Rover

Tra i nascondigli dell'anima

intervista di Alessio Belli

Con il recente "Eiskeller", Timothée Régnier alias Rover si conferma una delle voci più ispirate dell'attuale cantautorato internazionale. Dopo aver lasciato alle sue spalle la ghiacciaia di Bruxelles dove ha concepito il nuovo disco, pronto a presentare l'opera sul palco, l'artista francese ci parla in quest'intervista del terzo, intenso capitolo della sua discografia.

La foto di copertina di "Eiskeller" è un omaggio a "Low" di David Bowie?
Divertente, sei la prima persona a fare un collegamento con "Low". Ad essere molto onesto con te, non avevo in mente la copertina di David Bowie quando ho scelto la mia. Potrebbe essere un atto inconscio. Buon per me che si riferisca a un album così importante.

Tra il precedente "Let It Glow" e "Eiskeller" ci sono sei anni: cosa è successo in questo periodo?
Subito dopo aver pubblicato il mio secondo album, sono andato in tour per un periodo che va dai due anni e mezzo fino ai tre. Dopo il tour in "grande" con la band al completo, ho fatto un tour più piccolo solo io e un musicista, dove abbiamo suonato le canzoni nella loro "demo version". È stata un'esperienza incredibile. Poi ho iniziato a lavorare sulle colonne sonore (segnaliamo "Tonnerre" di Guillaume Brac e la serie "Alex Hugo" di Pierre Isoard, entrambe del 2013, ndr), ho scritto canzoni per altre persone e poi ho affittato questo posto incredibile a Bruxelles, dove ho imballato tutti i miei strumenti e ho iniziato a lavorare al mio album.
Guardando indietro, è incredibile vedere quanto tempo ci vuole per fare un disco e, credimi, sono la prima persona che vorrebbe pubblicare i propri lavori ogni sei mesi, ma ci vuole tempo, soprattutto per "Eiskeller", dove ho fatto le cose in modo diverso. Il tempo era un ingrediente cruciale del processo e non affrettare le cose era l'unico modo per vivere appieno l'esperienza e l'annessa registrazione.

"Eiskeller" è la fine di una trilogia o un nuovo capitolo iniziale?
Penso che sia troppo presto per capire se è la fine di una trilogia o un nuovo capitolo. Quello di cui sono sicuro è che fa parte della storia iniziata più di dieci anni fa. I miei tre album sono senz'altro legati da un legame quasi fraterno. Tutti e tre hanno elementi simili e possono relazionarsi tra loro, quindi, sì, è una trilogia. Non posso dire se il prossimo si adatterà a questa famiglia o no, sarà il tempo a dirlo ancora una volta. Ciò di cui sono sicuro è che ogni disco è un nuovo capitolo iniziale: solo sapere che suonerai l'album dal vivo e lo vedrai crescere nella vita delle persone è molto eccitante.

"Eiskeller" è nato dalla solitudine, dall'isolamento, proprio mentre il mondo faceva i conti con queste sensazioni, a causa del Covid.
È stato abbastanza strano, poiché mi isolo sempre quando faccio un album. Forse per la prima volta nella mia vita mi sentivo connesso nella mia solitudine con il resto del mondo, nonostante il dramma di questa pandemia. Sento che "Eiskeller" mi ha sicuramente aiutato ad affrontare ciò che abbiamo passato tutti.

Un disco nato in una ghiacciaia, ma in realtà molto "caldo", fin dall'iniziale "To This Tree": cercavi questo contrasto?
Sì, posso dire di essere decisamente un uomo fatto di contrasti. Mi sono ritrovato molto preso nella mia lotta contro questo luogo enorme e freddo in cui ho deciso di stabilirmi. Solo la musica mi ha dato calore e alla fine è stato il mio miglior strumento contro questo ambiente ostile.

L'approccio mi ha ricordato molto quello del John Lennon di "Plastic Ono Band"...
Questo riferimento è uno dei miei passaggi musicali preferiti di tutti i tempi. Sono un grande fan del lavoro di John Lennon, specialmente con la Plastic Ono Band.

Puoi raccontarci dell'aspetto compositivo dei brani? È un disco molto vario dal punto di vista strumentale.
Avere più tempo mi ha permesso di lavorare sulle canzoni in un modo diverso, mi è piaciuto molto entrare nei dettagli, in termini di songwriting. L'approccio era lo stesso, ma avendo meno pressione a causa del tempo che avevo e dello spazio in cui mi trovavo, l'"artigianato" aggiunto nei particolari ha dato alle canzoni un'altra dimensione.

Qual è il momento di "Eiskeller" di cui sei più fiero?
Ci sono così tanti momenti che mi vengono in mente. L'intera esperienza è stata proprio una serie di piccoli istanti, momenti intimi che non dimenticherò mai. Oggi la cosa di cui sono più orgoglioso è la possibilità di aver finito l'album e vedere che sono stato in grado di catturare esattamente il mio lavoro quotidiano e metterlo nella musica.

Oltre alla musica, artisticamente parlando, cosa ti ha fatto compagnia durante la lavorazione del disco?
In maniera molto spontanea ti direi che i miei strumenti sono stati i miei migliori amici durante il concepimento dell'album e che durante i mesi trascorsi a registrare, il luogo stesso è diventato un partner e un amico. Anche la grezza location industriale in cui stavo lavorando è diventata una fonte di ispirazione e ha assunto un che di artistico. Qualsiasi cosa può diventare fonte di ispirazione, se le dai tempo.

Ho visto la notizia dei primi spettacoli dal vivo: quali saranno l'approccio, l'organizzazione e tutte le emozioni e i pensieri nel tornare a suonare dal vivo in questo momento particolare?
Non vedo l'ora di andare in tour. Cercherò di mantenere la stessa energia e lo stesso spirito per i concerti. Cerco di evitare la comfort zone, quindi sono davvero entusiasta di mettermi in viaggio con un solo musicista. Saremo solo io e un batterista. Il suo nome è Antoine Boistelle. Siamo entusiasti già in questa fase, quella di prova delle canzoni, e veramente entusiasti del modo in cui suonano. Non vedo l'ora di condividerlo con il pubblico!

Chi è il destinatario della canzone conclusiva, "Woys"?
"Woys" si adattava alla conclusione dell'album alla perfezione. Non solo è un brano sul curioso processo di scrittura delle canzoni: più specificamente parla dello strano momento in cui le persone iniziano a pensare che la canzone le riguardi, quando non è così. È un po' strano, e allo stesso tempo affascinante, come una canzone possa avere un riflesso personale nella vita della gente. Quindi il ritornello ci scherza un po', dicendo: "You are the one/ You are the chosen one". È una bella canzone da suonare anche dal vivo.