15/10/2011

Verily So

Red Vibes, Castellina Marittima (PI)


di Paolo Arzilli
Verily So

Ora, immaginiamo per un attimo che tra le colline toscane, da cui si percepisce il mare, s'incontrassero un giorno, chessò, in un'osteria da quattro soldi o sulla porta di un Circolo per ubriachi, Samuel Beam e gli Arcade Fire; immaginiamo che, da quelle parti, ci sia una chitarra, e che sia Beam che gli Arcade quella mattina - coincidenza memorabile - abbiano fatto il pieno dell'intangibilità degli Slowdive, la patologica sensibilità di Nick Drake, e l'accurata ruvidezza di J Mascis: ecco, da quest'incontro, dal tentativo di improvvisare qualche verso di fronte a un Sassicaia, quel che verrebbe fuori sono i Verily So.

Che album come "The Shepherd's Dog" e "The Suburbs" devono esserseli ascoltati con dovizia, perché è bene esser chiari: i Verily So, band folk, indie, shoegaze e molto altro della provincia toscana, non inventano nulla, ma quel che li rende una grande band, insieme a molti altri elementi di cui parleremo, è che non hanno la pretesa di farlo.
Dal vivo (li abbiamo visti poche serate fa, al Red Vibes di Castellina Marittima), i Verily propongono i brani del loro primo album, uscito quest'anno e immediatamente oggetto di attenzioni trasversali, equamente condivise da addetti ai lavori ed ascoltatori; mangiano il palco, i Verily, forti di un prepotente e insieme silenzioso carisma che sembra abbracciarli fin dai primi accordi di "Will You Marry Me", il brano con cui aprono il live; e, per quanto il termine si addica maggiormente all'asettico linguaggio televisivo, funzionano, i Verily. Per alcuni motivi che è giusto sottolineare.

Perché è necessario ascoltarli, e ascoltarli solo; i Verily ti ipnotizzano, ti imbavagliano e  ti accompagnano sul palco, e quando ti scopri ad occhi chiusi con la testa ed il piede a seguire l'eco dei colpi con i quali la cantante Marialaura stupra e scandisce sul timpano l'incedere dei brani, è troppo tardi per pretendere di tornare indietro.
Perché sono tre, sono soltanto tre, ma da quei tre proviene un'imponente struttura acustica perfettamente cesellata, che non manca di cedere, in maniera consapevole, a sfumature più ruvide e meno eteree.
Perché sono bravi, il che, comunque, è condizione necessaria ma non sufficiente a essere una grande band: Simone, Marialaura e Luca sanno suonare, e sanno cantare. E sanno farlo bene, e questo non è banale. Perché sono ammalianti, poi poderosi, poi spirituali: fanno musica diafana, religiosa, ed evocativa di luoghi in cui non siamo mai stati.

Perché, non inventando nulla, rimane loro soltanto da scrivere belle canzoni, ed è esattamente quello che fanno: questo, appunto, è ciò che rende i Verily So grandi.
Ascoltatevi l'album d'esordio; ascoltatevi "Will You Marry Me", ascoltatevi "Wax Mask", ascoltatevi "Summer 89", e se non vi piacciono riascoltate tutto di nuovo, perché significa che state sbagliando qualcosa.

Infine, perché sono nostri, sono italiani come noi, il che forse, dal punto di vista delle opportunità,  rende i Verilies neanche troppo felici, ma che i tre, per questa volta, accettino di concederci un briciolo di pulito patriottismo, di quella tacita soddisfazione che sperimentiamo quando scopriamo che c'è qualcosa da consigliare con urgenza.

(09/11/2011)