Al di là della caratura musicale del gruppo in questione, il concerto dei Supersilent a Roma è un evento da non perdere. Difatti la capitale è l'unica città italiana che per il momento è riuscita a strappare l'ensemble alle terre nordiche (che nel suo tour vede la Svizzera come la data più a sud). La Casa del Jazz (in collaborazione con Around Jazz) può vantare ben tre concerti, divisi in due giorni, della formazione scandinava per il suo "Altre facce, altri suoni", festival focalizzato sui gruppi ai confini del jazz e che godono di poca visibilità nel mercato tradizionale. Le tre esibizioni sono una scelta curiosa su cui non si può fare a meno d'interrogarsi. Una motivazione potrebbe essere di carattere "quantitativo": la sala interna della Casa del Jazz non è molto grande, e gli organizzatori, coscienti dell'esclusiva italiana, potrebbero aver deciso di mettere a disposizione del pubblico diverse possibilità per assistere a questo evento. Purtroppo i Supersilent non hanno così tanta fama da giustificare effettivamente la scelta dei tre appuntamenti: l'esibizione su cui si basa questo commento (la seconda, ovvero la prima del secondo giorno) vede la presenza di una cinquantina di spettatori a malapena, mentre ad attendere l'entrata per il secondo spettacolo c'è appena una ventina di persone. Comunque, la musica è quello che conta, e la perfetta acustica della Casa del Jazz rende piena giustizia ai suoni dell'ensemble, tutti distintamente udibili, dalle percussioni più telluriche ai "disturbi" elettronici più sommessi.
Una cosa si può dire certamente dei Supersilent: sono un gruppo. Raramente si riesce a riscontrare una coesione così forte in un concerto di ambito avant-improvvisativo. I Supersilent non provano mai, s'incontrano solo sul palco, eppure (forti anche di sei album più un DVD dal vivo) il loro stile è ben definito e i quattro sembrano suonare insieme da sempre. La particolarità del loro approccio musicale è la complicità che li lega: sono tutti attentissimi ad ascoltare quello che fanno gli altri, si scambiano sorrisi e cenni d'assenso, tramite sguardi creano duetti all'istante, non intervengono nel brano se non quando sono convinti che sia necessario farlo, altrimenti si godono ad occhi chiusi ed annuendo gli affreschi sonori prodotti dagli altri. I membri dei Supersilent hanno sicuramente un profondo rispetto ed attenzione per il contributo di ognuno, nutrendo la loro musica con vero entusiasmo e vera curiosità.
Il concerto inizia all'improvviso: sono appena entrati salutando il pubblico, non fanno in tempo a sedersi che già il batterista comincia a pestare tutto ciò che si ritrova davanti. Subito lo seguono tastierista (serioso e quasi anacronistico barricato dietro quattro tastiere, tra cui un MiniMoog), il trombettista/batterista e il chitarrista/tastierista. L'attenzione del pubblico è completa e non potrebbe essere altrimenti: sebbene il loro stile sia consolidato e riconoscibile la loro musica è perennemente cangiante. Nello stesso brano riescono a passare naturalmente dall'ambient a furiosi ritmi tribali (eccezionali le parti eseguite da entrambi i batteristi) ed ancora a passaggi totalmente folli e quasi comici, per finire con epici crescendo strumentali in cui il trombettista, non riuscendo a contenersi, si lancia anche in ispiratissime parti vocali (con una voce tra l'altro che sorprende per la sua potenza e limpidezza). Una volta che il brano ha cominciato a prendere vita, è quasi impossibile capire chi suona cosa: loop di tromba effettati, parti di basso eseguite al Moog, chitarra utilizzata prevalentemente come synth, e tanti altri espedienti elettronici che consentono al gruppo (insieme alla loro perizia tecnica) di passare da brani di quiete assoluta a impressionanti muri di suono quasi orchestrali. Insomma, inutile tentare di analizzare la loro musica, meglio lasciarsi trasportare dal loro magma sonoro.
La musica dei Supersilent non è jazz, non è rock, non è elettronica, non è etnica, eppure è tutte queste cose insieme e molto di più, sopratutto è qualcosa creata all'istante, qualcosa di vivo. In ben pochi altri concerti è possibile percepire così fortemente il processo creativo che si muove sviluppando musica magicamente dal nulla, e si ha quasi l'impressione che il pubblico stesso ne prenda parte, immerso in un limbo al di fuori del tempo e dello spazio.