27/10/2010

Balmorhea

Init, Roma


di Raffaello Russo
Balmorhea

La serata che il 27 ottobre ha visto i Balmorhea per la prima volta protagonisti di un'attesa esibizione romana merita di essere raccontata innanzitutto per smentire chi pensasse che la loro sia semplicemente musica "di nicchia", oppure chi volesse liquidarla con una certa sufficienza fondata sulla vuota retorica del manierismo o della sua prevalenza emozionale piuttosto che intellettual(oid)e.

A quanto pare, in una serata spazzata dai primi rigori che annunciano l'approssimarsi dell'inverno, in moltissimi hanno deciso di accorrere a farsi riscaldare dalla magia atemporale della band texana, prediligendola al pur forte richiamo del contemporaneo concerto dei mostri sacri Neu! Almeno centocinquanta persone (con probabile errore per difetto) gremivano l'Init già mezz'ora prima dell'inizio del concerto e la fila per i biglietti che si estendeva al di fuori dei cancelli del locale sono state il primo indice del fiuto della direzione artistica del locale romano, che dopo due tour limitati a piccoli centri tra Veneto e Romagna sono finalmente riusciti a portare nella capitale una band capace in soli tre anni - e altrettanti splendidi album - di raccogliere un seguito numeroso e appassionato.

Mancano pochi minuti alle 23 quando i due originari fondatori dei Balmorhea, Michael Muller e Rob Lowe, accompagnati da altri quattro componenti dell'ensemble, salgono sul palco dell'Init, riempiendolo quasi totalmente con la loro presenza scenica e una strumentazione che comprende il pianoforte, la batteria, un terzetto d'archi e un'ampia dotazione di chitarre acustiche, elettriche e banjo, che Muller sottoporrà a frequente rotazione nel corso del concerto. Qualche istante per sistemare i settaggi degli strumenti, ed è già "Settler", incipit arcano e di densa solarità, che materializza da subito le immagini del Texas più profondo e inospitale, incessante fonte di ispirazione per le corde delle chitarre e degli archi che si intrecciano in volute dalle tinte latineggianti, prima di culminare nel vivace handclapping finale.

Fin dall'esecuzione del primo brano, risulta evidente come una parte fondamentale nel modo di porsi dal vivo del sestetto sia affidata a un impatto sensibilmente più diretto rispetto a quello, più lento e romantico, percepibile nei lavori in studio. È in particolare la sezione ritmica a stagliarsi (anche a livello di volume) al di sopra dei fraseggi chitarristici, delle occasionali partiture per pianoforte e del danzare degli archi, raffinato e mai invasivo. Tra secche cadenze percussive e gentili tocchi di contrabbasso, affiorano ascendenze da ensemble jazzistico e soprattutto segmentazioni che svelano la concettuale affinità con le esperienze cameristiche del post-rock, dagli immancabili Rachel's ai meno celebrati 33.3.

 

La declinazione più corposa e incalzante del suono resterà tale in particolare nella prima parte dell'esibizione, ma non cesserà per gran parte di una scaletta non a caso incentrata sul più variegato dei tre album ufficiali della band, "All Is Wild, All Is Silent" (del quale saranno alla fine suonati ben cinque dei nove brani) e testimoniata anche dalla scelta di "Clamor", la più irruente delle due tracce del nuovo singolo "Candor/Clamor", appena pubblicato in una limitatissima edizione 7''.

Dopo il corposo trittico iniziale "Setter"-"Coahuila"-"Bowsprit", calano le luci e le atmosfere si fanno più ovattate e sinuose: Muller abbandona il resto della band per qualche minuto, giusto il tempo dell'esecuzione di "Night Squall", il cui protagonista diventa il compassato pianoforte di Lowe, così come nella successiva "Steerage And The Lamp", che poi bilancia le due ideali anime della versione dal vivo dei Balmorhea, elegante e compassata, ma anche vibrante e a tratti persino brusca.

Lo sfumare di toni della parte centrale del set sembra sciogliere anche l'apparente freddezza iniziale degli artisti sul palco, inizialmente compunti e afasici - quasi distanti, ma in realtà profondamente concentrati - e poi via via più discorsivi con un pubblico che loro stessi vedono rispondere con un calore che, come loro stessi confessano come un "ottimo risultato". Dopo "Harm And Boon", l'articolata "Truth" e un finale senza titolo è dunque doveroso il ritorno in scena per un paio di brani aggiuntivi, l'aggraziata ballata "Baleen Morning" (unico ripescaggio da "Rivers Arms"), i cui brividi non possono preludere che al commiato di "Remembrance" che suggella nel migliore dei modi, con il lascito di un ricordo profondamente impresso, quello che di sicuro sarà soltanto un arrivederci al pubblico di Roma.

Foto: Salvo Scherma - Studio Koku

Setlist
  1. Settler
  2. Coahuila
  3. Bowsprit
  4. Night Squall
  5. Steerage And The Lamp
  6. Clamor
  7. Harm And Boon
  8. Truth
  9. (Untitled)
  10. Baleen Morning
  11. Remembrance