
Gli Health se ne fregano che siamo in 60. Non hanno neanche bisogno di dirci ciao. BJ, il loro batterista (quello grosso che sembra il papà degli altri), guarda in un punto imprecisato, come se osservasse uno spartito immaginario, e pesta con una violenza inaudita, mentre gli altri si fomentano, si sfogano sulle chitarre, senza farci capire se è tutto sotto controllo o meno.
Certo che, a quel volume, non importa più: la musica è fisica, è di una potenza, di una virilità tale che ci annienta, e non riusciamo neanche a seguire il tempo con la testa. Le pause, dagli Health usate in maniera massiva quanto catartica, ci prendono il respiro anziché darlo, e peccato che il disco duri solo 40 minuti (più il nuovo singolo "Die Slow"), perché io mi sarei fatta spaccare i timpani per altre 6 ore. Allora sì che la maglietta "You will love each other" avrebbe avuto un senso.
Menzione d'onore alla spalla, i nostrani Dance For Burgess: shoegaze di ottima qualità, sostenuto da un cantato che sa di post-punk e da grande precisione tecnica. Quel batterista con tutti i bottoni della camicia allacciati, poi, suona come Stephen Morris. Da tenere d'occhio.