantus Umbrarum" durante il festival del trentottesimo Rugissants de Grenoble. Un festival che ci ha permesso di realizzare una grande installazione sonora e un programma musicale per le grotte di Choranche, nella regione del Vercors (Francia). Tra settembre e ottobre 1986, abbiamo ricomposto nuove piste, registrato molte voci di attori in lingue differenti, per illustrare il mito della caverna. La produzione in 12 canali è stata complessa da realizzare all'epoca perché non avevamo gli impianti adatti. Tutto è stato realizzato, montato, tagliato e mixato su 40 bande Adat e poi masterizzato da Michel Geiss su 12 cd sincronizzati. L'installazione di 24 piste nella grotta è stata fatta in un giorno e una notte. Per una settimana abbiamo vissuto nelle grotte otto ore al giorno, facendo due concerti al giorno. L'esperienza è stata fantastica, insieme agli speleologi che ci hanno aiutato e accompagnato in questa avventura. Il pubblico del festival era entusiasta di scoprire questo luogo e questa musica strana, camminando nelle gallerie con le lampade fissate alla fronte. Molti visitatori conoscevano già queste grotte e le riscoprivano con la nostra musica, ascoltata nella quasi oscurità. Altri partivano alla scoperta di un mondo sonoro e sotterraneo sconosciuti, del quale si ricorderanno a lungo. Un'esperienza indimenticabile: auguriamo a tutti i musicisti di sperimentare almeno una volta un concerto nella profondità della terra. E' magico.

Il vostro ultimo disco, "Bleue Comme Une Orange", è stato praticamente irreperibile nei negozi. C'è stato un problema con la casa discografica e la distribuzione?
Oggi dopo molti anni gli artisti hanno gli stessi problemi con la distribuzione. I distributori non investono più su un artista. E' necessario vendere un cd rapidamente e senza grossi investimenti nella promozione. Questa situazione è ancora più drammatica per una musica come quella dei Lightwave, che ha un pubblico ristretto. Il prezzo di un audio cd, troppo caro rispetto a quello dei Dvd, è in parte responsabile dei cali di vendita. La pirateria informatica, le copie dei cd e i formati mp3 sono risposte discutibili, ma logiche per chi vuole accedere a una cultura musicale. Le major si sono dovute piegare davanti all'evoluzione dei supporti audio e usano cattive argomentazioni per difendere gli azionisti piuttosto che gli artisti. Gli anni di lavoro e l'impegno per realizzare il nostro ultimo album "Bleue Comme Une Orange" non contano niente rispetto alle motivazioni dei distributori.
La promozione di questo album è stata semplicemente sacrificata a causa del distributore di Radio-France, che non ha pubblicizzato il disco nelle riviste specializzate. Il cd è disponibile unicamente sul sito web di Radio-France e in qualche altro come Amazon o Cdservice.
La delusione è grande, perché è impossibile fare una promozione due anni dopo l'uscita del cd. Radio-France è produttore ed editore, ma è soggetta ugualmente alle leggi della distribuzione. "Mundus Subterraneus" e "Tycho Brahé", ma anche "Cantus Umbrarum", sono stati finalmente distribuiti meglio grazie alla rete dell'etichetta Ars of Space. "Horizon" ha pubblicato di nuovo gli album "Tycho" e "Mundus" con una nuova veste grafica. Ora sono disponibili sul sito di Horizon Music.
In effetti la situazione della musica è molto paradossale... Viviamo una grande rivoluzione informatica, che spesso è piena di contraddizioni. Il musicista d'oggi non lo può ignorare, ma non deve neanche divenire dipendente dalla tecnologia e lasciare che la sua immaginazione sia diretta dalle uscite di nuovi strumenti o da materiale sovrabbondante. La quantità impressionante di parametri che un musicista deve assorbire per acquisire nuove conoscenze di uno strumento di elettronica è un freno al tempo consacrato alla creazione. Le nuove tecnologie hanno permesso ai musicisti di lavorare da soli. In tutte le tappe della composizione o dell'interpretazione, oggi è molto facile far credere di essere capaci di creare e di comporre per il semplice fatto di poter comprare una configurazione elettronica efficace, con questi software di musica pirata e un semplice equipaggiamento da homestudio.
Questa situazione porta a una forma di isolamento e di impoverimento delle emozioni. Curiosamente, il termine "nomade" impiegato nelle pubblicità di molti strumenti elettronici ha perduto il suo senso originale. Il nomadismo è un'attitudine d'apertura verso il mondo, va incontro agli individui e anche ai musicisti. La nostra società e la nostra economia attuale hanno la tendenza a capovolgere troppo spesso il senso delle parole.

