5/1/2013

Destination Morgue Vi

Closer, Roma


di Michele Guerrini
Destination Morgue VI
Dopo l’assalto sonoro dell’anno scorso il Destination Morgue non aveva più bisogno di conferme o presentazioni. Sicuramente una delle realtà italiane più importanti per la musica di stampo industriale e non solo, l’evento organizzato ormai da sei anni è un appuntamento essenziale sia per vedersi di fronte alla storia vibrante della scena sperimentale italiana che per i progetti nati dalle macerie radioattive di quest’ultimi.

L’edizione del 2013 ha visto il festival romano distribuirsi su due giornate dense di rumore, feedback, sinapsi saltate e claustrofobia agghiacciante. Un sinistro piacere elettrico ha attraversato la schiena di chi non avrebbe mai pensato di vedere dal vivo le performance di Iugula Thor o Laxative Souls (sostituito all'ultimo, causa imprevisto,da Spectre)  LCHM e LYKE WAKE, progetti emblematici e in fluentissimi per il suono industriale italiano, le cui registrazioni sono disperse nel corso della storia, fra cassette autoprodotte, vinili e pochissime apparizioni.
Non potendo partecipare alla prima data causa soliti motivi fastidiosi di lavoro, ho dovuto riporre tutte le mie aspettative sul secondo giorno, in programma Gianluca Becuzzi (fondatore degli storici Limbo), Satanismo Calibro 9, Lyke Wake e Urna.

L’apertura della notte è a nome Lyke Wake di Stefano Di Serio, progetto dark ambient già attivo dalla fine degli anni ottanta e ritornato in attività nel 2010. Il suono dei synth di Di Serio è un complesso magma umorale che trascina dentro di sé i visual proiettati dentro di sé. Un’ipnosi socio-individuale l’accompagna per quello che nasce e si sviluppa come un fitto sentiero di orizzonti claustrofobici. Uno spirito maniacale e insofferente traversa una musica atemporale che proseguirà in altra forma nella musica di Gianluca Martucci e il suo progetto Urna.
Qui il suono si sublima in un fiume rituale di suoni etnici sommersi da feedback e strati ambient caotici. Dietro di lui i movimenti diabolici di danze pagane si fondono con poche, ben dosate, linee acustiche di campane, strumenti a corda e percussioni ipnotiche.

Una circolarità piegata a onde lisergiche, a una cadenzata litania di preghiera impaurita. Un’atmosfera ben diversa dalla sperimentazione elettro-acustica di Gianluca Becuzzi, che si presenta con una visione strumentale ben diversa dai progetti precedenti. Becuzzi è un artista che dall’esperienza industriale si è evoluto per vie differenti, più focalizzate verso l’elettronica e la sperimentazione (non dimentichiamo il progetto Kinetix e le sue eccellenti prove insieme a Fabio Orsi). L’artista di Piombino si svela in un set astratto e cerebrale. Segnato da una ritmica decostruita e dai suoni minimali, si rifletteva dentro suoni campionati di matrice ambient, concreti e dal cromatismo eterogeneo per poi stridere di dolore epilettico.
Dopo un percorso liturgico che ci aveva accompagnato per metà della notte, i rumori, i suoni di Becuzzi hanno tradotto la nostra realtà in un’insieme interlacciato di componenti, una visione scomposta dell’anima e della sensazione.

Uno strano, interessante, momento di spaesamento percettivo in cui i riferimenti e l’interpretazione si erano allontanati reciprocamente creando così il terreno perfetto per l’ultimo passaggio. Il culto della morte.

I Satanismo Calibro 9 si portano sotto i pochi riflettori vestiti con dei sai neri. Teschi di animali e candele sono altri elementi estetici del sabba che sta per cominciare. Un rito dissonante e malefico che travolgerà lo spazio-tempo lasciando niente attorno a sé. Un death-industrial potente e fragoroso, dominato da litanie sottili, taglienti, percussive, travolgenti, magiche.
Un nero frastuono magmatico si alza e serpeggia in feedback organici mentre la discesa continua e satura tutta la stanza del Closer. La fine è solo apparente. Un momento di quiete in cui poter riprendere senso di una realtà diversa e quotidiana, più superficiale.

Mentre ci lasciamo dietro il rumore, in quella stanza oscura che ha ospitato il Destination Morgue VI, la coscienza cerca di ritrovare un silenzio apparente, una stabilità. De-costruiti e smantellati come vecchi ingranaggi di fabbrica, dovremo pazientare per ritornare a una banale percezione degli eventi.

P.S: Inutile e banale dire grazie al festival romano. L’intelligenza e la coerenza con cui sta portando avanti il suo progetto sono un importante punto di riferimento per una scena che in Italia ha sempre trovato difficoltà a raccogliersi in momenti di condivisione e supporto. Ci vediamo nel 2014!