Intervista fiume con Paolo Benvegnù. Il racconto di "Hermann" tra Omero e Philip Dick, Giusy Ferreri e Sartre.
Paolo Benvegnù ha una gran voglia di parlare, e non ha alcun freno nel raccontare la genesi e il significato che stanno alle spalle del suo ultimo, piccolo capolavoro, "Hermann". "Apre una nuova fase, sia di scrittura, sia di vera apertura verso il mondo. "Hermann" è un trattato filosofico, o almeno quello era l'intento. Volevo parlare dell'uomo da uomo, e ho cercato di farlo con un'ottica più aliena del passato, anche se è stato praticamente impossibile". In questo senso, mai come oggi il nome di Paolo Benvegnù si declina in cinque protagonisti, cinque vere teste pensanti che compongono la masnada che ha scritto, arrangiato e suonato "Hermann": oltre a Paolo, quindi, compaiono sui crediti del disco il compagno della prima ora Andrea Franchi, Guglielmo Ridolfo Gagliano, Michele Pazzaglia e Luca Baldini. "E il disco racconta questa apertura: abbiamo scritto e scelto tutti insieme, io ormai mi ritengo soltanto il contenitore. Ma comunque mi sono sempre sentito il cantante di una band, anche con ‘Piccoli Fragilissimi Film', pur essendo soltanto io e Andrea chiusi in un garage. Sono il megafono concettuale di cinque idee, parlo di noi. Tra l'altro credo di avere più il talento dell'impegno, dell'attenzione alla vita che quello del musicista vero e proprio, per cui l'unica maniera per combinare qualcosa di veramente bello è sempre stata quella di collaborare con altre persone".
Le idee, le parole, il suono. Tutto frutto di una band vera e propria, e a quanto pare in gran salute. "Ognuno di noi ha buttato giù le sue idee attraverso dei provini, e questa intenzione si è paradossalmente mantenuta fino alla fine delle registrazioni dell'album: abbiamo concretamente cercato di rifare i provini, tanto che fino al missaggio eravamo tutti convinti che le demo fossero ancora meglio! Il risultato, alla fine, è che questo disco suona come ‘Dissolution' (l'album live di Benvegnù, pubblicato un anno prima di ‘Hermann', ndr), riproduce la vivida essenza della band. Ricreare questo tipo di verità e casualità trovata nei provini è stata un'impresa".
L'idea di "Hermann", quella che racconta questo disco e che il disco stesso sviluppa nel complesso delle tredici canzoni, è essenzialmente l'umano. Parlare dell'uomo da uomo, appunto. "Una sorta di chanson de geste con cui far comprendere che i problemi, dalla preistoria ad oggi, per noi sono sempre gli stessi. Anzi, fondamentalmente uno: come riuscire ad armonizzare il mare piccolo con il mare grande, noi con tutto ciò che ci circonda. E questo lo raccontano tanto Omero quanto Philip Dick". E lo fanno anche Paolo Benvegnù e soci, a sentire il disco. In questa direzione, a partire dall'escamotage manzoniano del manoscritto ritrovato fino alla stesura dei testi, tra il narrativo e il confessionale, si sente un'eco forte del romanzo d'appendice, figlio dell'ultima epoca che ha davvero cercato di sondare in profondità l'umano. "Ho apprezzato molto i classici, effettivamente. Penso che quello fosse il periodo in cui una certa sobrietà e povertà permettevano di comprendere da un lato il miracolo di sopravvivere senza fatica per i ricchi, dall'altro il miracolo della solidarietà estrema per i poveri". ‘Hermann' ha così il respiro del romanzo classico, ma anche l'estetica di un film (ecco perché l'artificio retorico della sceneggiatura, con tanto di possibili ambientazioni per ogni brano): siamo in molti della mia età a scrivere bene, e credo sia anche dovuto alla nostra cultura profondamente cinematografica. Io ho imparato a scrivere leggendo libri e guardando film, è una suggestione che mi viene naturale. La nostra generazione ha imparato aimmaginare e a sognare grazie al cinema, un modello sociale che ha inciso a fondo. Pensa a cosa sta significando in questo tempo internet per il Nordafrica! È la stessa spinta sana che ha fatto si che, nel secondo dopoguerra, anche le persone più umili potessero desiderare. Poi però, dopo gli anni sessanta, tutto si è svuotato. E così noi abbiamo perso gli stimoli per trovare spazi interiori, mentre sotto di noi, nel terzo mondo, li stanno trovando adesso".
