
Fra i più grandi manipolatori di suoni elettronici del mondo, i Massive Attack si presentano al cospetto di una folla imprevedibilmente numerosa sul palco del Roma Rock Festival, allestito presso l’ippodromo delle Capannelle.
L’assenza dalle scene con un disco nuovo da oltre tre anni (eccezion fatta per la colonna sonora di “Danny The Dog” e il greatest hits “Collected”, pubblicati entrambi nel 2005) non ha affatto raffreddato l’interesse verso la band che agli albori dello scorso decennio ha aperto la strada verso nuovi scenari musicali, miscelando dub, soul, rock, dance in un caleidoscopio al rallentatore, dove basso e batteria pulsano al ritmo del cuore, diventando la pietra angolare del movimento trip-hop.
Del mutevole combo bristoliano, sono rimasti Robert “3 D” Del Naja e Grant “Daddy G” Marshall, oggi accompagnati oltre che da una robusta band anche da alcune guest star d’eccezione, fra le quali spicca l’applauditissima Elizabeth Fraser, la prodigiosa voce dei Cocteau Twins, protagonista in tre brani della setlist .
La colonna sonora di “Danny The Dog” è stata completamente tralasciata, mentre "100th Window" viene rappresentato dalla sola “Future Proof”, come dire che, a conti fatti, i Massive Attack rinnegano un tantino i lavori più recenti e continuano a valorizzare i dischi del passato, in particolar modo “Mezzanine”, il più rappresentato della serata.
Dopo un trascinante dj set durato circa mezz’ora, il tempo di attrezzare il palco e i nostri entrano in scena sulle note di “False Flags”, l’unico inedito presente nella recente raccolta retrospettiva.
La scelta dei pezzi in scaletta è vincolata ai vocalist presenti, così restano escluse le ottime composizioni che avevano come protagoniste Sinead O’Connor e Tracey Thorn, a favore delle tre esecuzioni della Fraser e dell’accoppiata “Safe From Harm/Unfinished Sympathy”, estratte dall’esordio “Blue Lines” e tuttora tra i pezzi più attesi ed applauditi, qui interpretati magistralmente da Shara Nelson.
Lo spettacolo è un susseguirsi di entrate e uscite di scena con Del Naja che lascia tranquillamente il palco per dar spazio al protagonista di turno, a conferma di quanto la sigla Massive Attack identifichi una situazione assolutamente aperta e continuamente modificabile.
Nella prima parte dello show il pubblico va in estasi soprattutto per l’intensa esecuzione di “Teardrop” e per la fisicità che acquisisce “Angel” nella dimensione live, con una chitarra davvero esplosiva. Applauditissima l’interpretazione di Horace Andy in “Hymn Of The Big Wheel”, altro estratto dall’esordio “Blue Lines”.
Dal vivo, l’approccio drum & bass vagamente cupo viene parzialmente mitigato da incursioni chitarristiche al limite del sonico che, amalgamate a sapienti intarsi elettronici, danno vita a un magma sonoro assolutamente originale.
La cadenza dello show è lenta e si scorge più di qualche fan con indosso t-shirt che richiamano nomi storici della scena dark quali Joy Division e Siouxsie & The Banshees.
In “Safe From Harm” sullo schermo posto alle spalle della band scorrono gli impressionanti numeri sulla imbarazzante guerra ancora in corso in Iraq.
Ci sono momenti anche più rilassanti, come quando Del Naja saluta Fabio Cannavaro e sullo schermo scorre la scritta “Italia Campione del Mondo”.
Giusto un paio di minuti di pausa e il bis si apre con una bella versione cantata di “Heat Miser”, alla quale fa seguito una incisiva “Inertia Creeps”.
Dopo il riempipista “Unfinished Sympathy”, tocca alla eccellente “Group Four” mandare tutti a nanna, con un finale che sembra (scusate il giochino di parole) infinito, in un crescendo sonoro vorticoso.
Diecimila persone lasciano l’ippodromo delle Capannelle con la consapevolezza che nessuno ha saputo rendere l’elettronica tanto calda e umana.