25/09/2014

Trentemøller

Magazzini Generali, Milano


Reduce da quel bellissimo caleidoscopio elettronico che risponde al nome di “Lost”, il producer danese Anders Trentemøller ritorna nella nostra Milano e lo fa ancora una volta nella location perfetta per la sua poliedrica e suggestiva creatura sonora. I Magazzini Generali, storica dimora delle lunghe notti milanesi, accolgono un pubblico numeroso, piuttosto eterogeneo e ansioso di assistere allo spettacolo dell’alchimista Anders, maestro della minimal-techno prima di diventare, ad oggi, un grandioso sperimentatore musicale a tutto tondo.

Nonostante la morsa del traffico milanese del giovedì sera riusciamo ad arrivare in tempo per l’inizio del live, con la band che prende possesso del palco e scalda i motori con “Still On Fire”, oscura cavalcata elettro-pop di tipica scuola depechemodiana.
Al di là di ogni riferimento e citazionismo, quella che ascolteremo sarà una musica “viva” e dalle diverse anime, molto più umana di quanto le etichette di genere (deep-house? techno?) suggerirebbero. Canzoni notturne e pulsanti, da ascoltare in cuffia o da ballare sotto le stelle.

Nell’ora e mezza di concerto emergono sensazioni e stati d’animo contrastanti, chiaro specchio delle diverse sfaccettature e delle atmosfere evocate. C’è chi resta immobile e in religioso silenzio, lasciandosi incantare dai momenti più riflessivi e introspettivi (la morbida e crepuscolare “Candy Tongue” e l’immortale bellezza di “Miss You” su tutte), chi non riesce proprio a non scuotersi con i mulinelli meccanici à-la New Order di “River Of Life” o con la meravigliosa “Gravity”, gemma impreziosita dall’interpretazione vocale impeccabile di Marie Fisker. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti e il pubblico gradisce e applaude convinto.

Una continua altalena di suggestioni in cui il direttore d’orchestra Trentemøller, senza aver bisogno di dire una parola, riesce a coinvolgere e appassionare la sua gente con le sue divagazioni electro-strumentali. Non è un caso che giganti del cinema come Almodovar e Lynch siano stati sedotti dalla sua musica, mentre gli stessi Depeche Mode (dalle cui sonorità il danese attinge spesso e volentieri) lo hanno voluto in apertura alle date europee del tour di “Delta Machine”.
Dalle anarchie shoegaze di “Trails” alle escursioni nella più cupa new wave di “Come Undone”, fino all’indie-rock contaminato di “Never Stop Running”; come avrete intuito, le coordinate sono quelle di un incrocio continuo di generi e influenze musicali, il tutto tenuto insieme dal synth di questo fuoriclasse scandinavo, sempre più difficile da inquadrare e dalla parabola artistica in continua evoluzione e ancora tutta da scrivere.

Chitarre nervose e muscolari, ricami di basso e pestoni analogici si incontrano/scontrano con angeliche voci femminili e rarefatte dolcezze sintetiche, chiari retaggi dei primi anni di carriera. E così, fra nuovi pezzi di “Lost” e succosi ripescaggi del glorioso passato riletti in chiave strumentale (“Take Me Into Your Skin” e “Moan”, quest’ultima in una versione live tutta da ballare), si arriva alle deliranti distorsioni su un tappeto di battimani di “Silver Surfer, Ghost Rider Go!!!”, incendiaria e degna chiusura di un ottimo concerto.
Signori, questo è Anders Trentemøller. Ad avercene.