
Bonobo (Simon Green) fa parte di quella categoria di artisti che non hanno mai abbassato la soglia della qualità. Album dopo album, il musicista britannico ha costruito il suo suono, sempre riconoscibile e mai banale.
Annunciato come unico show italiano (in seguito si sono aggiunte le date di Roma e Locorotondo), il live milanese (sold-out) è stato un'esperienza da trasecolare, qualcosa vissuto in maniera intima e intensa al tempo stesso.
Anticipato dall'esibizione del producer britannico Daktyl, Bonobo si presenta sul palco con l'intera band e lui stesso in regia fra chitarra e “stazione” elettronica.
Si inizia con il pathos e il crescendo di “Migration” e i ritmi e raffinati di “7th Seven” per poi arrivare all'ingresso di Szjerdene che incanta il pubblico con la sua intensa e soave vocalità con “Break Apart” e “Towers”. Il merito di Bonobo e compagni è quello di fare una narrazione dinamica e atemporale. Prevale sicuramente la presenza dei brani dell'ultimo album uscito lo scorso gennaio. Il set risulta fluido e attraversa tutte le declinazioni della trama elettroacustica, integrando bene le dinamiche da club a quelle del concerto “classico”. Il tutto è integrato perfettamente dalla grafica e dalle luci, che richiamano i vari artwork dei suoi lavori e arricchiscono il racconto.
Si passa da “Kiara” a “Kong” sino ad arrivare a “Cirrus” e ai due singoloni dell'ultimo album: “No Reason”, che con la voce femminile affascina ma non convince, e “Kerala”, che dal vivo funziona in maniera grandiosa.
Encore con “Transits” e “Know You”, e tutti a casa. Bonobo ha saputo essere protagonista assoluto nei momenti più intensi, assorbendo il centro del palco e ha saputo mimetizzarsi nei momenti più “acustici”, dando degno spazio alla complessità della sua musica. Un aspetto che conferma la maestosità di questo artista.