
Iniziamo subito con le perplessità dovute all'opening act, ovvero quel Cris X che aveva già prestato la sua opera nel disco. La breve performance di rumorismi elettronici è quanto di più lontano possa esserci dall'immediatezza del repertorio de I Cani e, tenendo a mente il discorso appena fatto sull'allargamento della fanbase del progetto di Niccolò e soci, era estremamente prevedibile che già al secondo brano partissero fischi ed insulti rumorosi da parte di una buona quantità di persone presenti. Non si capisce, quindi, che gusto abbia un artista a proporsi in una situazione che inevitabilmente creerà un clima a lui ostile, ed è parimenti incomprensibile la reazione di Niccolò, che rampogna il pubblico dicendo esplicitamente: "mi fanno schifo quelli che fischiano il gruppo spalla come ai concerti di Vasco Rossi". Nel momento in cui si è stati in grado di fare un disco capace di parlare a così tanta gente, questo è l'effetto collaterale più naturale del mondo e va, quindi, accettato senza lamentarsene.
I Cani propongono in un set inevitabilmente breve, tutte le canzoni dell'album più la cover di "Con Un Deca" degli 883. Ci sono una sezione ritmica formata da basso e batteria e tre tastiere/synth, compresa quella di Niccolò. In fase di recensione avevamo sottolineato l'impronta punk del synth pop de I Cani, ma dal vivo l'aspetto in cui essa si nota di più è la voce del leader, ben più aggressiva rispetto alle versioni in studio e che si lascia andare a veri e propri momenti urlati, che aumentano con il passare dei minuti. Il suono della parte strumentale, invece, è fin troppo preciso: probabilmente non si è voluto sporcarlo ed inspessirlo eccessivamente per non soffocare il cantato, però così mancano quel dinamismo e quel mordente necessari a dare al tutto un vero impatto live. Che non arriva nemmeno quando il ritmo subisce delle accelerazioni ed i volumi vengono alzati in modo da foderare le orecchie degli ascoltatori: l'impatto live è altro ed in questo momento I Cani non ce l'hanno. Mancano anche determinate sfumature: quando si potrebbe sfruttare la leggerezza per "Wes Anderson", l'esecuzione è invece troppo squadrata e piatta, mentre invece si riesce a trovare il giusto compromesso per "Il Pranzo Di Santo Stefano". Per il resto, lo sappiamo, le canzoni non divergono poi molto l'una dall'altra dal punto di vista strettamente musicale, quindi è possibile estendere a tutte i rilievi sopra specificati, anche alla citata cover.
Sotto al palco, "com'è logico che sia", è tutto un fiorire di singalong, battimani, sudore e corpi in perenne movimento con momenti in cui si sfiora il pogo. Del resto, le canzoni non sono eseguite benissimo ma nemmeno male, ed il fascino intramontabile del raduno collettivo a cantare tutti insieme canzoni che qualche mese fa hanno rappresentato l'ascolto quasi esclusivo di ognuno colpisce ancora una volta e crea una reazione che va sicuramente oltre i meriti di chi sta suonando. E intendiamoci, non c'è niente di male in tutto questo: se in un'ora la gente ha bruciato 225mila biglietti per gli Stone Roses sapendo benissimo che il cantante non sa cantare ed il chitarrista ed il batterista non suonano da almeno un decennio, non si vede davvero quale sia il problema se per una ventina di volte qualche centinaio di persone si divertono sulle note di canzoni catchy e ben fatte anche se l'esecuzione è ferma a poco più dell'Abc.
Si chiude con Niccolò che si butta in mezzo al pubblico pagante e pogante e urla "igruppihipsterindiehardcorepunkelectropop I Cani". Va benissimo così: il live de I Cani al momento è tutt'altro che memorabile, ma non è nemmeno una truffa volta esclusivamente a raccattare soldi dalle mani di fan obnubilati dalla devozione verso il disco. Nel suo essere perfettibile, ha già comunque le carte in regola per far divertire gli spettatori.