Il desiderio, parola che si ripete, che ritorna, che abbraccia "Hermann" da ogni angolo. L'uomo vive per soddisfare i suoi desideri: "Lo dice la stessa parola, de-siderare, andare verso le stelle. Si è perso proprio quel saper guardare alle stelle nel buio reale della povertà e delle guerre. A noi manca il desiderio, ecco la verità. Ma credo che nei prossimi 30 anni qualcosa cambierà certamente: finiranno le seconde case, finiranno i soldi, dovremo vivere una vita più sobria. Ritornerà finalmente il grande setaccio del talento, gli intellettuali con delle idee varranno di nuovo qualcosa. C'è ancora davvero troppo intrattenimento e, come al Luna Park, dopo un po' ti rompi i co***oni!".
Una mancanza di stimoli alla quale Paolo ha saputo sopperire con un concetto della musica sano, vero, radicato in un'idea forte: in provincia, alla fine, si sta meglio. "Ho sempre pensato che le idee più belle siano state concepite nelle province, attraverso la relazione soprattutto, quotidiana e personale. Non c'è nessun potere da conquistare, c'è più libertà e meno ansia di successo. Il tempo è quello umano: il Novecento ci ha regalato una velocità incredibile, ma sembriamo esserci dimenticati che l'uomo ha sempre la stessa frequenza cardiaca. Ogni progetto dovrebbe avere uno sviluppo mentale adeguato al nostro ritmo, altrimenti davvero siamo destinati a soccombere sotto il peso delle macchine".
E il ritmo dei Paolo Benvegnù è più che sano, se davvero in Italia rappresentano oggi la faccia più felice e sincera della triste e arrugginita medaglia del cantautorato italiano. Un mondo che ha avuto anni splendidi e irripetibili, e che oggi pare aver perso la capacità di coniugare successo e qualità. Una contraddizione che forse nasconde qualcosa che va oltre la vecchia diatriba indie/major: "Certo, perché siamo di fronte a un problema profondamente culturale. Negli anni Sessanta potevano coesistere senza alcuna difficoltà Fred Buscaglione e Luigi Tenco (un intrattenitore e il suo contrario), e c'era un'apertura mentale pazzesca delle persone che fruivano la musica. Oggi questo non è più possibile, i due mondi non solo sono distanti, ma si guardano pure di sbieco. E la colpa è chiaramente di una certa lobby, che ha voluto a tutti i costi questa moria di immaginazione. Pasolini l'aveva predetto per il cinema, oggi vale anche per la musica: c'è musica di intrattenimento e musica di poesia, e la forbice tra le due si sta tragicamente allargando. Ci sono tentativi... commoventi (ride ironico, ndr) di passare da una parte all'altra, vedi quello di Jovanotti. Ma non puoi essere considerato un filosofo così, da un giorno all'altro. Una grande, grandissima, responsabilità ce l'hanno perciò gli autori e i musicisti, e cioè chi fa musica: un falegname, quando costruisce una sedia, deve pensare che chi la usa deve starci bene, non può prenderlo in giro. E invece oggi questo succede troppo spesso, anche nella musica".
Indie e major, nicchia e grande palcoscenico. Paolo Benvegnù, negli anni passati, ha concesso alcune sue canzoni ad artisti di grande visibilità. È successo con Mina, con Marina Rei e, recentemente, anche con Giusy Ferreri. Ma con la xfactorina le cose non sembrano esser andate per il verso giusto: "Ho saputo che aveva rifatto ‘Il mare verticale' soltanto dopo l'uscita del suo disco, non mi aveva né detto né chiesto nulla. Però in un'intervista in cui le chiedevano come si ponesse con i nuovi cantautori - nuovi?! ca**o ormai c'ho settant'anni! - lei ha risposto: ‘Con Benvegnù ho voluto lanciare un segnale'. Ma che segnale? Qui la gente usa le parole per fo**ere il mercato, e la cosa mi manda letteralmente fuori di testa. È come per il Pdl, un partito così reazionario che ha un nome del genere vuole soltanto usare le parole per fregarci tutti quanti! Ma con noi non funziona. Devono solo vergognarsi". Con Mina e Marina Rei, invece, il rapporto è stato di tutt'altro livello: "Con Mina c'è stato un interessamento sincero da parte di sua figlia, e poi una richiesta vera e propria di poter utilizzare il mio brano. Del resto, chi è grande si sa far piccolo con grande classe, all'occasione. E anche con Marina è andata in maniera completamente diversa: lei ne capisce davvero, ascolta curiosa e attenta tutto lo splendido sottobosco musicale italiano. Questa è una cosa bellissima, secondo me".
