
Forti dei successi ottenuti nei tour internazionali - grazie anche alla benedizione di Steven Rothery, da anni loro ammiratore - i romani RanestRane tornano a far date in terra patria. Ricordiamo che i RanestRane propongono un modo diverso dal solito di unire cinema e musica, andando oltre la mera sonorizzazione di pellicole, bensì coinvolgendo parte dell'audio originale nelle loro composizioni; il tutto ovviamente garantendo perfetta sincronia live.
La band, a buon punto per il terzo e conclusivo atto della trilogia basata su “A Space Odissey”, sceglie di puntare su una setlist in stile “Best of”. La serata a Lugagnano li vede impegnati con il minuscolo palco del club “Il Giardino”, in quello che effettivamente si dimostra essere più uno scantinato che un vero live club; location piuttosto insolita visti i palchi più generosi dove solitamente si possono apprezzare i loro cine-concerti. Il piccolo locale veneto dimostra con le sue locandine appese una buona tradizione con il progressive rock, anche se purtroppo assistiamo a un po' di caos fatto da lamentele di alcuni degli accorsi per prenotazioni fatte ma non rispettate e pochi sforzi di mediazione da parte della direzione in errore, che è apparsa decisamente poco attenta alla sua utenza. Ma, al di là delle consuete e tristi situazioni all’italiana a cui sicuramente ogni appassionato di musica live vorrebbe iniziare a smettere di essere abituato - come minimo in realtà piccole come questa - il clima non viene guastato, anche perché il pubblico è composto da fedelissimi fan della band.
Il live si svolge quindi senza intoppi, partendo forte con estratti dell’altro lavoro di derivazione kubrickiana “Shining”. L’acustica non è per forza delle migliori e penalizza un po’ quello che forse è l’album che gioca maggiormente sul connubio dialoghi/suoni/composizioni, ma la tensione resta alta soprattutto nella chiusura con “Redrum”.
Il bello arriva con la tripletta su “Odissea”, partendo dalle potentissime “Materna Luna” e “Il Monolito di Tycho” - entrambe provenienti da quella gemma che è “Monolith”. Daniele Pomo pesta più che mai, pur controllando intelligentemente la sua esuberanza e nel frattempo mostrando ulteriori progressi con la voce. Il fratello Massimo è in gran forma e ci fa dimenticare per un attimo che in studio lo spalleggiava il celebre chitarrista dei Marillion, mentre Meo e Romano dirigono le operazioni con la solita intensità.
Il secondo atto “H.A.L.” conferma il maggior impatto che ha in sede live rispetto alla versione da studio, grazie anche all’intelligente scelta dei brani che punta dritta alle fasi più intense. Il recupero del corpo di Frank suscita commozione, mentre la carneficina di “Computer Malfunction” dimostra come la magia della band stia proprio nel saper ribaltare il copione originale del mostro sacro di turno, dal freddo omicidio silenzioso di Kubrick all’esplosione strumentale dal sapore crimsoniano del quartetto italiano.
A proposito di sonorità dure, la sorpresa arriva con l’anteprima del terzo e ultimo atto “Starchild”, disco ancora in lavorazione. A una introduzione svolta senza alcuna proiezione segue la storica sequenza dello spegnimento di HAL 9000, il cui drammatico declino avviene sotto i colpi di una sezione addirittura heavy. L'anteprima finisce qui e lascia molta curiosità sul nuovo corso della band, in particolare su come affronterà l’interminabile viaggio psichedelico che concludeva la pellicola del kolossal di fantascienza.
Questi ragazzi ci salutano con un’annuncio: l’idea di realizzare un RanestRane weekend nella Capitale, una tre giorni dedicata a tutta la loro discografia. Sicuramente un progetto molto ambizioso che, grazie al fascino di Roma, farà gola ai molti fan europei che si sono formati in questi anni. Detto ciò, quasi come per dare un assaggio di ciò che potrebbe essere nell'eventuale convention, il finale è dedicato al disco d’esordio “Nosferatu”. Romano diventa protagonista insieme ai suoi synth, tornando a disegnare i raffinati scenari gotici del Conte Dracula.
RanestRane si conferma band di alto livello che non si può ignorare nel panorama prog italiano. La curiosità per il prossimo disco “Starchild” è sempre più elevata.
Fotografie su gentile concessione di Simona Kühndel