Dopo un tour mondiale ed europeo di portata non indifferente, Bill Callahan giunge al Teatro Antoniano di Bologna in una fresca serata di un tardo inverno italiano. Con una formazione classica basso-batteria-chitarra e un tastierista di supporto, lo show del cantautore americano si mostra come un intrattenimento di grandissimo spessore.
Il cantato baritono dello schivo talento stelle e strisce è in forma e le canzoni, sapientemente colte fra il folto repertorio fin qui sviluppato, scorrono in un crescendo di emozioni e suoni ben calibrati. L'esecuzione è solida, scorrevole e la qualità sopra la media fin dall'inizio, dove tensioni folk-rock (la bellissima “Javelin Unlanding”, proveniente dal recente "Dream River", svetta fra le altre) fanno spazio a meditazioni acustiche struggenti, in perenne bilico fra dramma e pace. Un solo ritorno sul palco dopo un'ora e mezzo di concerto, un'ultima canzone e un saluto timido e distaccato. Poco da eccepire, se non l'eccessiva esecuzione “meccanica” dei pezzi e la poca interazione di Bill con il pubblico, per il resto le due ore scarse trascorse in sua compagnia sono fra i migliori spettacoli in ambito cantautoriale a cui si possa assistere.
Dopo qualche decina di minuti in cui tutto è finito, fuori dalla sala, viene da pensare che Callahan è un po' un miracolato. Se si pensa alla generazione di artisti della sua età, negli ultimi dieci/quindici anni una buona parte di essi ci hanno lasciato. Il frontman degli Sparklehorse Mark Linkous, Vic Chesnutt, Jason Molina aka Songs:Ohia ed Elliott Smith sono tutti finiti malissimo, i loro grandi successi non hanno permesso alla loro vita di diventare migliore, mozzando di fatto carriere che avrebbero reso migliore il mondo della musica. Bill Callahan, giunto alla ribalta negli stessi anni in cui gli altri avevano un discreto riscontro, con lo pseudonimo Smog prima, e in solo poi, sta cercando di mantenere viva una tradizione di scrittura passionale, vivida, semplice ed essenziale, basata sulle emozioni e le sensazioni. Riflessioni che rendono ancor più omaggio al quasi cinquantenne artista del Maryland, ancora intento a girovagare il mondo con la sua chitarra, quattro canzoni e la voglia di incantare ancora intatta.