
I Glasvegas, gruppo scozzese lanciato dallo scopritore degli Oasis, Alan McGee, e autori di uno degli esordi più interessanti del 2008, uscito in Italia solo quest'anno, sono arrivati anche da noi per promuovere il loro album e hanno suonato a Roma, Ravenna, e stasera a Milano ai Magazzini Generali. Nonostante i pareri entusiasti di chi li aveva visti nelle due precedenti date, stasera il combo scozzese ha deluso gran parte del pubblico, soprattutto per colpa del frontman, James Allan, e di un non perfetto assemblaggio degli strumenti. Va dato atto ai Glasvegas di aver comunque fatto sold out anche nella città meneghina e di aver suonato in un locale che non è certo noto per avere una grande acustica. Per la data di Ravenna avevano avuto come supporter gli Heike and The Giggles, mentre per Milano sono stati scelti i Toomuchblond, band emergente fiorentina lanciata da Mtv.
Il gruppo scozzese attacca abbastanza tardi, alle dieci e mezza, con "Geraldine", singolo attualmente in rotazione sui più importanti canali musicali, che però lascia un po' di amaro in bocca. James Allan, il cantante, ha un look che si nota, ciuffo impomatato alla Joe Strummer, occhialoni da sole e maglietta con la faccia di John Lennon. Dimostra carisma e presenza scenica, ma la sua voce lascia più volte a desiderare. Le cose non vanno meglio con la successiva "Lonesome Swan": tutto sembra più lento e noioso rispetto al disco, che - va ricordato - non ha praticamente un solo pezzo debole.
Alcuni spettatori si allontanano delusi dalle prime file, altri iniziano addirittura a rumoreggiare. Il suono dei Glasvegas - un misto di Coldplay, Bloc Party e shoegaze - stasera è in effetti meno coinvolgente e anche gli addetti al mixaggio hanno qualche problema a ricrearlo, soprattutto all'inizio, perché le chitarre si sentono nettamente di meno rispetto al resto. I giochi di luci sono invece azzeccati e abbastanza spettacolari con colori originali e sgargianti. La batterista, la paffuta Caroline McKay, ha i suoi quindici secondi di celebrità perché dopo il secondo pezzo viene presentata dal cantante che chiede le venga riservato un applauso speciale.
Il primo brivido arriva con la stupenda "It's My Own Cheating Heart That Makes Me Cry", vero e proprio inno da stadio. Dopo di questa vengono eseguiti altri quattro pezzi, ma la sensazione è che i Glasvegas suonino sempre la stessa canzone, con tanta verve in meno rispetto all'album. Per fortuna alle undici arriva una versione davvero emozionante di "Go Square Go", cantata praticamente da tutto il pubblico e che sembra poter far decollare finalmente il concerto. James ringrazia più volte con le mani giunte, a volte addirittura battendosi il cuore e dedica anche dei mini-cori a Milano, ma l'impressione è che si comporti così ogni sera, in qualsiasi città suoni (a Roma, per esempio, ha fatto lo stesso). Le prime file del pubblico ora sono entusiaste e Allan lascia spesso cantare le strofe più note ai suoi fan.
Nei bis trovano posto "S.A.D. Light", con un'introduzione di batteria più lunga e in questo caso azzeccata, "Please Come Back Home", tratta dall'Ep natalizio "A Snowflake Fell", cantata malissimo e con diverse stonature (e dedicata alla madre), e infine forse quello che era il brano più famoso e atteso, "Daddy's Gone".
Il concerto è durato poco, solo un'ora, anche se è da considerare che i Glasvegas hanno all'attivo solo un album e un Ep, ma parecchie persone non ne sono rimaste dispiaciute più di tanto.
La sensazione è che gli scozzesi siano comunque una grande band che è incappata in una serata un po' storta. Del resto loro stessi avevano dichiarato alla stampa di dover ancora migliorare nelle performance dal vivo.