28/03/2010

Niobe

Pixelle, Padova


Secondo live set veneto nel giro di poco più di tre mesi per Yvonne Cornelius, in arte Niobe. Se il primo, in data 5 dicembre 2009 e tenutosi al Flat di Mestre, è stato un sostanziale, gradevolissimo intrattenimento, il secondo, in data 28 marzo al Pixelle di Padova (una delle diramazioni patavine di Pulse Data, assieme allo Stalker, alla Mela di Newton e al Summer Student Festival), ha assunto i tratti somatici di una vera e propria ricerca stilistica.
L'ha confermato l'assenza dell'assistente elettronico ai piatti, che la accompagnava nelle sue esuberanze di mesi prima. Sola con mixer, distorsori, lettore cd e doppio microfono, Niobe riesce a sondare forse più marcatamente le molteplici direzioni della sua persona-artista.

La sua voce è una delle più modulate, quasi volatili e malleabili. Anche se raramente acrobatica o virtuosistica, è comunque ossessionata da soul, vocalese, dixieland, e talora prossima alle acutezze asmatiche di Beth Gibbons, tanto geometrica quanto spaziante.
Il repertorio di basi comprende una vastità di ricette con cui l'autrice appronta canzoni inedite che andranno a costituire il corpus dell'album venturo, da una preparatoria versione di "Brazil" a tutto un campionario di danze cubane, turbe dream-pop, ritmi esotici e cadenze retro (operette vaudeville, ragtime, music-hall di Broadway) elargite quasi con esasperazione maniacale.
Tra le canzoni già edite, scartate quelle già classiche e approfondite quelle tratte da "Blackbird's Echo", l'autrice si destreggia con la padronanza da vera officiante. Al confino più demonico, Niobe attiva distorsori e libera effetti elettronici, mentre la sua ugola crepita altera, in una versione chic di Don Van Vliet.

La sua tenuta del palco la conferma personaggio sfuggente, fatto di movenze accennate e di passi di danza appena sbozzati. Ed è, alla fin fine, un tipo di carisma centellinato e un po' snob che lancia scatti improntati a una corporeità fantasmagorica, molto più emotivi e magnetici (per nulla volti a cercare lo stupore del pubblico) che studiatamente coreografici.
A uno sguardo globale, Ivonne è così un folletto che gioca sulla linea di confine tra rilettura di vecchiume e musica d'autore che fa della struttura un punto di forza, ignara di astruse ibridazioni tra generi, pose intellettuali e vacue necessità introspettive.

(Contributi fotografici tratti da videocamera)

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