25/06/2017

Daniele Silvestri

Postepay Sound Rock In Roma, Roma


C'è Ciampino accanto all'Ippodromo di Capannelle e ogni due minuti, se alzi gli occhi, puoi vedere un aereo che sorvola la tua testa per alzarsi e andare chissà dove. Daniele Silvestri lo sa, questo non è un concerto come tutti gli altri. Per uno che suona dove è nato, non è mai un evento come tutti gli altri. I nove musicisti che lo accompagnano sembrano avvertirlo e colorano con zelo ogni sfumatura che lui vuole dare al proprio suono. Sono i colori del mondo, non solo di Roma. Il suo viaggio passa per le strade della Capitale e il vicino litorale ("Ma che discorsi" e "A me ricordi il mare"), ma è solo il punto di partenza, l'inizio di uno spartito che riporta il suono della terra perché figlio dell'intero mondo, un aereo che decolla e ti porta a vedere posti differenti, un po' come gli stormi che rullano su Ciampino.

"Visti da qui, siamo tutti piccoli, coriandoli coloratissimi", diceva nel 2002 e, dopotutto, a Daniele è sempre piaciuto fermarsi a guardare dall'alto, per assumere una visione un po' più globale e per cercare di vedere oltre la punta del proprio naso. Stasera ripesca da quell'anno e da tanti altri, anche molto più distanti, visto che il concerto è pensato per essere una specie di antologia. Cita persone più o meno importanti, più o meno note, più o meno apprezzate, così da contestualizzare il momento in cui quel brano aveva visto la luce. Canta "Testardo" e dipinge il romano, chiude con "Cohiba" e guarda lontano, "dall'Africa alle Ande". Si sorprende quasi, quando ottomila persona urlano "l'anima de li mortacci tua", come se fossero nate tutte là intorno. Vale perfino per la ragazza accanto a me, che viene da Linate e che vive a Roma da una vita, ma che l'accento romano quello no, "quello non l'ho mai preso". Vorrebbe tanto che facesse "Acrobati", ma per farmi dire qual è la canzone che sta aspettando devo chiederglielo più di una volta, come se si vergognasse di ammetterlo. "È che forse è un tantino malinconica...". Non so se la farà, ma sono sicuro che da Linate partono tanti aerei.

Daniele chiama sul palco il batterista della sua infanzia e rispolvera "Il flamenco della doccia", poi strizza l'occhio a tutti e sbandiera i successi. "Salirò" (con Pasquale Petrolo, in arte Lillo - un figlio della Tor Pignattara degli anni Sessanta - sul palco a fare da ballerino), "Occhi da orientale", "Il mio nemico", "Desaparecido", "Banalità", non manca quasi nulla. Forse "Acrobati", che malinconica o no, alla fine, non verrà mai suonata; di certo manca "L'autostrada", che è una di quelle cose talmente belle che lasciarle fuori è come offendere qualcuno o profanare una luogo sacro. Ma in più di tre ore di concerto, anche questo diventa un piccolo dettaglio.

Finisce tutto come è iniziato, con l'ennesimo volo che parte sopra la mia testa. Quando li vedo così vicini, mi chiedo dove saranno diretti e sogno di prenderli, un po' per fuggire, un po' per scoprire. Stasera no. Almeno per tre ore, stasera, mi è piaciuto guardarli dal basso e rimanere dov'ero.
E c'è una strada sottilissima
che non riesco più a vedere,
se continui ad aggrapparti rischiamo di cadere,
di cadere oppure fingere un'altra acrobazia,
è una questione di equilibrio
e l'equilibrio è una filosofia"
(Daniele Silvestri - Acrobati)



Setlist

Quali alibi
La mia casa
Datemi un benzinaio
Gino e l'Alfetta
L'uomo col megafono (con video dell'esibizione a Sanremo)
Pino (fratello di Paolo) (con Lillo)
Bio-boogie (con Funky Pushertz)
Il secondo da sinistra
Banalità
Manifesto
Ma che discorsi
Pochi giorni
Occhi da orientale
Amore mio
Le navi
Illuso (con Adriano Viterbini)
Spigolo tondo
Il flamenco della doccia (con Simone Prattico)
Desaparecido (con Simone Prattico)
Le cose in comune (preceduto dal video dell'esibizione al Festivalbar)
Che bella faccia (con Maurizio Filiardo)
A me ricordi il mare (con Il Bove)
Il mio nemico
L'appello (con videomessaggio di Salvatore Borsellino)
La paranza
Salirò (con balletto di Lillo)
Testardo
Cohiba

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