La telefonata con Paolo si conclude con il racconto di due canzoni di "Hermann", "Love Is Talking" e "Il mare è bellissimo"; due estratti che bene condensano l'idea, il significato e il colore di tutto l'album. "‘Love Is Talking' è in qualche modo tutto ciò che non avevo mai scritto prima: l'amore vero diventa qui comprensione di se stessi in senso assoluto, di bontà, crudeltà, sincerità, intelligenza... di tutto. Attraverso vari episodi volevo raccontare il senso totale dell'uomo, che è un miracolo d'amore che parla da ogni parte, e come tale va contemplato e ascoltato". La contemplazione, lo sguardo, la vista. L'occhio è l'organo di senso per eccellenza dei nostri tempi, la nostra è la civiltà dell'immaginazione. E allora "Il mare è bellissimo" propone un'alternativa forte, vivida, futuribile: "L'uomo dovrebbe rendersi conto che anche per lui, così come per tutti gli esseri viventi su questa terra, esistono delle linee già scritte: la vita, la morte, le migrazioni. Potremmo essere guidati, se solo sapessimo chiudere gli occhi. La ‘destinazione' di cui parlo è questa, poter rivedere l'alba chiudendo gli occhi, ristabilire il contatto con le nostre linee naturali, quelle che ci guidano da quando esistiamo come specie. Tutto ci parla, anche il nostro respiro ci parla. Ma noi non facciamo altro che sprecarlo, e non capiamo di essere soltanto il 5 percento di quello che potremmo essere. Siamo lontani, troppo lontani dal senso della nostra esistenza. L'aveva già detto Sartre: quando un uomo arriva a pensare che la propria intelligenza è Dio, c'è qualcosa che non va, e che non ci fa più sentire la grandezza di ciò che ci circonda e che vive con noi".
(12/06/2011)
Piccole, fragilissime canzoni di Magda Di Genova In una bufera natalizia fuori stagione, che non ha scoraggiato un pubblico affezionato, Paolo Benvegnù mi spiega le ragioni della sua tensione ancora prima di accomodarci sul divano... Sono sempre molto nervoso quando suono a Milano e questa situazione a due con Andrea (il polistrumentista Andrea Franchi, ndr) non è poi così salda, quindi sono sempre in tensione, anche perché è tanto che non suono dal vivo. Sono stati un fine e un inizio anno abbastanza travagliato e mi stupisce tornare in giro a suonare ora che non sono più abituato. In questo periodo sto lavorando tanto in studio, producendo gruppi. Poi ho fatto questa tournée teatrali con Riondino e Bollani per uno spettacolo che si chiama "Presepe Vivente Cantante" in cui facevo la statuina cantante ed è molto semplice: tanto c'è quel mostro di Bollani che suona, improvvisa tutto e basta che, bene o male, mi allineo alle supposizioni. Ritornare a suonare, ritornare a fare le mie cose non è che ogni tanto mi costa, è un problema mio: devo proprio riabituarmi, tornare in contatto con me stesso. Nuovo disco in uscita... E' un singolo nuovo. Ancora devo scoprire cosa c'è dentro, nel senso che sto cercando di fare dei pezzi nuovi e di recuperare dei brani vecchi, che non sono entrati in "Piccoli Fragilissimi Film" e cercare di dar loro una vita nuova. La cosa a cui penso molto ora, più che alla realtà, è all'immaginario, a quanto l'immaginario invada la nostra vita. A parte il fatto che il singolo ha a che vedere con "Cerchi nell'acqua" (brano di "Piccoli Fragilissimi Film"), sono ritornato all'immaginario e cercherò di fare brani che hanno a che vedere con questo e poi, a maggio, penso di lavorare al secondo capitolo del progetto Paolo Benvegnù, che è un progetto di gruppo al di là del