13/04/2014

Haken & Lazuli

Live Forum, Assago (MI)


Serata impegnativa per gli Haken. Chiusi nei loro camerini del Live Forum di Assago, sito alle spalle del ben più noto Mediolanum Forum, sanno che fra pochissimo tocca a loro. Sarà dura per gli attesissimi headliner rispondere alle aspettative, salite sull’onda del successo di pubblico e critica dell'eccellente “The Mountain”. Ma non è questo il problema. Non bastava la pressione di chi è entrato solo da poco tra i grandi del progressive, ora ci si mettono anche i loro comprimari a gettare benzina sul fuoco, tentando sornioni di rubare la scena a tutti.
Sì, perché i Lazuli stanno proprio ora scendendo dal palco tra gli applausi di un pubblico in buona parte stupefatto. Alla faccia del "gruppo di spalla".

I cinque francesi non sono in effetti degli sprovveduti: attivi dal 1998 arrivano freschi del loro sesto album da studio "Tant Que L'Herbe Est Grasse". Di sicuro però, vista la loro non grande popolarità nel Belpaese (solo un paio di comparsate, negli ultimi anni) non era scontato prevedere tanta risposta da parte del pubblico. Bastavano un paio di brani ben piazzati, “Déraille” e “Une Pente Qu'On Dévale”, ad attirare subito l'attenzione dei presenti. Il cantato in francese non si rivelava quindi un problema, viste le doti strumentali del quintetto: tra chitarre, vibrafoni, corni francesi e percussioni, il folk-rock della band entusiasmava con le sue melodie dal retrogusto esotico spezzate da sfuriate strumentali improvvise. Quando poi il repertorio virava verso alchimie progressive, la folla di progsters iniziava a scaldarsi, sopratutto con il piccolo capolavoro “Le Miroir Aux Alouettes” (estratto dall'ottimo “4603 Battements”). Il finale del brano, in pieno territorio world-music, tradiva l'ampio spettro di influenze dei transalpini.
A un certo punto, l’imprevisto tentava di mettere i bastoni tra le ruote: la Lèode di Claude Leonetti - strumento inventato dal musicista per assecondare il suo braccio irrimediabilmente infortunato - improvvisamente iniziava a fare i capricci. I grattacapi provocati per una buona manciata di minuti venivano però colmati dalle improvvisazioni tastieristiche di Romain Thorel, ottenendo una sacrosanta standing ovation. Nessun rischio di vanificare l’atmosfera creata, quindi, anche per merito dell’incredibile energia del frontman Dominique, costantemente dedito ad azzerare la distanza con i presenti. Per lui i presenti erano tutti “cugini”, anche in virtù delle sue palesi origini italiche.
Dopo un'abbondante ora e mezza di spettacolo – sintomo che l'organizzazione Ver1no Musica puntava in verità a una sorta di doppia headline, vista l'altissima qualità dei transalpini – i cinque sfoderavano l'asso nella manica, concludendo con un mirabile esercizio a 9 mani. Tanti traccianti legnosi in movimento collassavano quindi sul malcapitato vibrafono di turno, in uno spettacolo sia visivo che uditivo, tanto semplice quanto magnetico. E ci scappava anche un gradito omaggio a “Solsbury Hill” del sommo Gabriel.

Insomma, bella gatta da pelare ora per gli Haken. Sarà per questo che, da poco entrati sul palco, cercano sin da subito di battere il ferro caldo di “The Mountain”. La tripla di apertura è perfetta, “The Path”, “Atlas Stone” e “In Memoriam” sembrano voler impostare subito le gerarchie. Purtroppo il suono, fino a poco prima perfetto, non è dei migliori (per usare un eufemismo) e la voce di Ross Jennings stenta ad arrivare ai presenti, vanificando il suo buon stato di forma.
Chi sapeva a cosa andava incontro non sarà in verità sorpreso, ma la differenza tra le due formazioni è netta e sostanziale. Gli Haken, mentre eseguono con rigore assoluto gli intricatissimi passaggi prog-jazzy-metal di “Falling Back To Earth”, offrono uno spettacolo ipertecnico ed impeccabile. Il duo chitarra/batteria composto da Charles Griffiths e Raymond Hearne spicca su tutti: graffiante e virtuoso il primo, semplicemente devastante il secondo. Gli effetti speciali sono ridotti al minimo e l’interazione con il pubblico limitata a qualche ammiccamento; la concentrazione è davvero massima. Siamo ben lontani dalla rabbia emotiva di Dominique Leonetti e soci e il risultato non può che apparire molto più accademico e algido. L’impressione è ancor più evidente quando il repertorio inizia a pescare dai precedenti lavori, mancanti di quella perfetta alchimia tra espressività e tecnica di cui “The Mountain” fa orgoglioso sfoggio.
E' vero che complesse architetture prog-metal degli inglesi si prestano intrinsecamente molto meno a improvvisazioni e variazioni sul tema, ma il sospetto che manchi un po' di anima dietro ai volteggi sul pentagramma non fatica ad insinuarsi. Nonostante queste considerazioni, la folla è entusiasta e impazzisce letteralmente quando la sua unanime richiesta viene esaudita nel finale: la mastodontica maratona “Visions” viene svelata per tutti i suoi lunghi 20 e passa minuti.

Cosa dire alla fine di tutto, quando l’ultima metro ha ormai da un bel pezzo lasciato la stazione di Assago? Gli Haken mantengono le aspettative di chi sperava in un tripudio di abilità e colpi da maestro, purtroppo decisamente limitati da un'acustica penalizzante. In ogni caso, non saranno in pochi quelli che tornati a casa rileggeranno quel nome segnato frettolosamente nei loro smartphone: Lazuli!

Setlist

Lazuli
  1. Déraille
  2. Une Pente Qu'On Dévale
  3. Homo Sapiens
  4. Le Miroir Aux Alouettes
  5. Film D’Aurore
  6. L'Arbre
  7. Prisonner D’Une Cellule Mâle
  8. Tristes Moitiés
  9. Je Te Laisse Ce Monde
  10. Abîme
  11. Multicolère
  12. Les Malveillants
  13. Les Courants Ascendants
  14. On Nous Ment Comme On Respire
  15. 9 Hands Around the Marimba

Haken

  1. The Path
  2. Atlas Stone
  3. In Memoriam
  4. Insomnia
  5. Streams
  6. Falling Back to Earth
  7. Shapeshifter
  8. The Path Unbeaten
  9. Pareidolia
  10. Cockroach King
  11. Somebody
  12. Because It's There
  13. Visions
  14. Celestial Elixir

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