07/12/2014

Kalle Mattson

Teatro Leopardi, San Ginesio (MC)


di Michele Bordi
Kalle Mattson
Le temperature iniziano a calare in modo incerto, quasi che questo caldo autunno non volesse davvero saperne di mettersi da parte. Un giovane biondino sorride timido dal palco, arrivato in punta di piedi da chissà da dove. Vorrebbe accompagnarci per mano, con discrezione, in un inverno che lui conosce bene.
Perfetto sconosciuto in una terra sconosciuta. Così diverso nel suo aspetto algido e candido, il canadese Kalle Mattson sembra un alieno bonario e impaurito mentre sale sul palco del Leopardi di San Ginesio. Eppure, l’aspetto mite nasconde un talento di tutto rispetto, per non parlare dell’esperienza: ben quattro album sul groppone dei suoi soli 24 anni, culminati in un gioiellino uscito fresco nello scorso 2014, l’ottimo “Someday, The Moon Will Be Gold.”

Lo spettacolo inizia con la delicatezza che ti aspetti: “Younger Now” culla subito il pubblico accorso, occupante una buona metà del teatro nonostante il nome non familiare in gioco, ma con “An American Dream” la vena folk dell’artista rallegra presto gli animi. Confrontando le composizioni con le controparti su disco si nota subito come il trio non faccia sentire la mancanza del ricco ensemble da studio: Rory Lewis tra acustica, elettrica e slide doppia la sei corde del cantautore mentre JF Beauchamp è il valore aggiunto della serata, donando con i suoi fraseggi alla tromba - ben più estesi e protagonisti rispetto alle versioni studio - il calore di un focolare in una nevosa sera pre-natalizia.

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Morbidi scenari innevati sono l’immagine persistente dello show, toccando il picco nella dolce ballata “A Love Song To The City”, vero e proprio atto di amore di Kalle dedicato alla sua cittadina natale: Sault Sainte Marie. E, mentre gli arpeggi carezzati richiamano una calma nevicata - ancora un miraggio in questo insolito dicembre marchigiano - il piccolo principe canadese ricorda di essere venuto da un luogo dove il manto bianco sfiora con facilità il metro d'altezza.

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I modi impacciati del cantautore strappano qualche sorriso; nonostante ciò l’esecuzione è impeccabile anche quando i ritmi si alzano con le sferzate country di “Lost Love”. In effetti, i momenti più dinamici spezzano sempre al momento giusto l’atmosfera rarefatta della serata. L’attenzione è quindi garantita, ma è sempre quando la gentile tormenta si calma che l’autore dà il meglio di sé nelle ammalianti melodie di “Darkness”, o nel sogno ovattato di “Amelie”, altro highlight da ricordare.

Il silenzio che regna nella platea del teatro, accogliente nelle sue dimensioni contenute ma austero nella sua storia, è interrotto dai soli placidi applausi a fine brano; escludendo qualche divertente guaito proveniente dalle consistenti retrofile anglofone. Il tutto è significativo di un gradevole e caldo torpore che avvolge i presenti.
Una bella sopresa venuta dal nulla da parte di un artista da non perdere di vista, il quale ci lascia un piacevole ricordo: una notte innevata scaldata dal tepore di un dolce brandy canadese.

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Contributi fotografici su gentile concessione di Giulio Contigiani di "Oca Nera Rock"


Setlist
  1. Younger Now
  2. An American Dream
  3. Darkness
  4. A Love Song To The City
  5. A Matter Of Time
  6. Lost Love
  7. New Romantics
  8. Eyes Speak
  9. Amelie
  10. Avalanche
  11. Baby Blue
  12. Someday