Ho letto che "Bleue Comme Une Orange" è stato ispirato dalle opere cromatiche di Alexander Scriabine, ho anche notato un uso più ampio di strumenti dell'orchestra classica: si può considerare il vostro disco più "classico"?
Non basta integrare gli strumenti di una configurazione d'orchestra per meritare l'appellativo di "musica classica", si tratta comunque di un'esperienza elettroacustica che, senza dubbio, ha reso un'immagine più accessibile e meno astratta della musica dei Lightwave. I nuovi ascoltatori hanno così potuto entrare in contatto con il nostro universo musicale in modo meno brutale, identificando timbri di strumenti conosciuti.
"Bleue" è stato realizzato in tempi lunghi, parallelamente a "Cantus" e "Caryotype". Questo progetto collettivo ha bisogno di molte sessioni di registrazione per raggiungere questa coerenza, questo equilibrio di strumenti e di trattamenti elettronici minimalisti.

Il disco è impreziosito dalla magica tromba di Jon Hassell: come siete entrati in contatto con lui e com'è stato trovarsi al fianco di un musicista così importante?
Christian è andato a trovare Paul Haslinger a Los Angeles. In quell'occasione ha incontrato anche il direttore dell'etichetta Water Lily Music e Jon Hassell.
Poi, c'è stato il concerto a Radio France con Jon e Michel Redolfi (per iniziativa di quest'ultimo). Jon è veramente un grande trombettista. Abbiamo provato insieme per una settimana nel grande studio del Groupe de Recerche Musicale (Pierre Henry, Pierre Shaeffer, François Bayle, Luc Ferrari...) a Radio-France.
Il concerto ha avuto luogo nel grande auditorium Olivier Messian, ed è stato diffuso attraverso un sistema denominato Acousmonium.

Faccio fatica a immaginare che una delle migliori formazioni elettroniche del nostro tempo si limiti semplicemente a "divertirsi a fare musica per una nicchia di pubblico interessata ad ascoltare un'elettronica diversa", senza alcun particolare scopo di lucro, come mi hai raccontato di recente. Sei sicuro che la vostra musica non possa raggiungere un'audience più ampia?
Onestamente, siamo convinti che la musica dei Lightwave possa essere rivolta a un pubblico più vasto. Abbiamo un pubblico fedele. Siamo perfettamente coscienti della qualità della nostra discografia, ma il problema è altrove. Dopo otto cd, di cui siamo fieri, abbiamo sicuramente acquistato una piccola notorietà e un pubblico internazionale, come molti gruppi, grazie a internet. Ma uno o due concerti all'anno, all'interno di una distribuzione musicale disastrosa, non permettono al gruppo di esistere sulla scena internazionale e di allargare il proprio pubblico.
Dopo tutti questi anni di musica e di produzione, abbiamo constatato che i giornalisti avevano spesso un'immagine sproporzionata degli artisti e dei mezzi dei quali dispongono veramente per realizzare le loro composizioni. Invece, persone appassionate di musica come voi di Onda Rock contribuiscono molto alla nostra notorietà.

Quali sono i vostri prossimi progetti? Avete in programma un tour in Europa per promuovere "Bleue Comme Une Orange" e gli altri dischi? E avete mai pensato di suonare in Italia?
Immaginare che i Lightwave possano fare un concerto in Italia in uno dei vostri siti archeologici e storici sarebbe un sogno e un'esperienza incomparabile. La musica non può più essere diffusa solamente nelle sale dei concerti. Esistono molti siti storici, archeologici e geologici dove sarebbe possibile fare dei concerti fantastici.
Una tournée per promuovere "Bleue" non è comunque prevista. Radio-France non ha mezzi sufficienti per finanziare questo progetto. Con nostro grande dispiacere.

Discografia

Modular Experiment (1987)
Cités Analogues (1988)
Ici & Maintenant (1988)
Musique Provisoire (1989)
Nachtmusik (Erdenklang, 1990)7
Tycho Brahé (Hearts of Space, 1993)9
Mundus Subterraneus (Fathom, 1995)9
In der Untervelt (1996)
Uranography (1996)
Cantus Umbrarum (Horizon Music, 2000)8
Caryotype (2001)
Malibu (2003)
Bleue Comme Une Orange (2004)7
Pietra miliare
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