14/11/2013

Suede

Estragon, Bologna


Il 2013 prosegue all'insegna del ritorno dei numi tutelari del brit pop che imperavano un paio di decenni or sono. Dopo il trionfale concerto dei Blur a Milano in una torrida giornata di luglio, e prima dell'arrivo dei Primal Scream (sempre nel capoluogo lombardo), è il turno dei Suede, con un'unica data all'Estragon di Bologna. Mai stati in cima alle classifiche nostrane, i Suede. Come i Pulp, come i Supergrass, come tanti altri nomi inglesi di quegli anni, sono sempre stati coccolati dalla critica, e hanno goduto di uno zoccolo duro di fan, senza mai riuscire ad imporsi (come in patria) al livello di fenomeno di costume.
Stupisce un poco, quindi, trovare il locale affollatissimo, al limite del sold-out. Evidentemente l'effetto “reunion” ha colpito nel segno, riuscendo a riunire i tanti appassionati della band che aspettavano da un decennio il ritorno dei loro beniamini. E il fatto che il loro recente album “Bloodsports” sia un lavoro solido e nient'affatto deludente, deve aver contribuito al successo dell'evento.

Riecco sul palco i Suede. Il tempo non è stato clemente con tutti, in particolare Richard Oakes è imbolsito in maniera preoccupante, quasi irriconoscibile. Al contrario Brett Anderson è un quarantaseienne in forma smagliante, e il peso dello show è quasi tutto sulle sue spalle. Semplice e minimale la scenografia della loro esibizione, punta su tendaggi barocchi e giochi di luce minimali; ecco allora che tutta l'attenzione è puntata sull'esibizione della band, sulla loro musica, sulle sorprese che potrebbe riservare la setlist. Lo show è veloce e senza fronzoli, un'ora e mezza abbondante di musica non stop, con Anderson che evita di perdersi in chiacchiere col pubblico, ma che in compenso non sta fermo nemmeno per un secondo.
Oakes, Codling, Gilbert o Osman lo assecondano a dovere, proponendo ai fan una scaletta parecchio tirata e “rumorosa”, in cui le componenti “elettroniche”, che contraddistinguevano le ultime prove della band prima dello scioglimento, sono epurate a favore di sferragliate di chitarra assordanti, ritmo ed energia. Non è un caso che la maggior parte delle canzoni provenga dai primi tre album: “Dog Man Star”, travagliato capolavoro, è l'opera più saccheggiata: una trionfale “We Are The Pigs”, un'acustica e struggente “Still Life”, e la carichissima “This Hollywood Life” (che chiude le danze) sono tra gli highlight della serata, ma il pubblico pare scatenarsi davvero solo cantando a squarciagola conclamate hit come “Trash” (che inaugurava “Coming Up”, primo lavoro senza Butler alla chitarra), “So Young”, “Metal Mickey”, “Beautiful Ones” (il primi due sono classici estrapolati dall'esordio datato 1993).

Ben recepiti anche gli estratti dall'ultimo “Bloodsports”, a partire dai singoli “It Starts And Ends With You” e “For The Strangers”. La tensione cala consciamente nella parte centrale del live con la band che raggruppa assieme i momenti più meditativi e malinconici del loro repertorio. Indimenticabile Anderson che chiede il silenzio del pubblico e poi canta senza microfono la dolce “What Are You Not Telling Me?”.
Durante l'encore c'è tempo anche per una versione semi-acustica di “She's In Fashion”, che, però, spogliata dal tappeto di arrangiamenti elettronici, risulta sin troppo facile e banalotta.

Guidati da un Brett Anderson scatenato che si muove sinuoso sullo stage con la camicia aperta esibendo un'invidiabile forma fisica, i Suede del 2013 sono una band matura e decisa: chi si aspettava uno show folgorante sarà forse rimasto un deluso. A “questi” Suede mancano la scintilla e l'urgenza del passato, compensate però da una nuova consapevolezza e sincerità. Abbandonate certe provocazioni e lontani dalle cover delle riviste “cool”, i Suede sono focalizzati su quello che è sempre riuscito loro molto bene: fare grande musica.