
Show-evento per il duo nostrano degli Uochi Toki all'ormai rinomato Unwound Club di Padova. Napo (Matteo Palma, voce) e Rico (Riccardo Gamondi), con il supporto di una vera sezione ritmica composta di Bruno Dorella alla batteria e Lucio Corenzi al contrabbasso, inscenano quello che, a loro dire, prende il nome di "set legno" per esplorare le sceneggiate hip-hop torrenziali dei loro ultimi due album di studio.
Tanto "Libro Audio" quanto - e forse in misura maggiore - "Cuore amore errore disintegrazione" rovesciano i presupposti originari del loro rap elettronico a schegge nucleari di dischi come "Vokapatch" e "Uochi Toki". L'occasione del concerto live, armato di valenti musicisti di supporto, serve a esasperare la transizione e a esplorare con cognizione di causa le nuove frontiere. Ripuliti di qualsiasi scoria hardcore, gli Uochi Toki impaginano con calma serafica le loro storie libere.Vale prima di tutto una dicotomia, o una confluenza, di due aspetti. Napo apporta flussi di coscienza che quasi sempre esplodono in sterminate invettive filosofeggianti, o collassano in monologhi interiori Joyce-iani intellettualoidi solo vagamente ancorati al registro giovanile. Qui e là emergono infiltrazioni di vere sceneggiate, che dal vivo si accompagnano a gestualità da arringatore di folle, ma su temi perfettamente opposti a quelli di un comizio propagandistico. Le sue rapsodie pantomimiche e anti-melismatiche (quasi sempre insistite con una cadenza trascendente più che arrabbiata), che raggiungono punti di vertigine verbosa nella Dalek-iana "Permettendomi artifici spontanei", si appoggiano su temi spazializzati che riescono a mutare un quadretto quotidiano in svarione universale, o elucubrazione contorta che cannibalizza se stessa. I suoi non sono nemmeno più "versi liberi", ma veri e propri spazi verbali di enunciazione.
Ciò non significa che la potenza venga meno. Anzi, Rico all'accompagnamento e alle basi è più che mai alla ricerca della sua personale "Metal Machine Music" nelle varie "L'osservatore", "Appena risalito dall'abisso" e "Che mi esaspera fino ad esplodere la realtà in molteplici ‘adesso'". Talvolta però il tutto si fa impressionistico, quasi che il tecnico del suono attuasse un controllo qualità su crepe, fenditure, e infiltrazioni elettroniche, ma poi volgerle nuovamente a trapani frastornanti. Le sue estese cavalcate (notevoli gli 11 minuti di "Dato che per me è naturale trovarmi spaesato nei non-luoghi") evidenziano il subconscio, il rimosso, il lato inquietante delle narrazioni-fiume di Napo.
Come se non bastasse, la sezione ritmica - composta da batteria elementare (senza grancassa, come per gli OvO, o degli Zu stilizzati) e contrabbasso elettrificato - aumenta la tensione. La batteria di Dorella spazia dallo scimmiottare l'hip-hop alle sincopi del jazz, dall'imitazione della doppia cassa (qui doppio timpano) del doom-metal al fragore pesante dell'industrial metal. Il basso raramente accompagna; è anzi lo strumento più libero e dedito all'improvvisazione, il vero contraltare della voce di Napo: tanto strumento da camera d'avanguardia, quanto fraseggio atonale noise, quanto pura soundscape, quanto persino percussione acuta.
Il "set-legno" è così, e a suo modo, il trionfo degli Uochi Toki, e - in ultima analisi - il nuovo standard dell'hip-hop di ricerca del panorama italiano, una danza monolitica attorno alla linea di confine (laddove la linea di confine rappresenta più cose, e non la sola intersecazione di generi), un richiamo sciamanico attorno alla contemporaneità spicciola, un moto micro-macro che precipita inesorabile in abissi terribili di accidia.