30/04/2009

Balmorhea

Mattatoio Culture Club, Carpi (Mo)


di Davide Palmisano
Balmorhea

I Balmorhea sono sbarcati in Italia per la promozione del loro terzo album, "All Is Wild, All Is Silent", già accreditato di un discreto successo, dopo il giusto tributo consegnato loro da critica e appassionati l’anno passato, per "River Arms". Un tour semplice, quasi (volutamente) dimesso, con solo due date italiane, questa di Carpi e un’altra nella provincia riminese, lontano dunque dalle platee e dalle piazze tradizionalmente più calde.
La scelta può aver poco giovato a incrementare la loro fama, seminando semmai delusione tra gli ammiratori del gruppo che si contano in tanti anche in Italia. Eppure per chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna d’ammirarli esibirsi dal vivo le scelte della strana coppia Rob Lowe & Michael Muller non possono che apparire perfettamente sensate e - più ancora - congeniali ai personaggi in questione.

La sede del concerto di Carpi è poco più che un disco-pub, peraltro arredato con gusto, con una profonda volta a botte rivestita in doghe scure che ricorda quasi la chiglia capovolta di una nave, e il palco, un piccolissimo palco, collocato in fondo alla sala, lontano quindi dall’ingresso e dal bancone bar, posto nei suoi pressi. Questa sistemazione, molto semplice e di gusto tanto familiare quanto realmente vintage, sarebbe validissima per ospitare un piccolo ensemble come i nostri Balmorhea, se non fosse solo che il palco è veramente stretto per ospitare il gruppo – qui al gran completo, in formazione di 6 elementi con archi e batteria, pertanto costretto quasi all’immobilità durante l’esibizione - e se non fosse anche che una larga fetta di avventori del pub, accorsi per diletto più che per l’evento musicale, non esiti a vociare anche durante le fasi attive del concerto. Situazione che, si scoprirà in seguito confrontandosi con Rob Lowe della band, arreca più disturbo al pubblico accorso che ai musicisti impegnati: a suo dire, il disinteresse di una parte dei presenti, causa del relativo fastidioso brusio, è pressoché fatto diffuso, incontrato da loro personalmente in numerosi locali degli Stati Uniti, al punto ormai da non soffrirne più.

Resta che il concerto è fissato alla tarda ora delle 23 e, nonostante ciò, bisognerà attendere almeno altri tre quarti d’ora, e l’arrivo di nuovi avventori, prima di vedere il palchetto popolarsi di uomini, donne (la minuta violinista di colore e la flemmatica e incappucciata violoncellista) e strumenti, ma l’attesa è presto ripagata: la band attacca diretta con il fluente arpeggio acustico delle due chitarre di "Coahuila", e la magia prende già corpo.
Non c’è spreco d’ energia alcuna nella composta esibizione della band, come non c’è niente di superfluo nella loro azione in musica; c’è piuttosto misura, voglia di esprimere le proprie istanze in maniera delicatamente umana, e in serate come questa c’è viva la voglia di sublimare nel contatto con il proprio pubblico la propria produzione, e traspare sin dalle prime note, forte, la sensazione di intensità e calda partecipazione emotiva di tutti e sei sul palco, qui giunti dal lontano Texas; sin dal primo pezzo, e poi ancor di più nell’esecuzione dei seguenti, dalla già celebre "San Solomon" che gli fa seguito (unica traccia dal disco dell’anno passato), passando per tutti i cavalli di battaglia tratti dall’ultimo lavoro ("Settler", "Remembrance", "Harm and Boon", per finire con la meravigliosa "Night in the Draw").

Spicca su tutto la compostezza di questi ragazzi dalle spalle larghe ma dai volti puliti come di bambini, volti di chi ha imparato già a misurare la propria professionalità di musicista anche in luoghi semi-sperduti come questo di stasera, ma ugualmente utili a realizzare il miracoloso contatto umano con la propria sparuta gente. Gli stessi, magari, con cui s’è tenuto il contatto per mesi sfruttando le autostrade telematiche e che poi chissà se li riconosci dal vivo, qui, in questa larga e piatta Pianura Padana, distante anni luce dagli spazi polverosi del South-West americano, eppure sufficiente e validissima stazione, oggi, dove far rifornimento di emozioni forti e sentimenti.
L’armonia con i Balmorhea non si trova nello sballo né nel rapimento, non c’è furore né eccesso melodico, del resto non è hardcore né musica classica, è piuttosto mero sottofondo alla corrispondenza dei sensi, e gli accordi e gli arpeggi diventano pretesto per rievocare ricordi, che un attimo dopo saranno forieri della prossima emozione e alimento per nuova aspettativa.

Musicalmente il concerto scivola via come un’allegra sorgente di montagna, senza sussulti, ma con meravigliosa naturalezza, un’esecuzione cristallina agli strumenti, eppure d’impatto deflagrante sotto il profilo umano: non consegna immagini di spazi, né cartoline, quanto piuttosto umanità e tanta, tanta tenerezza.
Detto questo, non si può nemmeno tacere della disinvoltura con cui la strana coppia Rob & Michael (che visti così, l’uno di fianco all’altro, sembrerebbero più un duo comico che i fondatori di questa indovinatissima band: quasi si somigliano nello sguardo semplice eppure diversi nell’indole, più allegra in Rob, più coriacemente rustica in Michael) si muove tra gli strumenti, scambiandosi di posto tra chitarre, piano elettrico, banjo e armonica con pianola; per non dire, infine, dei vocalizzi su numerosi pezzi in scaletta, ed eseguiti in questo live con sorprendente successo da Rob, in luogo della voce di Jesy Fortino, presente invece nelle tracce incise in studio.
E velocemente passa via tutto, intorno a questi trascinanti momenti d’intimità anche il deciso handclapping di "Settler" scandito in solitudine da Michael con il solo leggero appoggio del rullante risulta tiepido e pacato, e nuovamente lascia il posto alla grazia sublime del trio d’archi, per volgere infine alla sorpresa finale, quella di un soave sestetto di voci "a cappella", con i nostri raccolti in circolo al centro di un palco troppo stretto per accoglierli tutti, ma ugualmente spazioso per tradurne il sincero afflato musicale, per un saluto finale, accorato esso stesso, puro e traboccante di grazia.