fatto che ha il mio nome. (Sorride) Non lo so perché dovrebbe esserci la fase di consolidamento. In realtà ho scoperto, in questo ultimo mese, quanto veramente ogni nostra convinzione abbia a che vedere con. (si accorge che sto tremando, fa veramente freddissimo. Si toglie il giaccone e, nonostante cerchi di convincerlo che tra un po' mi passa, mi obbliga a tenerlo sulle spalle) . la mia idea era di andare a consolidare un certo tipo di espressione della realtà. Vedo che ogni giorno tutte le mie convinzioni si frantumano. Questo non vuol dir nulla, non c'è nulla di decadente in tutto ciò. Le cose cambiano e spero si evolvano. In questo caso, visto che non sto scrivendo molto perché sto producendo a profusione molti gruppi (tra cui Terje Nodgarden, Perturbazione e Marylù Lorén), spero mi ritornino delle idee. Ho un sacco di cose da dire, fondamentalmente non ho il tempo per dirle e ora comincia veramente a pesarmi, perciò spero veramente, da maggio in poi, di avere il tempo per far tutto. Se avessi avuto anche delle altre caratteristiche umane e anche artistiche, probabilmente . se mi fosse venuto naturale di fare delle cose molto pop. fondamentalmente non ho una formazione di questo tipo, non ho una formazione "pop", ho una formazione. (ride) non so nemmeno io che tipo di formazione ho (durante il concerto riprenderà un brano dei Tuxedomoon) è tutto un zigzagare tra varie cose e a me viene naturale fare quello che faccio. Io mi rendo conto che molte volte, anche durante i concerti, le atmosfere sono veramente "dense" e, purtroppo, in questo momento della mia vita, non riesco a essere più "leggero" di quanto sono. Ti assicuro che siamo dei gran cretini, però, quando poi quando devo fare un disco o fare dei concerti, a me viene proprio questo pathos e in questo momento della mia vita non riesco a toglierlo, perciò preferisco essere naturale, magari avere poche chance, rompere un po' i marroni anche agli astanti, piuttosto che cercare a tutti i costi di essere diverso. Purtroppo sono così, è già una grandissima lotta già riuscire ad accettarsi e questo potrebbe essere il primo passo verso un tipo di cambiamento. Sto cercando di lavorare su di me per quanto riguarda questo. Vediamo se ce la faccio. Nazionalpopolare. Penso di no. Penso che non ci sia la voglia di farlo migliorare. Personalmente questa cosa non mi interessa. A me interesserebbe molto suonare con un'orchestra. Sto facendo anche questa esperienza con una banda e suonare con una banda di settanta elementi è molto bello, per me. Il fatto è che quella sarebbe una bella esperienza. |
PAOLO BENVEGNU' | ||
Suggestionabili (Stout, 2004) | ||
Piccoli Fragilissimi Film (Stout, 2005) | ||
Cerchi nell'acqua (Stout, 2005) | ||
14-19 (La Pioggia, 2007) | ||
Le Labbra (La Pioggia, 2008) | ||
500 (La Pioggia, 2009) | ||
Dissolution (La Pioggia, 2010) | ||
Hermann (La Pioggia, 2011) | ||
Earth Hotel (Woodworm, 2014) | ||
H3+ (Woodworm, 2017) | ||
Dell'odio dell'innocenza (Black Candy, 2020) | ||
Delle inutili premonizioni, Vol. 1 (live acustico, Blackcandy, 2021) | ||
Delle inutili premonizioni, Vol. 2(Officine della cultura, 2022) | ||
È inutile parlare d'amore (Woodworm/Universal Music, 2024) | ||
SCISMA | ||
Pezzettini di carta (1994) | ||
Bombardano Cortina (autoprodotto/Emi, 1995) | ||
Rosemary Plexiglas (Emi, 1997) | ||
Vive Le Roi (Ep, Emi, 1999) | ||
Armstrong (Emi, 1999) | ||
Mr. Newman (Woodworm, 2015) |
Scheda sugli Scisma | |
Sito ufficiale | |
Paolo Benvegnù su Myspace | |
Testi |