
Tony Conrad è un artista provvisto di grande umanità, di onestà intellettuale, di una capacità comunicativa innata e radicatissima. Venerdì ha fatto tappa a Milano (unica data italiana) per esibirsi in una performance profondamente intensa.
Ore 21.00. Lo spazio O'Artoteca di via Pastrengo pullula di persone (quasi duecento). C'è grande attesa per il padre del cosiddetto minimalismo, nonché per colui che passò ad un giovane e sconosciuto Lou Reed l'edizione tascabile di un libro intitolato "Velvet Underground" (...).
E' una serata importante e lo si avverte osservando i particolari, le espressioni degli avventori e la tensione emotiva che riempie il locale. Mr. Conrad è già in sala e, all'improvviso, attacca a parlare con le poche persone attorno dei filmati che andrà a proiettare a breve. Alto, argentato, fiero, distante ma, in fondo, tenero e gioviale. Dinoccolatissimo. Tony è la sua musica. Nella sua proposta, infatti, l'artista si spoglia degli orpelli di parata tipici degli egotici compositori che spesso ci rappresentiamo e si cala nel suono senza reticenze. L'elemento fondamentale della sua performance, infatti, è il suono in quanto tale, la sua trasformazione, la sua trasfigurazione, quello scavare nelle possibilità al limite dell'infinito e dell'inaudito che sono il tratto più distintivo del musicista e ricercatore.
Poco dopo le 21.30, il nostro smantella l'"ambaradan" che gli è servito per proiettare le sue pellicole (una di queste avrà "Church Of Anthrax" come colonna sonora, in omaggio a John Cale e Terry Riley) e, con un gioco di funi, issa un gigantesco telo che lo separerà dal pubblico durante l'esecuzione dronica che andrà ad imbastire di lì a poco e che affascinerà notevolmente la fortunata audience.
Dietro il telo, lui stesso (eliminazione del compositore dall'opera?), un violino (collegato a un paio di effetti), una lampadina montata su un trespolo, un piccolo ventilatore acceso e una valigia Samsonite piena di amenità varie inerenti alla performance (altri effetti, archetti, etc.). Si spengono le luci. La silhouette di Tony - posizionato in mezzo, tra la lampadina accesa ed il telo - viene proiettata sul séparé. Mr. Conrad attacca e, per poco più di un'ora, delizierà gli astanti con la potenza emotiva del suo violino. Il concerto ha presentato un'immagine del musicista pressoché inedita ai più: passionale, vario e coloratissimo. Profondamente coinvolgente. Assistere a una sua performance è come partecipare ad una ricerca di Fermi nel sub-atomico: al posto dell'uranio, però, la materia è il suono. Il suono come materia: ecco il punto cruciale della sua esperienza artistica. Da rimanere immobili, con la bocca aperta, per tutta la durata dell'esibizione.
Tony ha con sé un violino dotato di corda aggiuntiva non vincolata che gli permette di generare glissati maestosi, al limite del rumore, esasperati da un distorsore e arricchiti da delay e riverberi. Qualsiasi cosa contribuisce a cesellare sonorità assimilabili ad un fluido lattiginoso che gli ruota attorno. Conrad, dopo una trentina di minuti, sembra essere un buco nero attorno al quale gravita la giostra dell'universo sonoro, comprendente tutte le Sister Ray, lo space-rock, i Cage e i Maderna di questo mondo. Sarà un caso ma il bianco sipario dietro al quale suona senza farsi vedere, rende verosimilmente l’idea di una sorta di via lattea mossa da un piccolo ventilatore... Un effetto speciale semplice ma di grande impatto, che suona come uno sberleffo al più intraprendente George Lucas…
Una volta terminata la parte solista del concerto, Tony raccoglie gli applausi e ammaina il telone. Arrivano gli Å, orfani di Stefano Roveda (rimasto a Verona per motivi personali) ma arricchitisi di un Andrea Belfi (Rosolina Mar, Christa Pfangen) in splendida forma. La jam ha inizio e non ce n'è per nessuno: un vero spettacolo che, in luogo di emulare gli antichi fasti (anzi, gli antichi "Faust-i"), conferisce a quel momento una personalità inscalfibile ed un'originalità più unica che rara. Nessuna sbrodolatura, nessun istante fine a se stesso. Una performance memorabile (benchè breve: meno di mezz'ora) che speriamo venga presto pubblicata e diffusa.
Si è trattato di una serata magnifica, resa ancora più speciale dalll'impeccabile organizzazione di Fabio Carboni e Bruno Stucchi, i signori della Die Schachtel, che l'hanno impostata alla perfezione con massima professionalità pur conferendole un'aura confidenziale quasi come si fosse trattato di un incontro tra vecchi amici... Indimenticabile, davvero.